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Storia, non storie

Cronache dalla Terra dei Morti.
L’Italia è finita in un cul de sac

Nel 1825 il poeta francese Alphonse de Lamartine approdava a Firenze come ambasciatore e, deluso del quadro che presentava l’Italia, scrisse la famosa poesia L’ultimo canto del pellegrinaggio di Aroldo, nella quale il protagonista abbandonava l’Italia, a suo parere passiva e inetta di fronte alle occupazioni straniere, definendola “terra abitata da morti”.

Le reazioni dei patrioti italiani furono molte e sdegnate. In particolare Gabriele Pepe, esule della rivoluzione napoletana e delle imprese napoleoniche, sfidò a duello Lamartine, ferendolo al braccio.

Nel 1841 Giuseppe Giusti pubblicò una lirica satirica in risposta al francese intitolata proprio La terra dei morti, in cui scriveva tra l’altro: “O voi, genti piovute/ di là dai vivi, dite,/ con che faccia venite/tra i morti per salute?/ Sentite, o prima o poi/ quest’aria vi fa male;/ Quest’aria anco per voi/ è un’aria sepolcrale”.  Un chiaro invito agli stranieri a star fuori dal nostro Paese e dai suoi problemi.

Questa lirica mi è tornata alla mente leggendo il consueto bollettino del covid del 3 dicembre 2020, in cui si annunciava il decesso nel giorno precedente di 993 italiani, per un totale di quasi 60.000 dall’inizio della pandemia. Un record assoluto in Europa, ma anche nel mondo, che ci pone secondi solo agli Stati Uniti, con una popolazione sei volte la nostra.

Lamartine parlava dell’Italia come terra dei morti in senso politico e intellettuale e suscitò scandalo. Oggi la situazione è peggiore perché a quel tipo di morte si aggiunge quella fisica nel silenzio generale. Ieri, mentre si annunciavano i mille morti, veniva anche detto dal governo che tutto era stato fatto nel modo migliore per combattere la pandemia e si anticipavano nuove norme restrittive sempre più contradditorie e cervellotiche. Poi, il 4 dicembre, il Censis dirama un sondaggio (non verificabile) secondo il quale l’80% degli italiani sarebbe favorevole alle restrizioni decretate, sintetizzando l’opinione prevalente con la formula “meglio sudditi che morti”.  Il mio timore è che saremo sempre più sudditi senza per questo essere più tutelati dalla morte per virus e senza che un poeta con la vena del Giusti tramandi a posteri il cul de sac in cui siamo finiti.

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