di Paolo Preto da sicurezzanazionale.gov.it del 2 dicembre 2016
Giacomo Casanova è ormai consacrato nell’immaginario popolare come l’avventuriero e amatore libertino al pari di quel Don Giovanni di Da Ponte (Mozart) alla cui stesura ha forse collaborato. È lui stesso a presentarsi in questa veste accattivante e fuori delle regole e misure nell’Histoire de ma vie.
Tanti amori, confuse e superficiali incursioni nel dibattito culturale del ‘lumi’, avventure e disavventure politico-sociali segnano la realtà della sua vita, ‘esagerata’ diremmo oggi. Ma in tutto questo c’è anche una parentesi, neanche tanto breve, ambigua e tormentata nell’oscuro mondo dello spionaggio.
Nelle maglie dello spionaggio della Serenissima
Dopo lunghe e variegate peripezie e avventure, d’amore, di studio, di espedienti per ‘cavar denari’, in varie città d’Italia, Francia, Austria, Germania, dal maggio 1753 Casanova è di nuovo a Venezia. Se la spassa con molteplici amanti, gioca d’azzardo, tenta di aprire un banco per il gioco del faraone, con raggiri di scienze occulte e cabalistiche spilla buone somme di denaro a un vecchio nobile, Zuane Matteo Bragadin, discetta un po’ troppo liberamente di filosofia, religione e politica nei caffè e nei salotti. Ed è qui che l’intraprendente avventuriero scivola nelle maglie dell’onnipresente spionaggio della Serenissima, come vittima, per ora. Giambattista Manuzzi, uno dei più abili confidenti degli Inquisitori di stato, lo pedina cautamente nelle sue scorribande nei locali veneziani e, col pretesto di consultare libri di magia per evocare i demoni, si insinua in casa sua. Giacomo, scrive lo spione inquisitoriale, è un «iperbolico», un «carattere cabalon», un epicureo, autore in segreto di empie satire anticristiane, miscredente, ma cauto ad esprimersi su temi religiosi, «perché questo è un paese che di Governo e Religione non si può parlare, senza un grande rischio», giocatore, baro, fecondo di «dannate imposture» e, ovviamente, amante-libertino senza freni.
La Venezia del Settecento è una città libera, nei costumi e nei pensieri, ma non bisogna esagerare. La sua affiliazione alla Massoneria, l’ostentato libertinismo e forsanche (o forse proprio) qualche amore ‘incauto’ in alto loco, tutti puntualmente riferiti dalle spie, producono l’epilogo inevitabile. Il 24 luglio 1755 è arrestato e rinchiuso nei Piombi di palazzo Ducale. Da questo famoso carcere evade in circostanze rocambolesche da lui stesso descritte, e forsanche amplificate, nella celebre Histoire de ma vie.
Da vittima dello spionaggio veneziano a «secreto agente» e confidente degli Inquisitori
Nei ricordi, postumi dell’Icosameron, e nelle memorie il sistema spionistico che lo ha irretito è dipinto con toni cupi, risentiti, carichi di improbabili tinte libertarie, anti-dispotiche e pre-democratiche. Gli Inquisitori di Stato sono un tribunale odioso, arbitrario che con le sue onnipresenti spie semina sfiducia e terrore tra i sudditi. Intanto però, colpito da un bando, erra tra Parigi, Berlino, Pietroburgo, Madrid, Barcellona e cerca di campare con i soliti espedienti avventurosi al limite del raggiro e della truffa. Da sempre uno dei metodi preferiti dagli Inquisitori per reclutare spie all’estero è la promessa della revoca del bando ( e quindi il ritorno a Venezia) ai fuorusciti disposti a qualche significativa azione di spionaggio politico, militare, economico. Casanova è il candidato ideale per questo ruolo di spia: provvisoria ma ben motivata.
