Commissione Orlandi-Gregori, Pelizzaro: “Ecco perché mi sono dimesso da consulente”

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Riceviamo da Gian Paolo Pelizzaro, amico e collaboratore di “Storia In Rete”, questa lettera che riteniamo opportuno pubblicare anche perché ci consente di offrire una riflessione generale che è anche storica. E non solo perché ormai il “Caso Orlandi” ha ormai più di quarant’anni. Quello che emerge prepotentemente dalla vicenda che Pelizzaro racconta è l’annoso problema delle fonti e della loro effettiva attendibilità, Una questione che affronta chiunque sia chiamato a riflettere sul passato, recente o remoto che sia. E che pone a tutti evidenti problemi di metodo ma anche di coscienza.

di Gian Paolo Pellizzaro per “Storia In Rete.com” del 24 maggio 2025

Qualcuno dall’interno della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, una “talpa”, ha fatto trapelare all’esterno indiscrezioni scorrette sulle mie dimissioni e questo mi obbliga a qualche chiarimento. Una fuga di “notizie” singolare, vediamo perché.

A partire da settembre 2024, su richiesta della Commissione, ho coordinato un gruppo di lavoro di consulenti sul caso di Marco Accetti. Dovevamo fornire un parere motivato sulla necessità di ascoltare questa persona. I quesiti di base erano: le sue versioni dei fatti erano attendibili e cos’altro avrebbe potuto riferire Accetti, rispetto a quanto negli anni aveva già raccontato in tutte le sedi, nella sua smania di auto colpevolezza?

Al termine dell’esegesi sulle tante versioni rese da Accetti alla Procura di Roma (tra il 2013 e il 2015), ho illustrato davanti all’Ufficio di Presidenza le conclusioni del lavoro svolto, depositando contestualmente una relazione di 22 pagine firmata da tutti i componenti del pool, me compreso. Ad integrazione, con delle conclusioni ancora più stringenti, ho depositato una seconda relazione, solo a mia firma, in cui suggerivo, nel caso la Commissione decidesse di convocare questa persona, di procedere con grande cautela e rigore, formulando una serie di domande preliminari (come test di affidabilità) per verificare l’attendibilità non tanto del personaggio, quanto delle sue versioni dei fatti, proprio partendo da quello che lui stesso aveva dichiarato ai magistrati.

Il metodo suggerito era particolarmente severo e rigoroso, basato su una imprescindibile conoscenza dei fatti, proprio per evitare di lasciarsi “sedurre” dai racconti di Accetti che – con il tempo e le progressive acquisizioni informative – si erano evoluti e raffinati. Le raccomandazioni esposte erano un’accorata esortazione onde evitare che l’inchiesta parlamentare potesse subire deviazioni sulla base di mere speculazioni, fake news e narrazioni inquinate.

Tutto questo accadeva a metà gennaio 2025. In quel periodo, nonostante fosse chiaro che c’era qualcosa di anomalo che si agitava in Commissione, l’idea delle dimissioni era ancora remota. Invero, nel marasma di tante sue dichiarazioni, Accetti non ha mai fornito un riscontro obiettivo e definitivo di ciò che diceva di aver fatto all’epoca. E quando gli è stato chiesto, ha sempre, deviato il discorso su altro.

Alla “talpa” quel metodo e quella severità dovettero suonare sgradite perché, pochi giorni dopo l’illustrazione dei risultati del gruppo di lavoro in Commissione, già appariva la prima velenosa fuga di notizie sul caso Accetti.

Per me il lavoro era concluso e la palla (e cioè la decisione su cosa fare) passava a quel punto all’organo politico. A me come consulente avevano chiesto un parere tecnico, motivato, ma non vincolante. Ai commissari spettava e spetta, ovviamente, la parola finale. Di fronte ad un orientamento generale che aveva il sapore di una decisione già presa, e cioè quella di audire Accetti, mi ero permesso di ammonire tutti sul rischio che il soggetto, avendo in passato “intortato” anche magistrati di grande esperienza, avrebbe ancor più agevolmente imbonito i componenti della Commissione, essendo questi non particolarmente attrezzati o competenti sulla materia così come lo è il nostro personaggio. L’audizione di Accetti – dissi – avrebbe permesso a questa persona di ripetere le sue narrazioni, ingolfando gli atti parlamentari parlamentari con storie senza fondamento.

Ingenuamente, avevo cercato di attirare l’attenzione sulla necessità di adottare un metodo serio e rigoroso per affrontare questo capitolo della vicenda, proprio per evitare che personaggi come Accetti o lo stesso Ağca potessero scaricare sulla commissione le loro versioni intossicanti.

A quel punto, la “talpa” – chiunque essa sia, violando leggi, norme e regolamenti – forte della decisione a favore dell’audizione di Accetti, ha reiterato le sue fughe di notizie. Tutte in direzione del collega che da anni segue personalmente Accetti. Determinando così un corto circuito catastrofico tra Commissione e Accetti stesso, mettendo questa persona al corrente di ciò che la Commissione stava facendo e cosa avrebbe deciso di fare, dandogli così un ulteriore vantaggio. In vista dell’audizione, serviva una compartimentazione totale, invece è stata aperta una “falla”.

Davanti a quella “falla” in Commissione capii che l’inchiesta parlamentare era compromessa, dall’interno. La deriva era chiara. In un simile scenario, la Commissione può chiamare in audizione anche il Mago Otelma (con tutto il rispetto per il simpatico Marco Amleto Belelli). Poi, però, dovrà fare i conti con il giudizio dei familiari delle due ragazze scomparse e della stessa opinione pubblica.

