Urbino, 1488. È notte. Il vento gelido si infiltra tra le travi di una casupola nel cuore del bosco. Deodata, curatrice, forse strega, dorme un sonno agitato. Poi un rumore, una donna avvolta da un mantello, un pugnale e una promessa estorta: creare un veleno che renda un uomo impotente per sempre. Così comincia una storia che si allarga, tra eventi e colpi di scena, ad abbracciare la sfarzosa Urbino dei Montefeltro, tra intrighi e giochi di corte, arte e poesia, amori imposti e amori proibiti. Guidobaldo da Montefeltro, giovane duca della città di Urbino, ha da poco sposato Elisabetta Gonzaga ed è impaziente di dare un erede al ducato, ma gli ordini dello zio, Ottaviano Ubaldini, lo costringono a un’attesa straziante. Il conte Ubaldini, studioso di astrologia, teme infatti per le sorti del nipote: secondo tutti i calcoli Guidobaldo deve aspettare: «le congiunzioni astrali sono contrarie». Intanto, fuori dal Palazzo Ducale, la sorte sembra accanirsi anche contro Deodata, che si trova suo malgrado invischiata nelle trame dei cortigiani e vede l’ombra dell’Inquisizione farsi sempre più vicina. In “Il duca che non poteva amare” (Solferino, pp. 400, € 19,50), le sorelle Elena e Michela Martignoni disegnano in queste pagine un Rinascimento italiano perfettamente ricostruito nella sua verità storica, suggestivo e reale nei suoi tratti fantastici. Un mondo in bilico, in cui la ragion di Stato si mescola all’alchimia, le scienze al sortilegio, e una natura selvaggia incombe appena fuori dalle mura della città delle arti. Di pagina in pagina, i destini dei protagonisti si intrecciano con il filo di una logica spietata e inevitabile: anche il più solido degli amori deve fare i conti con la Storia.