Da più parti si cambiano le carte in tavola. Il “Corsera”, con un pezzo in prima pagina di Aldo Grasso, bravo critico televisivo che solitamente si occupa di programmi come “Uomini e donne”, “Il Grande Fratello”, “La Prova del cuoco”, “Forum” ecc. ci spiega che hanno torto i politici e i docenti che sostengono che la pensione è stata introdotta in Italia con la politica sociale del Fascismo. Sostiene che l’Istituto di previdenza già esisteva e ricorda che nel sito ufficiale è scritto che l’Istituto nacque nel 1898. Infatti, c’è scritto “L’inps nasce oltre cento anni fa”: è una bufala perché l’Inps (originariamente definita Infps, cioè Istituto nazionale fascista previdenza sociale) fu fondata nel 1933, insieme con l’Inail. E’ necessario ribadirlo per amore della verità e della storia.
di Manlio Triggiani da Il Barbadillo del 4 novembre 2018
Ma andiamo per gradi. Nel 1898 il governo liberalmonarchico fondò la Cassa nazionale di previdenza per l ‘invalidità e la vecchiaia degli operai, che non era un Istituto di previdenza ma un’assicurazione volontaria integrata da un piccolo contributo dello Stato e da un contributo libero, volontario, degli imprenditori. Un impianto giuridico che non garantiva a tutti i lavoratori lo stesso trattamento. Infatti molte categorie di lavoratori non erano comprese. Quindi, non esisteva un Istituto per tutti, con regole certe e contributi fissi da parte degli imprenditori. Era un’innovazione rispetto alle casse mutue e alle assicurazioni, che piccole e a migliaia pullulavano in Italia La legge del 17 marzo del 1898 prevedeva l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro degli operai dell’industria ma solo per questi e con un contributo volontario degli imprenditori. La legge 350 del 17 luglio 1898 dette vita al Cnas (la cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e la invalidità, spacciata per Inps) che però non era obbligatoria e alla quale volontariamente e liberamente potevano iscriversi i lavoratori che svolgevano lavori manuali o prestazioni a opera o a giornate. Col Fascismo nacque un approccio nuovo e moderno alla previdenza sociale, soprattutto completo e coordinato, mentre fino ad allora la sicurezza dei lavoratori era offerta (se così si può dire) solo dalla solidarietà della famiglia e dalle ottocentesche società di mutuo soccorso. Il welfare state avanzato nacque in Italia con il Fascismo: i regi decreti e le leggi varati durante il periodo liberale furono cassati e fu avviata una ristrutturazione completa. Era – finalmente – lo Stato, in maniera centralizzata, a occuparsi di previdenza sociale e non le assicurazioni private. Le associazioni professionali e le Corporazioni garantirono questa tutela in maniera estesa grazie soprattutto all’istituzione dell’Infps valida per tutti i lavoratori. Già nel 1923 il Fascismo riordinò i fondi per la disoccupazione. Con l’Infps, il regime si occupò non solo della pensione ma anche di problemi legati all’invalidità, alla disoccupazione, alla malattia e alla maternità. Non si occupò solo di pensioni: era una politica sociale integrale e all’avanguardia in Europa, estesa a tutti i lavoratori che previde (nel 1939) la pensione per i lavoratori a 60 anni e per le lavoratrici a 55.