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Italia, fanalino di coda negli investimenti in cultura

Terminati da alcuni giorni gli stati generali delle cultura organizzati a Roma dal Sole 24 ore, è tempo di analizzare a mente fredda i dati e le problematiche emerse durante la convention.
In una società come la nostra dominata in ogni settore dall’economia, anche la cultura deve fare i conti con le esigenze di bilancio specie in uno stato, come l’Italia, che detiene la più alta concentrazione di patrimonio culturale al mondo per la stragrande parte di proprietà dello stato e degli enti pubblici.

di Francesco Giubilei da linkiesta del 23 novembre 2012 Home

Secondo un’indagine condotta da Unioncamere Fondazione Symbola, il sistema delle industrie culturali e creative nel 2011 ha generato il 5,4% del Pil italiano e, se si considerano anche turismo, educazione, produzioni tipiche, attività edilizie in zone di pregio storico-artistico, l’influenza arriva al 15%.

La cultura nel nostro paese incide quindi per un sesto dell’attività economica e meriterebbe ben altri investimenti e una maggiore valorizzazione. Invece, da quanto emerge da una ricerca condotta utilizzando l’archivio digitalizzato Google-Harvard sugli indicatori di competitività culturale, l’Italia per quel che riguarda architettura e musei è passata dai 60 punti del 1900 ai 18 del 2000, mentre Usa e Giappone sono cresciuti da 50 a 100 e da 20 a 39.
Lo stesso discorso, anche se in modo ancor più clamoroso vale per l’arte dove da 600 punti del 1900 siamo scesi ai 105 del 2000, si tratta di dati disarmanti.
Quali sono i motivi che hanno determinato una perdita così ingente di incisività della produzione culturale italiana? Pier Luigi Sacco in un editoriale dal titolo “Un paese a creatività limitata” pone un problema che meriterebbe di essere affrontato con particolare attenzione: l’internazionalizzazione della cultura italiana. Il nostro paese, come in tutti i settori, soffre di un’autoreferenzialità e un provincialismo che, oltre ad essere controproducenti, risultano dannosi soprattutto in un momento di grave crisi economica come quello che stiamo vivendo: “l’immagine che si percepisce oltreconfine è quella di una nazione mediocre che vive alle spalle di un grande passato”.
La proposta avanzata dal Sole 24 ore si sintetizza in cinque punti già enunciati nel Manifesto della Cultura pubblicato il 19 febbraio e ripresi in occasione della manifestazione romana:

1)Creazione di una Costituente della cultura, riprendendo l’articolo 9 della Costituzione che “promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
2)Strategie di lungo periodo. La priorità, anche in campo culturale, è la crescita. Per crescere, si sa, occorre puntare su una strategia a lungo termine e sulla valorizzazione del sapere e della cultura cercando così di investire sul cambiamento
3)Cooperazione tra i ministeri. Uno dei grandi problemi del nostro paese è l’invadente presenza della burocrazia in ogni settore. Spesso progetti e proposte valide non vanno a buon fine a causa di cavilli o mal organizzazione. Per questo è necessario che i ministeri di Beni culturali, Sviluppo, Welfare, Istruzioni ed Esteri collaborino tra loro con l’obiettivo di raggiungere gli obiettivi preposti.
4)Arte a scuola e cultura scientifica. La scuola ha un ruolo di primaria importanza nella formazione dei nuovi cittadini che vanno così educati, fin da bambini, nello studio dell’arte e della storia, così come dei saperi scientifici
5)Pubblico-privato, sgravi, fisco. In questo caso si affronta un argomento estremamente complesso e ricco di sfaccettature.
Partendo dalla premessa che i beni artistici e culturali devono essere patrimonio pubblico e comune, ciò non significa che iniziative e sostegno di privati vadano demonizzate. Ben vengano sponsorizzazioni o aiuti per ristrutturare monumenti o conservare opere artistiche in cambio di pubblicità. Ottima l’iniziativa per ristrutturare il Colosseo – a proposito, che ne è stato del progetto di Della Valle? A quando l’inizio dei lavori?
Difficile non trovarsi d’accordo con queste parole: “provvedimenti legislativi a sostegno dell’azione privata vanno sostenuti attraverso un sistema di sgravi fiscali”.
Il futuro è più vicino di quanto possa sembrare, il futuro dell’Italia ce l’abbiamo in casa, basta solo saperlo valorizzare nel giusto modo.

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Inserito su www.storiainrete.com il 24 novembre 2012

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