Protagonista della storia nazionale dal 1921 al 1991, il Partito Comunista Italiano è stato molto mitizzato e soprattutto ha goduto delle rendite di posizione che l’imponente macchina propagandistica dell’egemonia culturale gli ha procurato. E continua a procurargli. Prova ad andare controcorrente il nuovo numero speciale di Storia In Rete dedicato al “lato oscuro del PCI”, settant’anni di storia parallela, non a caso poco nota e non troppo studiata. Eppure, fin dalla sua nascita, ancora da “sezione italiana dell’Internazionale Comunista”, il partito di Gramsci, Togliatti e Bordiga ha avuto una storia oscura, fatta di rese dei conti interne portate avanti con metodi spietati, applicati anche sui suoi stessi padri fondatori senza remore: purghe, delazioni alla polizia politica fascista, “macchine del fango” per demolire la reputazione dei dissidenti, damnatio memoriae…
Vittime di questi ingranaggi stalinisti, quasi tutti i fondatori del PCI a Livorno: Bordiga, Tasca e soprattutto Gramsci, sul cui arresto e permanenza in carcere gravano pesantissimi sospetti su tutto l’apparato comunista che da Mosca vedeva nel “martirio” del filosofo per mano fascista un ottimo affare.
Poi arriva la Seconda guerra mondiale e altri capitoli oscuri: Togliatti e la sorte dei prigionieri italiani nei gulag sovietici, la Guerra Civile, i rapporti di amore-odio con Tito e la doppiezza del partito sulla questione dei confini orientali…
E quindi il dopoguerra, con il PCI prima allineato ai desiderata di Mosca e del Cominform, poi, lentamente e apparentemente sempre più distaccato, ma comunque come sensale di lucrosi affari da ponte finanziario fra il Sol dell’Avvenire a Est e il capitalismo sfruttatore (ma non troppo disprezzato) dell’Ovest.
Fino alle “svolte” (virgolette d’obbligo) di Enrico Berlinguer: l’eurocomunismo, la fedeltà alla NATO (sincera? interessata? concordata con Mosca?), la “questione morale”… L’inizio della trasformazione in moderno partito liberal, dove l’arcobaleno ha sostituito il rosso, i “diritti civili” quelli dei lavoratori e il Libero Mercato ha mandato Carlo Marx in soffitta.
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