di Gianluca Zanella da InsideOver del 18 aprile 2022
Che i servizi segreti di Paesi stranieri abbiano operato in Italia con il tacito accordo dei nostri apparati – se non addirittura con la collaborazione attiva – è un fatto acclarato. Pensiamo alla strage dei dissidenti libici operata nel corso degli anni Settanta e Ottanta per mano dei sicari di Muhammar Gheddafi; pensiamo al rapimento di Mordechai Vanunu a opera del Mossad; ricordiamo il rapimento, nel 2003, a Milano, di Abu Omar, quando a operare sul campo fu la Cia con il supporto dell’allora Sismi.
Insomma, non c’è troppo da stupirsi, eppure c’è una storia che batte tutte le altre per i risvolti incredibili che si annidano nelle sue pieghe oscure; una vicenda poco nota (“appassionati” di misteri a parte), che vede coinvolti apparati certamente interni allo Stato italiano, ma anche presenze estere sulle quali, purtroppo, non è mai stata fatta luce. Stiamo parlando del rapimento di Davide Cervia.
Prologo – Chi era Davide Cervia
Ma chi era Davide Cervia? Per capirlo – e per ricostruire nelle sue fasi più importanti questa storia terribilmente vera – abbiamo parlato a lungo con il giornalista investigativo che più di tutti si è occupato della vicenda, pagando questo impegno anche a livello personale: Gianluca Cicinelli. “Davide Cervia era un militare della Marina militare italiana, un esperto di guerra elettronica. Uno dei pochi a saper utilizzare – e a poter insegnare come farlo – il sistema missilistico Teseo Otomat. Nel 1990, anno della sua scomparsa, in Italia erano solo un centinaio di persone ad avere le sue competenze”. 120, per la precisione. All’epoca della sparizione di Davide Cervia, solamente una sessantina di queste erano ancora in servizio. Così come 64 erano i Paesi a cui nel 1990 era stato venduto il Teseo Otomat.
Fermiamoci un attimo e spieghiamo cosa voglia dire – tra la fine degli anni Ottanta e il principio dei Novanta – “guerra elettronica”. Semplificando, si tratta di un sistema di individuazione, di difesa e – contemporaneamente – di offesa attraverso dei missili. Un sistema che – oggi viene quasi da sorridere – risolveva il problema della curvatura terrestre: “Il sistema Teseo Otomat, una coproduzione italo francese tra la Oto Melara e la Matra”, ci spiega Gianluca Cicinelli, “era in grado di individuare, per fare un esempio, un aereo a 3 mila chilometri di distanza. Ma non solo, il Teseo Otomat era in grado di capire se l’aereo in questione era amico o nemico, con che tipo di equipaggiamento era rifornito, quante persone c’erano a bordo e, cosa più importante, poteva distruggerlo senza svelare la propria posizione”.
In questo contesto, Davide Cervia era un’eccellenza. Non un ingegnere, ma un ottimo operatore. Peccato che nel 1984 decida di congedarsi. Un divorzio dal mondo militare assolutamente tranquillo, una decisione maturata per stare più vicino alla moglie Marisa, a suo figlio e a sua figlia, entrambi nati da poco.
Da quel momento, quella di Davide Cervia diventa una vita del tutto ordinaria. Trasferita la famiglia nelle campagne di Velletri, prende impiego in una fabbrica del posto e tutto scorre serenamente fino al 1990.
Poi qualcosa cambia. “In questa vicenda, un ruolo cruciale lo giocano le date”. Gianluca Cicinelli si riferisce a un giorno in particolare: il 2 agosto 1990. Data in cui Saddam Hussein invade il Kuwait. Scoppia la Prima guerra del Golfo: “È all’inizio dell’estate che cominciano i primi segnali. E da lì fino al 12 settembre dello stesso anno, sarà un’escalation che si conclude con il rapimento di Cervia”.
