di Matteo Collura – da Il Messaggero del 23 febbraio 2022
Di Camillo Benso, conte di Cavour, fin dai tempi di scuola ne abbiamo un ricordo obbligato, quello di un uomo che posa accigliato davanti ai suoi ritrattisti, impaziente di tornare al tavolo di lavoro, dove lo aspettano importanti documenti da firmare e lettere da inviare in giro per l’Europa. Gli occhialini da miope ad accentuare il suo aspetto di ammirato statista. Insomma, uno dei nostri laici santi protettori, Cavour, forse il più autorevole, e soprattutto colui il quale politicamente seppe creare l’Unità d’Italia. Un ritratto non bugiardo, questo, ma che appartiene a una fase della sua breve vita, quella che lo vide impegnato negli ideali del Risorgimento.
Nulla a che vedere, questa fase, con la precedente, quella in cui lo si scopre un bel giovanotto (lo dimostrano i ritratti che riguardano quella sua stagione), dedito agli amori al tempo suo più pericolosi, quelli vissuti con donne sposate, e giovane imprenditore capace di far fruttare proprietà terriere che sembravano condannate a vivacchiare tra gli stenti.
Un piemontese dal carattere forte e dalle idee innovative, Camillo Benso, conte di Cavour, specialmente nel campo imprenditoriale, dove seppe trasformare terre tenute scarsamente produttive dall’antica prudenza contadina, in moderne e prosperose aziende agricole. Del resto, ancora oggi, basta fare un giro nelle Langhe, dalle parti del castello di Grinzane, per rendersene conto.
Così come anche dalle parti di Vercelli, nelle proprietà che furono della sua famiglia. Ma si diceva degli amori del giovane Camillo Benso, e si stenta a credere che una donna, bella e ricca, e purtroppo ammogliata, finì suicida per amor suo. Si chiamava Anna Giustiniani, detta Nina, questa nobildonna, la quale non ancora trentacinquenne si tolse la vita lanciandosi da una finestra del suo palazzo di Genova, dove abitava con la famiglia. Dobbiamo questo insospettabile ritratto del primo presidente del Consiglio dei ministri del neonato Stato italiano, a un libro appena pubblicato da Franca Porciani per le Edizioni Rubbettino, “Cavour prima di Cavour La giovinezza fra studi, amori e agricoltura”, prefazione di Nerio Nesi, presidente onorario della Fondazione intitolata al grande statista.
L’autrice ha letto tutto quanto c’era da leggere sulla vita di Cavour e ne ha estratto momenti esemplari, ricavandone un racconto agile e di gradevole lettura. Biografi, storici, testimoni, eccoli uno dopo l’altro restituirci brani di un’esistenza che soltanto in quegli anni e in quel secolo in cui visse, Camillo Benso poté esprimere in tutta la sua eccezionalità. «Il racconto della vita di Cavour di questo libro», avverte l’autrice nell’introduzione, «termina dove inizia l’avventura politica del grande statista, vicenda raccontata da tanti autorevoli storici; noi ci siamo dedicati al giovane imprenditore, vitale, curioso e ambizioso, e all’amante libertino».
Libertino e geniale imprenditore, Camillo Benso, conte di Cavour. «E lo fu», annota Franca Porciani, «perché il suo destino era quello del figlio cadetto e come tale nullatenente (le regole dell’epoca imponevano che tutto il patrimonio andasse al primogenito, il fratello Gustavo), un destino che lo avrebbe costretto a diventare il parassita del fratello, ospite in casa propria». Restava così al giovane Camillo Benso, come unica alternativa, la carriera militare, che lui rifiutò. Scrive in proposito Franca Porciani, «per la sua insofferenza nei confronti della monarchia sabauda conservatrice e bigotta cui si ribellava già da ragazzino». Dunque, Cavour rinunciò alla carriera militare quando aveva poco più di vent’ anni. E questo segnò la svolta fondamentale nella sua vita. Egli, annota ancora l’autrice, «aveva molte frecce nel suo arco: grazie ai parenti della madre, ginevrina, aveva respirato fin dall’infanzia un’atmosfera culturale estremamente liberale e stimolante, ben diversa da quella ristretta e provinciale di Torino». Fu così che Cavour divenne Cavour.