L’imperatore Gaio Giulio Cesare Germanico, al mondo noto come Caligola, nacque ad Anzio il 31 Agosto del 12 d.C. e fu ucciso nel criptoportico del Palatino la sera del 24 gennaio del 41 d.C, dopo uno degli spettacoli teatrali in onore di Augusto, nel mentre s’intratteneva con degli attori asiatici e dei fanciulli. Già questa disposizione verso gli altri basterebbe a ridisegnare tutta la sua esistenza. Una scena è sufficiente per cogliere l’animo di un individuo, mica servono continue riprese dal vivo oppure vivergli accanto. Un tiranno che s’intrattiene a parlare con gli attori…! Spettacolare! L’avrebbe fatto forse un senatore? E un latifondista? No, a pensare agli affari costoro! E invece fu opera d’un imperatore, la sera del 24 gennaio del 41 d.C, poco prima di far ritorno nelle stanze imperiali. Oh, già, diranno che v’è sempre dell’istrionismo nei tiranni. Certo, come no!…Ma che li si lasci al proprio delirio questi rivoluzionari rivedibili, in vero conformisti fino al midollo. Per mio conto, posso a testa alta dire: “Buon compleanno, Caligola!”.
di Fernando Acitelli da ANSA del 27 agosto 2012
Altro che “damnatio memoriae”! Una simile sintesi la dovrebbero scrivere dinanzi l’entrata di molti parlamenti per chi magari ha sottratto denaro pubblico e benessere alla collettività e poi s’è pentito, ed è rimasto impunito e poi quatto quatto è scappato con vitalizi suntuosi ritirandosi in ville a picco sul mare come Tiberio a Capri. Caro Caligola, ho visitato tutti i luoghi che a Roma ti riguardarono e posso dire d’esserti più che affezionato. Pensa, Gaio Cesare, il prossimo 31 Agosto tu compirai 2000 anni e nell’Urbe puoi contare ancora su dei fedelissimi. Siamo in pochi, per la verità, ma si tratta pur sempre di una guardia scelta dell’imperatore: veri “Equites Singulares Augusti”.
Basta uno sguardo d’intesa e tutto ci è chiaro. Siamo notturni attorno al Palatino, a ricostruirci interiormente quella notte, a sentirti assieme a tua moglie Cesonia e alla figlioletta Drusilla fracassata al muro dal tribuno Lupo. Tanto vorremmo modificare quella realtà e riscriverla con te ed i tuoi cari in salvo. Spesso, a tanto ci esponiamo. Dunque fedelissimi ma non pretoriani – uno di questi fu il tuo assassino, Cassio Cherea – ma fedelissimi in senso storico, poetico, i quali non credono minimamente a tutte le menzogne riferite sul tuo conto. I tuoi primi due anni di principato furono segnati da saggezza, lungimiranza ed anche amore per il popolo e rispetto (guardingo) per il Senato. Scrive lo storico Flavio Giuseppe: “Era peraltro un valentissimo oratore, espertissimo della lingua greca e latina; sapeva come rispondere a discorsi pronunciati da altri” (…) E se nell’ultimo periodo di regno vi furono cinque mesi di dominio assoluto e la sottomissione dell’aristocrazia, questo fu dovuto anche alla terza congiura ordita da senatori e familiari contro di te. Addirittura desideravi lasciare Roma per Anzio e poi per l’amatissima Alessandria, visitata più volte anche da bambino. E allora, dopo tutto questo, per chi parlava l’illustre Svetonio che ti ha definito un mostro? Con tutti questi affreschi di congiure… Era un personaggio libero, Svetonio? Poteva forse egli definirsi “ingénuus”, nel senso originario, vale a dire nativo del luogo, uomo libero, nobile? No, mio caro Caligola, anche egli era un conformista, pavido senz’altro, allineato, uno scrivano che narrava storie per qualcuno, per il “committente”, per la Cupola di allora. Proprio così.
Anche allora esisteva la Cupola: il Senato, i privilegi e tutto il resto. Come vedi, non è cambiato nulla. A nominare il tuo nome, Caligola, ecco che un’altra apoteosi si celebra, non riferibile comunque al mondo antico quanto piuttosto al “luogo comune” e provocata dalla lontananza sia dai testi che da ogni sensibilità. E così si viene ad ascoltare che, in questo mese di agosto, l’ennesima ondata di caldo, la “bolla africana” dopo le varie bolle speculative dei lazzaroni a corrente continua, ebbene, che il torrido in espansione porta il tuo nome. Evento meteorologico che, dunque, chiamato “Caligola”, è qualcosa di nefasto, suona come una sciagura. Invece d’acquisire gradi di miopia leggendo, vere campagne militari con le iridi a scheggiarsi per la gran vicinanza ai grandi testi, questi funamboli del nulla, questi frombolieri del luogo comune s’adunano per imperlarsi ancora una volta di stupidità: un evento meteorologico chiamato “Caligola”. Accanto a questi velleitari della parola v’è l’azione banale dei contemporanei (non tutti, per fortuna), storici e non: la spocchia di sapere tutto (che cosa?) e di ripetere quanto già declamato da altri. Oro colato dunque per costoro i resoconti su di te dei vari Tacito, Cassio Dione, Flavio Giuseppe, Filone. Mai un pensiero autonomo, delle schegge di sublime. Evidentemente i miei contemporanei dimenticano che a quei tempi la responsabilità per personaggi di primo piano era un fardello vero e se fallivano c’era di mezzo la vita: Quintilio Varo dopo il disastro di Teutoburgo si uccise e lo stesso fece Nerone dopo essere stato abbandonato anche da Tigellino. Oggi, dopo disastri nazionali, gli improfumati escono di scena ma poi li si vede passeggiare come antichi questori, abbigliati con clamide e sandali e in posa da filosofi stoici sui faraglioni. Vengono anche intervistati, s’atteggiano, “non sono stati capiti”.