Capitolo 1 – Il rapimento
Come in un film, la tranquilla quotidianità di una famiglia serena viene inghiottita in una spirale di eventi che solamente Davide è in grado di decifrare. Sua moglie Marisa, da oltre 30 anni in prima linea per cercare la verità, non sa che il marito è un esperto di guerra elettronica. Per lei, come del resto per tutti quelli che non fossero i suoi colleghi, Davide è un ex marinaio. E tanto basta.
Al principio dell’estate, nei terreni intorno alla casa dei Cervia compaiono delle persone. Operai. “Marisa ricorda che il marito ci andò a parlare per capire cosa stessero facendo. Dissero che si stavano occupando del censimento dei vigneti. Peccato che Davide avesse tolto il suo nel 1988”.
Poi arrivano altre persone. Marisa Gentile vede suo marito parlarci animatamente. Cosa inusuale per uno come Davide, una persona estremamente educata e con una grande capacità di autocontrollo. “Quella volta, Davide le disse che quelle persone chiedevano solo indicazioni”.
Ad agosto nuovi segnali. Solo a posteriori possiamo capire di cosa si trattasse: era il cappio che si stringeva: “La rete della recinzione viene tagliata in corrispondenza di dove Davide parcheggiava la sua Golf bianca. Marisa ci racconta che a quel punto suo marito comincia a essere molto agitato. Lei, più che per questi episodi, si meraviglia dell’agitazione di Davide che, poco dopo, chiede il porto d’armi per un fucile”.
Ma l’incubo di Cervia non si ferma: l’impianto elettrico della sua macchina prende fuoco: “Marisa racconta che il marito ebbe una crisi di pianto. Una cosa che la colpì molto, non aveva mai visto Davide in quello stato”.
Davide Cervia deve aver capito molto bene quello che gli stava accadendo, eppure non una parola, non una richiesta di aiuto. Con l’intento di salvaguardare la famiglia che aveva tanto desiderato mettere in piedi con sua moglie Marisa, cerca di gestire da solo la situazione. Ma sottovaluta la portata dell’ingranaggio in cui era caduto e dal quale viene risucchiato.
Il 12 settembre 1990 Cervia esce da lavoro attorno alle 17 e da quel momento, diventa un fantasma. L’orario lo fornisce un suo collega, l’ultima persona ad averlo visto. Almeno fino a dicembre, ma ci arriviamo. Quando Marisa va a fare denuncia di scomparsa, i carabinieri locali minimizzano: “Le dissero che probabilmente era scappato con una bionda”.
Rimasta sola con due figli da gestire, improvvisamente sola, Marisa veste suo malgrado i panni dell’investigatrice, supportata costantemente da suo padre, Alberto. “Comincia a scavare nella vita di suo marito su suggerimento di alcuni ex colleghi di Davide, dei militari di Marina. Trova i manuali crittografati su cui il Cervia della vita precedente, l’esperto in guerra elettronica, studiava e si aggiornava costantemente sul sistema missilistico Teseo Otomat”. In poche parole, Marisa Gentile comincia a unire i puntini degli ultimi mesi e si convince ancora di più di quanto già non lo fosse che Davide non è andato via. È stato rapito.
La certezza – come sopra accennato – arriva però solo a dicembre.
“Il vicino di casa telefona a Marisa. Le chiede di incontrarla. Considerando che lui e Davide non si parlavano da anni a causa di una disputa di vicinato, Marisa a quell’incontro ci va con un registratore”. L’uomo, intorno alle 17.30 del 12 settembre, ha assistito al rapimento di Davide: “Era in giardino quando Davide ha parcheggiato la macchina di fronte al cancello di casa. Subito dopo è arrivata un’altra macchina, da cui sono scese tre persone. Mentre in due si avventavano su Davide, costringendolo a salire sulla macchina rimasta in moto con una persona alla guida, il terzo saliva sulla Golf bianca di Cervia. Prima di essere infilato a forza in quell’auto, Davide vede il suo vicino e lo chiama per tre volte”.