A questo punto è possibile fare alcune considerazioni:

  1. Su Accetti la Commissione si gioca la propria reputazione.
  2. All’interno della bicamerale c’è una misteriosa “talpa” che ha iniziato a muoversi proprio quando è stato “smascherato” Accetti e la sua narrazione. Questo è accaduto al volgere del lavoro del gruppo Accetti (gennaio 2025). Il risultato di quel lavoro è riportato in ben due relazioni: una con data 10 gennaio 2025 (a firma di tutto il gruppo, me compreso) e una seconda con data 13 gennaio 2025 (solo a mia firma). Ambedue illustrate all’Ufficio di Presidenza della Commissione.
  3. Le versioni rese da Accetti negli anni sono state, parola per parola, passate al setaccio, analizzate e verificate. L’esito di questa analisi è stato limpido: il personaggio, dotato di una certa fantasia, ha raccolto a destra e a manca, nel tempo, informazioni e notizie da fonti aperte (come libri, articoli, atti giudiziari a lui disponibili, post, messaggi e così via) e su queste ha costruito le sue “storie” che – man mano – si arricchivano di nuovi dettagli, che nel frattempo aveva raccolto, nella sua smania di auto colpevolezza. Una grande opera di “rimasticatura eschimese” che ha sedotto molti, anche fra gli inquirenti.
  4. Fra le “prove” del suo tanto anelato coinvolgimento nelle scomparse delle due minori sono state pubblicizzate alcune consulenze di parte (spacciate per perizie foniche) sulla presunta compatibilità della voce del cosiddetto “americano” con quella dello stesso Accetti, il quale si è cimentato a fare l’Alighiero Noschese del caso Orlandi. Su questo, i legali di Accetti hanno interpellato anche un esperto di informatica, tale Marco Arcuri da Agrigento, il quale (disponendo non si sa bene a che titolo di oltre 13mila pagine di atti giudiziari) asserisce di aver trovato conferme attraverso l’AI.
  5. Non entro nel merito della materia per non dare a questa persona ulteriori motivi di vantaggio per alimentare i suoi racconti. Si può dire, però, che la figura di Accetti appare come una specie di versione deviata di Emilio Salgari (con tutto il rispetto per il grande romanziere veronese) il quale, senza mai muoversi dalla sua disadorna stanzetta nel suo appartamento di corso Casale a Torino, come “viaggiatore virtuale” si è inventato viaggi esotici e avventure fantastiche in giro per il mondo, popolate di Tigri di Mompracem, Sandokan, Yanez e corsari vari. Accetti va interpretato così, come un grande imbonitore, capace di imbastire storie fantastiche, ai limiti del verosimile, ricche di personaggi, fatti, aneddoti e circostanze. Tutte inventate.
  6. Le mie dimissioni sono state comunicate il 5 maggio e motivate in pari data con una lettera al Presidente. Il mio incarico è cessato formalmente il 9 maggio 2025.
  7. È agevole comprendere come tra l’esito dei lavori sul gruppo Accetti (metà gennaio 2025) e l’entrata in vigore delle mie dimissioni (9 maggio 2025) siano trascorsi cinque mesi. Il motivo che mi ha spinto ad uscire dalla Commissione è ben più ampio rispetto al singolo caso Accetti. Quindi la “talpa” che ha propalato la notizia delle mie dimissioni, collegandole in modo strumentale alla asserita mia messa in minoranza sul caso Accetti, ha fabbricato una versione dei fatti ad hoc con l’obiettivo di creare un problema politico al Presidente Andrea De Priamo.

Quando si è verificato un altro episodio, l’ennesimo, altrettanto grave e inquietante, il vaso è traboccato. La misura era colma. Le mie perplessità si sono trasformate in certezze. E così ho deciso di uscire, per non lasciare la mia firma sotto questa inchiesta parlamentare.

Non mi sono dimesso perché «messo in minoranza sul caso Accetti», come ha fatto sapere la “talpa”. Le ragioni delle mie dimissioni sono ben altre e sulle quali, se necessario, darò spiegazione dopo che la Commissione avrà terminato i propri lavori, con il deposito delle relazioni finali, alla fine dell’attuale Legislatura.

Il caso Accetti mi è servito, tuttavia, per capire che c’erano interferenze per trasformare la Commissione in una sorta di fabbrica delle illazioni, aprendo il microfono a chi la spara più grossa. Senza mai fornire i dovuti riscontri non opinabili. Non volendomi prestare a questo gioco al massacro della verità, sono uscito. Peraltro, la solita “talpa” ha favorito ulteriori fughe di notizie sempre sul caso Accetti (chissà perché è così interessata a questo tema…).

Beninteso: se Marco Accetti, quando sarà ascoltato dalla Commissione, fornirà prove inoppugnabili, incontrovertibili e inedite sul suo reale coinvolgimento nelle scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, chiederò scusa. Fino a quel momento, però, in assenza di un qualsiasi riscontro definitivo, resto fermo sulle mie convinzioni e decisioni.

Auguro al senatore Andrea De Priamo di governare la barca della Commissione con polso fermo, attraverso mari tempestosi, evitando derive sempre più pericolose, mantenendo lo sguardo sull’orizzonte della verità.

Saranno gli studiosi e gli storici del futuro, esaminando e studiando le carte della Commissione (a partire dagli stenografici delle sedute), a giudicare se l’inchiesta parlamentare, e quindi la ricerca della verità, venne svolta con il giusto metodo. Oppure venne inquinata.

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