HomeXX secolo"Idealismo e banche trascinarono gli Usa in una guerra non voluta"

"Idealismo e banche trascinarono gli Usa in una guerra non voluta"

Anno 1917. L’anno della svolta della prima guerra mondiale. Per qualche tempo gli Imperi centrali ebbero l’illusione che, essendo la Russia allo sbando, il conflitto potesse volgere a loro favore.
Di Matteo Sacchi dal il Giornale, ultime notizie del 21/05/2017
Ma poi un’altra potenza entrò nella guerra: gli Stati Uniti d’America. Il 6 aprile del 1917 per la prima volta gli Usa divennero l’ago della bilancia della politica mondiale, anche se la loro preparazione militare era carente. Ci vollero mesi perché gli Usa iniziassero a essere forza attiva nel conflitto. Ma quando accadde il contraccolpo sugli Imperi centrali fu enorme. Ce lo spiega il professor Georg Meyr, titolare della cattedra di Storia delle relazioni internazionali all’università di Trieste e relatore al festival èStoria di Gorizia nell’incontro dedicato all’ingresso degli Usa nella Grande guerra (venerdì 26 alle 12).
Che cosa spinse gli Usa a entrare in guerra?

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«All’inizio il sentimento politico degli statunitensi era chiaro: dal conflitto volevano stare fuori. Sin dal 1914 la stampa americana rese chiaro a tutti che si trattava di un bagno di sangue. Per di più nel Paese c’erano immigrati che provenivano da tutta Europa e nessuno aveva intenzione di alimentare pericolose spaccature, schierandosi apertamente. Certo, sin dall’inizio Woodrow Wilson caratterizzò la sua presidenza con una spinta idealista. Aveva ben chiaro che il militarismo prussiano mal si sposava con la democrazia».
Che cosa provocò la svolta, il caso del Lusitania?
«L’affondamento di quel piroscafo e di altri ebbe sicuramente un effetto importante: furono chiaramente una violazione della neutralità americana. Detto questo, e senza assolvere gli ufficiali della marina tedesca, molte di quelle navi portavano aiuti all’Intesa e i tedeschi lo sapevano. Ma l’aggressione ai trasporti neutrali fu soltanto uno dei motivi che spinsero gli Usa verso la guerra…».
Quali sono gli altri motivi?
«L’invasione del Belgio neutrale all’inizio della guerra era per Wilson un fatto intollerabile, minava il diritto internazionale. Le trame tedesche per cercare di fare entrare in guerra il Messico contro gli Usa non soltanto furono irrealistiche, ma anche una provocazione inutile. Ma soprattutto pesò l’esposizione delle banche americane verso l’Intesa. La sua sconfitta si sarebbe rivelata disastrosa e il cedimento dei russi faceva temere il peggio».
Gli Usa furono il vero ago della bilancia?
«Militarmente sino a un certo punto. Ci misero mesi a fornire un contingente numericamente adeguato, non erano preparati. Anche se alla fine i loro soldati, anche per ammissione tedesca, si rivelarono ottimi combattenti. Di certo l’impatto psicologico sugli Imperi centrali fu fortissimo. Era ormai chiaro che in pratica grazie agli Usa l’Intesa aveva mezzi quasi illimitati».
Gli Usa non mitizzano la prima guerra mondiale come fanno per la seconda…
«Non riuscirono a vincere la pace, la Società delle nazioni voluta da Woodrow Wilson fallì perché le amministrazioni Usa si tirarono indietro. Non recuperarono i loro investimenti e non riuscirono a impedire una pace punitiva verso la Germania. Comprensibile che non si sia creato un mito…».

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