Nonostante il tardivo rigurgito di coscienza del vicino, sembra trattarsi di una testimonianza che meriterebbe un approfondimento immediato. Ma i carabinieri di Velletri sono di tutt’altro avviso: “Non presero agli atti la testimonianza di quell’uomo. Dissero che non ci vedeva. Si era sbagliato”.
Capitolo 2 – Il depistaggio
Gianluca Cicinelli entra in questa storia non solo come giornalista. Ne diventa parte a tutti gli effetti e in un ruolo di comprimario accanto a Marisa e suo padre. Il grande assente di questa storia è proprio il suo protagonista, Davide.
“Era il gennaio 1991 e lavoravo a Roma presso Radio Città Aperta. Un giorno si presenta questo Alberto, che mi racconta una storia di spionaggio. Di matti ne capitavano tanti lì in redazione e non ci feci caso più di tanto. Mi diede un volantino, annunciava una manifestazione che si sarebbe tenuta di lì a un paio di settimane di fronte Montecitorio”.
Casualità (ma il caso in questa storia c’entra davvero poco) Cicinelli quel giorno deve andare proprio a Montecitorio ed è lì, sulla piazza, che incontra nuovamente Alberto, suocero di Davide Cervia, e conosce Marisa, la moglie: “C’erano loro, i bambini e pochi altri amici di Davide. Mi colpirono gli occhi di Marisa. Ci mettemmo a parlare e non andai nemmeno dove dovevo andare, restai lì ad ascoltarla”.
Gianluca Cicinelli e Marisa Gentili cominciano a lavorare fianco a fianco per scavare in questa storia, per farla conoscere all’opinione pubblica: “Di questa storia si parlava solo a livello locale. E lì a Velletri Marisa veniva considerata una matta, perché diceva che suo marito era stato rapito dai servizi segreti”.
Il 22 gennaio 1991 il caso Cervia finisce a Chi l’ha visto? Condotto al tempo dalla compianta Donatella Raffai. Nel corso della trasmissione, chiama un autista dell’allora Acotral, che il 12 settembre 1990 se lo ricorda molto bene. Quel giorno, attorno alle 17.40, stava percorrendo la via Appia da Roma a Velletri. Proprio in corrispondenza dell’imbocco della strada che porta alla casa di Cervia, aveva dovuto inchiodare. Due macchine erano sbucate a velocità folle. Dentro la prima, gli era sembrato di vedere due uomini intenti a trattenere un terzo sdraiato sul sedile posteriore. Questa testimonianza si incastra perfettamente con quella del vicino di casa.
Da quel momento, Marisa comincia a ricevere telefonate nel cuore della notte. Al suo indirizzo, arrivano anche due lettere battute a macchina: “Lascia perdere qualsiasi ricerca su Davide”. Ma lei non si lascia intimidire.
Con l’arrivo di una minima notorietà sulla vicenda, si attiva quello che Gianluca Cicinelli definisce il vero e proprio depistaggio: nel corso di una puntata di un programma televisivo (che ebbe vita breve) che doveva essere la risposta al successo di programmi come Telefono Giallo e, appunto, Chi l’ha visto?, parla quello che viene presentato come un amico di Davide Cervia.
Giuseppe Carbone sostiene in diretta televisiva che poco prima di sparire, Davide gli aveva detto di essere stanco della vita in famiglia e che, parlando l’arabo, aveva deciso di trasferirsi in qualche imprecisato Paese a lavorare. La sua testimonianza – a differenza di quella del vicino di casa – viene ritenuta talmente importante dai carabinieri di Velletri, che Carbone viene invitato a deporre e la sua deposizione finisce agli atti. Peccato che – intervistato da due giornaliste – l’uomo dimostrò di non aver nemmeno mai avuto a che fare con Davide Cervia. Chi fosse e per chi lavorasse realmente Giuseppe Carbone, non si è mai capito.
