Anna Franchin da Internazionale del 10 maggio 2022
Nel 2021 Nicholas Mulder, che insegna storia alla Cornell university di Ithaca, negli Stati Uniti, ha chiesto ai suoi follower su Twitter di aiutarlo a capire un certo tipo di studenti che frequentavano le sue lezioni: gli appassionati di Europa universalis IV. Lui aveva scoperto l’esistenza di questo videogioco solo da poco, ma sapeva che aveva un peso sull’aumento degli iscritti al suo corso dedicato all’Europa moderna. Aveva un peso anche sulla loro comprensione della storia?
La serie Europa universalis (composta da quattro videogiochi più alcune estensioni) tiene incollati allo schermo milioni di persone in tutto il mondo. Un giocatore medio ci passa centinaia di ore, alcuni arrivano a migliaia di ore. Dietro questo successo c’è la Paradox Interactive, uno studio svedese che sviluppa videogiochi di strategia in tempo reale (cioè senza interruzioni) tra i più popolari in circolazione.
Ogni gioco della Paradox, spiega Luca Ivan Jukić sulla rivista statunitense Atlantic, ha i suoi sistemi e le sue meccaniche (procedure di gioco) per raccontare e “insegnare” una particolare epoca. Europa universalis simula l’ascesa del continente dall’epoca delle grandi scoperte, a metà del quattrocento, alle guerre napoleoniche. Non importa quale sia il percorso fatto dai singoli giocatori: il risultato di solito è il consolidamento di grandi stati centralizzati e la loro conquista del mondo.
La meccanica del gioco si fonda su “istituzioni”, come la stampa e l’illuminismo, che appaiono in un ordine prestabilito ogni cinquant’anni e poi si diffondono a livello globale. Nei secoli queste istituzioni, con le tecnologie che ispirano, danno ai paesi europei un vantaggio sugli altri. Se volete giocare nei panni di un non europeo e avere comunque successo, continua il giornalista, “dovete essere disposti a uccidere, dominare e colonizzare, in altre parole a fare come gli europei”. L’obiettivo di ogni stato è avere più potere possibile. Gli stati, non le persone, le idee o le società, sono i motori della storia. “Se immaginate Europa universalis come un’enciclopedia interattiva, si tratta di un’enciclopedia che trasmette una voglia insaziabile di cancellare metà del suo contenuto”.
Nelle prime versioni della serie c’erano mancanze gravi. Poi l’azienda ha cercato di dare più complessità e sfumature, per esempio ha corretto errori storici e ha lavorato di più sulle parti non europee del mondo. Spesso, naturalmente, l’accuratezza totale è impossibile: stiamo parlando comunque di un gioco.
Immersione
Ora torniamo al 2021 e al tweet di Mulder. Tra chi ha letto quel messaggio c’era un altro professore di storia, Bret Devereaux, che gioca spesso a Europa universalis. Deveraux ha ragionato sulle parole del suo collega e ha affrontato il problema in un post in quattro parti sul suo blog. “Gli accademici”, ha scritto Deveraux, non possono non affrontare il fatto che c’è un nuovo genere di studenti “per cui prodotti come quelli della Paradox sono la lingua madre della storia, mentre la storia reale è solo una seconda lingua”. Visto il loro effetto dirompente, questi videogiochi dovrebbero attirare lo stesso livello di analisi critica di film e prodotti televisivi che parlano del passato. Ma spesso non succede.
Analizzare il ruolo dei videogiochi nell’apprendimento della storia è difficile, sia perché un professore può anche non accorgersi che il bagaglio di conoscenze di un suo studente è influenzato da un gruppo di sviluppatori svedesi più che dalle sue lezioni, sia perché non è detto che i giocatori siano consapevoli delle regole attraverso cui il gioco costruisce la sua rappresentazione della storia.
Ma Devereaux, pur non risparmiando le critiche, pensa che gli storici dovrebbero essere felici della popolarità di titoli come quelli della Paradox, perché “portano le persone a concentrare lo sguardo su certi processi del passato, cioè proprio dove noi, come studiosi della materia, vorremmo che tutti guardassero”.
Marion Kruse, che insegna storia e cultura antica all’università di Cincinnati ed è un appassionato gamer, aggiunge un altro particolare. Questi strumenti sono il contrario dell’apatia: offrono agli studenti un modo sì controverso, ma anche eccitante di immergersi in tempi e luoghi lontani da loro. È più di quanto si possa dire della maggior parte dei libri di testo usati alle superiori, sostiene Kruse.