Ne avrai visti pure tu, Gaio Cesare, di simili personaggi… Ma cosa accade oggi? Sulla Terra scende il Mercato, questo dio nascosto, invisibile, distrugge le nazioni eppure non succede nulla a chi, in gran silenzio e all’oscuro, maneggia tutto. Capito, Caligola? E i contemporanei s’accaniscono su di te, definendoti “mostro”. Dicono che la tua “pazzia” era anche quel raccogliere conchiglie – insieme ai legionari – sulle spiagge lungo il Canale della Manica progettando la conquista della Britannia. Ma è la normalità che sta dietro ad un simile gesto a mettere paura a costoro. Che gesto era quello se non glassato di poesia? Come il ponte di barche tra Baia e Pozzuoli; e ancora: come il cavallo Incitatus da te nominato senatore. Grande provocazione, atto sublime, più che futurista e della post avanguardia. Del resto, non finì pure Ilona Staller nella Camera Bassa? E sul velinismo contemporaneo, che dire? Nella confusione tra neurini e neutrini scelgo Incitatus senatore. Certo, sposo la tua tesi, Gaio Cesare, meglio Incitatus al Senato, magari votante per primo insieme all’aristocratico Marco Giunio Silano. Qui, oggi, le cricche sono hegeliane e l’individuo non ha valore nei confronti del processo storico, dell’Idea Assoluta, ovvero del Mercato. Il Mercato conta più della persona che sta per strada, che rantola. Spettacolare, invece, il tuo Welfare! Capisci come va il mondo? Ma per uno come te che si proclama dio – imperatore come dio – il giudizio non può che essere “pollice verso”. Naturalmente sarebbe da ricordare a questi entusiasti dell’Età della Tecnica che, fino all’Ancién Regime, tutti i monarchi si consideravano di origine divina. E allora, quale sarebbe la tua colpa se il tuo sentire durò fino a tutto il XVIII secolo? A proposito della tua “follia”, sapeva l’illustre Svetonio che “forse” tuo padre, il valoroso Germanico, era stato avvelenato dal governatore della Siria Gneo Calpurnio Pisone su indicazione di Tiberio? Sapeva che tua madre, Agrippina Maggiore e i tuoi fratelli Nerone Cesare e Druso III erano stati condannati a morte dal Senato? E quanto poteva incidere sulla psiche d’un fanciullo tutto questo? Be’ su tali faccende l’illustre storico sorvola.
Avresti anche potuto ipotizzarla una qualche vendetta. Oggi i normalizzatori della realtà – gli anestesisti dei nostri giorni – non accettano valori di epoche remote e pretendono che i gesti sarebbero dovuti essere altri e li determinano con l’occhio e l’animo attuali. Ti potrebbero far dono d’un cellulare, Gaio Cesare!…Pensa, uno di quelli con internet incluso! Eppure, malgrado questa lucidità che, in vero, è decadenza, l’umanità continua senza soste con barbarie condominiali e mondiali, beninteso sotto il vessillo della democrazia. Eri innamorato di tua sorella Drusilla e a lei, quando morì, dedicasti ludi a scadenza precisa; v’era nel tuo cuore in tumulto un grande posto per il ricordo. Che, forse, quel tuo progetto di una spedizione in Germania con 200.000 uomini nell’autunno del 39 poteva essere considerato un momento romantico per rivederti bimbo accanto a tuo padre vittorioso? Credo lo si possa supporre ed io me lo ricamo così. In ultimo, prima di abbracciarti, augurandoti ancora una volta buon compleanno – hai 2000 anni e il mondo ancora ti pensa, ti studia e ti maltratta – ti svelo i luoghi dove ti vado a trovare: al Museo Nazionale Romano dove una tua piccola statua in marmo, rinvenuta nel Tevere verso via Giulia e custodita in un cubo di plexiglas, è posta dinanzi a quella di tuo padre, in bronzo, rinvenuta sempre nel Tevere, presso ponte Sisto.
Quindi parlo delle Terme di Diocleziano dove mi reco per osservare l’altare funerario che il tuo liberto Caius Julius Philocalus Leonidianus si fece erigere nel I secolo d.C; ti svelo anche la provenienza del reperto: Morlupo. Ecco, accarezzando questo altare è come se, un poco, sfiorassi il tuo viso. E ancora m’inoltro verso il Museo delle Navi a Nemi, dove i frammenti della Nave Tempio e della Nave Palazzo m’assediano di gioia. Se tali imbarcazioni da parata desideravano mostrare la tua ammirazione per le lussuose residenze orientali, svelavano anche un’idea di Assoluto che pochi – non so dire se ahimé o per fortuna – di te hanno colto in questo mondo. V’è talmente silenzio sul lago di Nemi che quando lì mi reco, mi sembra veramente di ascoltare la tua voce e di vedere in sequenza, a mezz’aria, il tuo viso nel marmo e il tuo profilo sulle monete.
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Inserito su www.storiainrete.com il 27 agosto 2012