Capitolo 3 – Il mistero della macchina (da scrivere)
“Il primo marzo 1991 Donatella Raffai chiama Marisa. Hanno ritrovato a Roma la macchina di Davide”.
La Golf bianca di Cervia si trova in via Marsala, in buono stato. A giudicare dall’erbetta cresciuta sotto le ruote, dev’essere ferma lì da non più di due, tre mesi. Peccato che quella zona vicino alla stazione Termini fosse stata battuta palmo a palmo da Alberto, il papà di Marisa, e dai suoi amici e conoscenti: “Alberto, prima di trasferirsi con sua moglie a casa della figlia, aveva gestito per tanti anni un’edicola vicino Termini. Subito dopo la sparizione di Davide aveva attivato l’intero quartiere per cercare la macchina. In quella strada non c’era di sicuro”.
I problemi di Cicinelli cominciano con questo episodio: “Sono finito in tribunale e ho vinto. Avevo scritto che la Digos sapeva della presenza di quella macchina in via Marsala molto prima del primo marzo”.
La Golf di Davide Cervia era alimentata a gas.
La Digos – guidata in quell’occasione dall’ispettore Sandro Nervalli, noto per aver arrestato i brigatisti Morucci e Faranda – intervenne con gli artificieri, che per aprire la macchina fecero saltare il portabagagli con una piccola carica esplosiva: “Ci sono le immagini a testimoniarlo. Se nell’impianto ci fosse stato del gas, via Marsala sarebbe diventata come Beirut. Ma evidentemente la Digos sapeva che in quella macchina non c’era gas”. Come si è arrivati alla macchina? “Una lettera anonima alla redazione di Chi l’ha visto?”.
E anche qui un dettaglio enigmatico: “L’abbiamo fatta analizzare. È stata battuta dalla stessa macchina con cui sono state scritte le due lettere anonime ricevute da Marisa a Velletri”.
Tre lettere, stessa macchina da scrivere. Le prime due intimano a Marisa di lasciar perdere; la terza fornisce un aiuto concreto per provare a capirci qualcosa: “In uno spettacolo teatrale sul caso Cervia, ho immaginato che per mancanza di fondi, Sismi e Sisde utilizzassero la stessa macchina da scrivere. Ad ogni modo, ritengo che dietro la tastiera ci fossero due persone diverse. Appartenenti allo stesso apparato, ma con finalità e coscienze diverse”.
Cominciano le interrogazioni parlamentari. Gianluca Cicinelli e Marisa Gentile parlano con tutti i governi che si sono succeduti dal 1992 al 2002. Dieci anni in apnea a nuotare in una palude. “Tutto in questa storia ha una doppia chiave di lettura, tutto è ambivalente. Arrivi a un certo punto in cui ti chiedi quanto di quello che accade sia realmente come lo percepisci”. Cicinelli si riferisce a episodi in ordine sparso: dalla cartomante che chiama Marisa e che, tra le varie cose, sa esattamente com’era vestito Davide al momento del rapimento (dettaglio mai diffuso pubblicamente), al biglietto di auguri di Natale nella sua macchina: “Era chiusa. Sul biglietto c’era scritto auguri a te e famiglia. Ma era marzo”.
Il collega di Davide che l’aveva visto all’uscita da lavoro viene minacciato da un uomo che si scoprirà legato al Sismi e anche il giornalista comincia a ricevere telefonate notturne: “Vallo a spiegare a quella che era mia moglie che ero finito in una storia di spionaggio!”.
Capitolo 4 – La pista francese
Tra il 1994 e il 1995 Gianluca Cicinelli scrive due libri su questa storia: “Il secondo è arrivato così presto perché nel giro di un anno c’erano state delle novità importanti”.
La novità principale riguardava la ditta di censimento dei vigneti vista da Marisa nell’estate del 1990, che Cicinelli dimostra essere legata al ministero della Difesa, ma questo secondo libro innesca un ulteriore sviluppo nella vicenda. È grazie alla sua pubblicazione se si apre concretamente una pista internazionale. Nello specifico, la pista francese.
