da CulturaIdentità del 12 ottobre 2023
“Sono qui per testimoniare la mia vicinanza e quella del governo italiano alla comunità italo-americana nel giorno in cui celebra Cristoforo Colombo”, ha dichiarato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano a New York per le celebrazioni del Columbus Day, lo scorso 8 ottobre. “Desidero anche esprimere il mio sostegno agli italo-americani nella difesa della memoria di Cristoforo Colombo – ha aggiunto –. Il grande esploratore genovese è stato un genio che ha cambiato la storia dell’umanità. Coloro che ne vogliono cancellare o profanare il ricordo in nome della cancel culture non solo offendono loro, ma negano la stessa storia e il valore dell’identità della nostra cultura”.
La guerra alla storia inizia da Colombo
Già, perché la guerra alla storia è cominciata proprio con Cristoforo Colombo, trent’anni fa, quando nel cinquecentenario della scoperta dell’America iniziò la brutta moda di imbrattare le sue statue, accusandolo speciosamente di “colonialismo”, “schiavismo”, “genocidio” e praticamente un po’ di tutti i problemi sociali degli Stati Uniti d’oggi. Una pessima abitudine che ha covato sotto la cenere fino a esplodere a metà dello scorso decennio per mano dell’ideologia woke prima contro i sudisti, poi di nuovo contro Colombo e tutti gli altri simboli della colonizzazione europea (perfino un santo come Junipero Serra, evangelizzatore e protettore degli indiani d’America, non è stato lasciato in pace). Infine l’incendio s’è propagato anche ai Padri della Patria americani. Perché, si sa, quando parti a censurare, a fare processi politici e cacce alle streghe, sai dove cominci ma non dove finisci…
Un eroe visionario. E italiano
Ma l’attacco a Cristoforo Colombo è davvero una vigliaccata contro un gigante della storia. Colombo è uno di quei personaggi che Machiavelli avrebbe stimato: una unione di coraggio e fortuna. Fortuna sfacciata: il Navigatore aveva infatti calcolato male la circonferenza della Terra, e senza sbattere in faccia ai Caraibi sarebbe morto in mezzo all’Oceano Mare come lo avevano avvisato i Saggi di Salamanca, che invece sapevano bene che da Cadice alle coste orientali dell’Asia c’erano almeno 20.000 km, non i cinquemila immaginati da Colombo… L’Ammiraglio ovviamente non fu colui che “dimostrò che la Terra era sferica”, ma il suo merito storico sta proprio nell’aver lanciato il cuore oltre l’ostacolo, la prudenza di chi gli diceva “l’Asia è troppo lontana”. Egli desiderava ardentemente aprire all’Europa cristiana una nuova via per l’Oriente (“buscar el levante por el ponente”), scavalcando il nuovo, potentissimo impero dei turchi ottomani che sbarrava la strada ai mercanti europei. Inoltre, con i proventi di questi nuovi commerci – commerci che Colombo sognava lucrosissimi, specie col Giappone, il “Cipango dai tetti d’oro” – si sarebbe potuto finanziare una nuova Crociata per liberare Costantinopoli e i Luoghi Sacri. La storia poi prese tutt’altro corso, di crociate non se ne fecero più e lo scontro fra Europa cristiana e Impero Ottomano si ridusse di importanza strategica, man mano che le dimensioni del Nuovo Mondo scoperto per caso da Colombo divenivano più chiare.
Nuovo Mondo che – peraltro – fu identificato come tale da un altro italiano: Amerigo Vespucci, primo a capire che le sponde scoperte dal Genovese non erano l’Asia orientale, ma per l’appunto un nuovo continente. È per questo che Waldseemüller, nella celeberrima Universalis Cosmographia del 1507 (oggi conservata significativamente alla Biblioteca del Congresso USA) chiama il Nuovo Mondo “America” ma ne attribuisce la scoperta a Colombo, genuensem almirantem. Così peraltro, tagliando la testa al toro di tutte le speculazioni sulla sua terra d’origine.
Ma Colombo non era comunque un nome di Serie B. Quando i minutemen di Giorgio Washington strapparono al Re d’Inghilterra l’indipendenza delle Tredici Colonie, nel 1783, qualcuno propose di chiamare la nuova nazione Columbia. La proposta non venne presa molto sul serio, tuttavia a partire dal 1786, con la fondazione della nuova capitale della Carolina del Sud, 19 altre città americane furono battezzate “Columbia” e cinque anni dopo il nome “Distretto della Columbia” fu assegnato al territorio su cui sarebbe sorta la futura capitale delle Tredici Colonie, oggi Washington. Nel 1810 fu il turno delle colonie spagnole ribelli contro Madrid a prendere il nome di Repubblica della Grande Colombia, nome oggi rimasto alla regione centrale di quell’effimero Stato, con capitale Bogotà. Negli USA, intanto, la Columbia diveniva la personificazione allegorica della nuova repubblica (e del suo Destino Manifesto): una bella, prosperosa e determinata donna in armi. A differenza della cugina Britannia e similmente alla francese Marianna, Columbia indossava il berretto frigio dei repubblicani.
Università, enti, biblioteche, navi (marine e spaziali) sono state battezzate “Columbia”. Columbus, a sua volta dà il nome a oltre una ventina di città, fra cui la capitale dell’Ohio, un modulo spaziale della SSI e quattro navi della marina USA, ultima delle quali un sottomarino nucleare. Eppure, il grande navigatore non se la passa bene nella terra che stava per prendere il suo nome. Speciosamente contestato per aver dato il via alla colonizzazione europea del Nuovo Mondo, quello che una volta era il simbolo del progresso, dell’intraprendenza, della lungimiranza e degli italiani emigrati oltreoceano, oggi è insultato e vilipeso. I suoi monumenti vengono vandalizzati dalle isteriche folle wokeiste del BLM, antifa e dei portatori d’acqua d’ultrasinistra, i social justice warriors, mentre le amministrazioni locali non fanno altro che rimuoverli uno dopo l’altro perché “divisive”.
Providence lo rimuove, gli italoamericani lo rialzano
L’ultimo caso, cronologicamente, in Rhode Island. La capitale del piccolo Stato, città famosa per aver dato i natali a H. P. Lovecraft, ha fatto rimuovere tre anni fa la statua di Cristoforo Colombo, fusa nel 1893 da Frédéric Auguste Bartholdi, con la scusa che il bronzo aveva subito diversi vandalismi. Giusto per capire quanto pretestuosa sia stata questa giustificazione, basti pensare che una consigliera comunale – tal Katherine Kervin – di professione avvocato, aveva difeso gli atti vandalici pubblicamente. Alla fine, nonostante le proteste della comunità italoamericana, la statua venne sbullonata e chiusa in un magazzino. Dal quale ne è uscita ora, rilevata dal sindaco dell’attigua cittadina di Johnston, dal chiaro cognome italoamericano, Joe Paolino. Ora – e di nuovo non senza polemiche – la statua si erge nella sua nuova sede, celebrata da una vera e propria sagra paesana che salda le usanze italiane a quelle d’oltreoceano. Ad ogni buon conto, il nuovo sindaco di Johnston, Joseph Polisena, ha pensato bene di far sorvegliare la statua da un sistema di telecamere, perché anche se la cittadina è una di quelle col più alto numero di italoamericani in tutto il Paese, la madre dei cretini è sempre incinta.