di Antonio Carioti, da Il Corriere della Sera del 25 luglio 2025
Affronta con spregiudicatezza molti nodi importanti della vicenda novecentesca italiana il libro Elogio della storia (Oaks, pagine 452, € 28), nel quale Aldo G. Ricci ha raccolto una serie di contributi comparsi in diverse sedi nel corso del tempo con una prefazione di Ernesto Galli della Loggia. Il periodo preso in considerazione va dall’inizio della Prima guerra mondiale, con le diatribe tra neutralisti e interventisti, fino al termine dell’epoca degasperiana, con la difficile ma proficua opera di ricostruzione e rilancio, tra il 1945 e il 1953, che avrebbe prodotto i suoi frutti con il successivo boom economico.
L’autore, a lungo sovrintendente dell’Archivio centrale dello Stato, mette in luce aspetti come la portata dello sforzo bellico durante la Grande guerra, i limiti e gli errori del socialismo italiano nell’arco di tempo tra la fondazione del Psi e la marcia su Roma, le contraddizioni dell’antifascismo, il ruolo di figure eminenti come Benedetto Croce e Luigi Einaudi dopo la caduta del regime dittatoriale.
Alcune osservazioni interessanti riguardano la Repubblica sociale, di cui Ricci pone in rilievo la capacità di svolgere un’azione amministrativa intensa nonostante le pesanti intromissioni dei tedeschi. Appare tuttavia troppo generosa verso il fascismo di Salò la tesi secondo cui esso avrebbe «creato una sorta di cuscinetto tra la popolazione e l’occupante», risparmiando all’Italia sofferenze più gravi. In realtà, se guardiamo alle stragi di civili compiute dai nazisti, di cui oggi esiste una mappa precisa, il regime imposto dal Terzo Reich al nostro popolo non appare affatto più mite rispetto a quelli vigenti negli altri Paesi dell’Europa occidentale. Diverso è il discorso se si guarda al mondo slavo, ma qui la guerra condotta dalla Germania ebbe caratteri di annientamento e sottomissione razziale decisamente incomparabili.
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