“Il libro esce il 12 settembre 1995 in edicola con la rivista Avvenimenti. Mentre sono in redazione mi arriva una telefonata. È un uomo, ha comprato il libro, vuole vedermi”.
L’uomo è un pensionato dell’Air France Italia e vive a Roma, quartiere Montesacro: “Ricordava perfettamente che nel gennaio del 1991 i carabinieri di Velletri erano andati alla sede romana dell’Air France per fare accertamenti. Lui aveva chiamato la sede centrale a Parigi per trasmettere il nome da verificare e da Parigi gli avevano risposto che sì, Davide Cervia risultava presente su un volo effettuato il 15 gennaio da Parigi a Il Cairo, che nel 1991 era l’unica porta d’accesso per il teatro infuocato dalla guerra del Golfo”. Due giorni dopo scatta l’operazione Desert storm e gli Stati Uniti invadono l’Iraq.
Ma c’è di più: il biglietto con cui viaggia Cervia fa parte di un pacchetto di due biglietti acquistati dall’agenzia Les invalides, nella cui orbita c’è anche un ospedale per militari, su mandato del Ministero degli Affari esteri francese. Su chi fosse il compagno di viaggio di Cervia, il mistero. “Cercai il direttore dell’Air France per l’Italia dell’epoca, lo trovai a Parigi e lui mi confermò che era tutto vero, ma che poi passò la pratica ai servizi di sicurezza francesi, perché aveva sentito parlare di Davide Cervia in televisione e si era preoccupato”.
I servizi francesi prendono in carico la cosa. Nulla stupisce in questa storia. Cicinelli denuncia tutto alla questura di Roma e scattano i controlli della criminalpol presso la sede romana dell’Air France. Morale della favola: il fascicolo su Cervia evapora. Al suo posto, un fascicolo dove si parla di una mademoiselle Cervia, imbarcata su una tratta differente, in una data differente.
Ormai, nonostante le pressioni ricevute, quello di Davide Cervia appare incontrovertibilmente per quello che è: non solo un rapimento, ma una intricatissima storia di spionaggio internazionale che – al consueto traffico di armi – aggiunge anche il traffico di uomini. E ricordiamo i dettagli: una sessantina di esperti per il funzionamento del sistema Teseo Otomat; 64 Paesi a cui il sistema è stato venduto al 1990. Andato in congedo Davide Cervia, qualcuno è probabilmente rimasto con il cerino in mano e con un giocattolo tanto costoso quanto inutile senza un istruttore.
Capitolo 5 – L’ombra dei servizi segreti italiani
“Sono convinto che Davide sia stato rapito da uomini dei servizi fuori servizio. Un rapimento su commissione di uno dei paesi a cui il sistema era stato venduto”.
E i servizi italiani, in questa vicenda? “Il Sisde disse che Davide era solo un semplice marinaio. Il Sismi fu più sottile, disse che sì, Davide era un esperto e che si trovava in Iraq. Se ci fosse andato di sua sponte, non lo specificarono mai”. Per anni si è cercato di sminuire la portata di questa vicenda anche passando attraverso una manipolazione della figura professionale di Davide: “Per un periodo circolarono quattro fogli matricolari diversi. In uno Cervia non risultava nemmeno sposato. Per ottenere quello vero, dove si parlava delle sue specializzazioni, io e Marisa dovemmo letteralmente occupare una sala del ministero della Difesa. Alla fine intervenne Falco Accame e, almeno su quel fronte, la verità venne pienamente a galla”.