Poco sappiamo di alcune azioni di spionaggio, forse per conto anche della Francia, a Dunkerque, certo è che nel novembre 1763 da Londra si esibisce agli Inquisitori di rivelare un nuovo metodo di tingere di scarlatto i panni di cotone evidentemente carpito in qualche fabbrica inglese. La premessa del suo ingresso a pieno servizio tra i confidenti inquisitoriali. A Trieste, dove nel 1772 si è trasferito, si sono da poco mossi alcuni monaci armeni del convento veneziano di San Lazzaro (per dissensi coi superiori) e progettano di impiantare, col favore dell’imperatrice Maria Teresa, una nuova stamperia, con evidente pregiudizio dell’industria tipografica veneziana. Sollecitato dal console veneto Casanova si offre agli Inquisitori come «secreto agente» per una delicata azione di spionaggio industriale. Corrompe funzionari, semina dissidi tra i frati e infine li induce al ritorno a Venezia.
E il sospirato rientro in patria arriva anche per lui. Sulle amate lagune però la vita è difficile. Gli amici di un tempo diffidano di un ex bandito, i gonzi da raggirare si son fatti cauti, i tentativi di far soldi con le lettere (vedi la traduzione dell’Iliade) naufragano miseramente.
Ridotto allo stremo, sull’orlo della miseria, fa il grande passo e nel dicembre 1774 si offre senz’altro agli Inquisitori come confidente. Dopo una sorta di apprendistato a titolo gratuito (indagini su piccoli scandali e truffe) dal febbraio 1776 è assunto in pianta stabile. Col nome di copertura di Antonio Parolini indaga su scandali erotici, ecclesiastici corrotti, testimoni falsi, macchinazioni austriache in Dalmazia, esagerazioni scandalose negli spettacoli teatrali, arruolamento clandestino di reclute.
Le «riferte» di Casanova: tra nemici della pubblica moralità e libri licenziosi
Il 2 ottobre 1780 è nominato ufficialmente «confidente ordinario», con regolare retribuzione, in materia di religione, costumi, pubblica sicurezza. Per almeno due anni batte caffè, ridotti, teatri, casini di nobili, luoghi pubblici, alla caccia di frodi, segreti, ‘occulte trame’ contro la Repubblica, e la religione, nemici della pubblica moralità (prostitute, omosessuali, illuministi). Le sue ‘riferte’ (diciamo spiate) ci illuminano su scandali teatrali, risse, nobili corrotti, tipografie clandestine, contrabbandi, emigrazioni clandestine.
Memorabile una riferta del 22 dicembre 1781 sui libri ‘licenziosi’ che circolano tra nobili e borghesi: vi compaiono non solo libri «pessimi, poiché sfacciatissimi nel libertinaggio e atti a eccitare con voluttuose storie, lubricamente scritte, le assopite e languenti nemiche passioni» ma anche i classici dei ‘lumi’ francesi, da Voltaire, Rousseau, Marmontel, Boulanger, ai più radicali Helvétius e La Mettrie.
La carriera di Casanova spia inquisitoriale si interrompe bruscamente il 31 ottobre 1782. Un velenoso opuscolo satirico contro Giovan Carlo Grimani provoca la violenta reazione di alcuni potenti patrizi e lo costringe a una precipitosa fuga da Venezia. Per tre anni vaga in Germania, Olanda, Austria, infine si chiude nel lungo, noioso, malinconico esilio della biblioteca di Dux. Non ricorda volentieri il suo avventuroso e precario mestiere di spia, così poco onorata, come forse per un attimo aveva sognato.
Riferimenti
Paolo Preto, I servizi segreti di Venezia, Il Saggiatore, Milano 2016, pp. 524-29.
L’autorePaolo Preto è professore emerito di Storia moderna all’università di Padova. Tra i suoi saggi: Venezia e i turchi (Viella, 2013), Epidemia, paura e politica nell’Italia moderna (Laterza, 1987), Persona per hora secreta (Il Saggiatore, 2003).