Nel 1998, grazie all’avvocato Nino Marazzita, il fascicolo su Cervia viene avocato dalla Procura generale di Roma per inerzia della procura originaria e l’indagine passa nelle mani del magistrato Luciano Infelisi, che nel 2001 chiede l’archiviazione, ma segnando un punto fondamentale: “È un’archiviazione importante, perché viene affermato che Cervia è stato rapito a opera di un paese straniero, non più identificabile a causa del troppo tempo passato, a causa della sua competenza in guerra elettronica. Per la prima volta viene messo nero su bianco in una sentenza di tribunale che Cervia è stato rapito, che si tratta di un’operazione di spionaggio internazionale”. E i carabinieri di Velletri di questo ne erano a conoscenza già il 15 settembre 1990, tre giorni dopo il rapimento, quando un uomo del Sios Marina, l’apparato d’intelligence presente in ogni forza armata, si era presentato in caserma. Un dettaglio emerso durante uno dei processi sostenuti da Cicinelli, che fu denunciato dai carabinieri di Velletri per diffamazione a mezzo stampa. E che venne assolto.
Epilogo – Vittoria (simbolica)
Il colpo di coda di questa storia c’è nel 2021, ma dobbiamo fare un passo indietro di tre anni. Nel 2018, infatti, il Tribunale Civile condanna il ministero di Grazia e Giustizia e il ministero della Difesa per aver ostacolato il raggiungimento della verità nel caso Cervia. Una sentenza importante. Nel giugno di quell’anno scadono i termini per l’Appello, ma l’allora ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, decide di mettere la parola fine. Nonostante molte pressioni. Il tribunale – in accordo con la famiglia Cervia – stabilisce un risarcimento simbolico di un euro. Marisa ha vinto. Se di vittoria si può parlare.
“Ma succede qualcosa di strano. La presa di posizione della Trenta fa storcere il naso a qualcuno. E nel 2021 assistiamo e veniamo sfiorati da una guerra tra bande tutta interna alle istituzioni e agli apparati d’intelligence. Qualcosa di simile a quanto avvenuto con il ritrovamento della macchina”.
In corrispondenza alla pubblicazione della sentenza civile che condanna il ministero della Difesa (avvenuta il 23 gennaio 2018), la sorella di Davide viene convocata dai carabinieri di Sanremo che le chiedono il consenso per il prelievo del Dna. Lei acconsente.
Tre anni dopo, nel maggio 2021, un magistrato attribuisce a un cadavere ritrovato nel lago Maggiore una comparazione altissima con la sorella di Davide. Il cadavere in questione, ripescato nel 2013, ha un foro di proiettile nella nuca ed è alto circa 1 metro e 68. Davide era alto 1 metro e 82 “e, cosa più importante, la comparazione del Dna funziona tra genitori e figli, non tra fratello e sorella”.
Nel giro di poche ore la squadra si rimette in moto: Marisa, sua figlia e suo figlio e Gianluca Cicinelli formano una squadra di tecnici, tra cui un esperto di Dna e tracce ematiche: “Poche ore dopo aver comunicato alla procura la nomina di questa squadra, il pm blocca tutto: quel cadavere non è di Davide Cervia”.
Arrivati alla fine di questa storia incredibile, abbiamo fatto a Gianluca Cicinelli la domanda più difficile: Davide Cervia è vivo o morto? “Fino a poco tempo fa non rispondevo a questa domanda, ma sono passati 32 anni. Io credo che Davide sia morto e che ciò sia avvenuto poco dopo il suo rapimento”.
Secondo il giornalista che per oltre trent’anni ha seguito la vicenda in ogni suo risvolto e che, ce lo sottolinea più di una volta, si muove nel campo delle deduzioni, Davide potrebbe essere finito in Arabia Saudita, Paese che aveva acquistato il Teseo Otomat e che, sceso a patti con “il grande Satana”, durante la guerra del Golfo aveva concesso agli Stati Uniti una base d’appoggio “Secondo le mie valutazioni è il posto più probabile. Si presta alla segretezza e subisce dei bombardamenti. Saddam spara i suoi missili, anche se con scarso esito. Ed è mia convinzione, molto indiziaria, che Davide sia morto nei primi mesi della Prima guerra del Golfo. Dopotutto, ritengo sia complesso nascondere qualcuno per oltre 30 anni”.