Nessuna intenzione di dimettersi da curatore della Storia in piazza di Genova, come pretenderebbe lo storico della Resistenza Antonio Gibelli. In una lunga intervista a La Stampa Franco Cardini torna sulle polemiche infuocate per le sue parole pronunciate a “Otto e mezzo” sui ragazzi di Salò. Che andarono in buona fede ad arruolarsi nel nome della difesa dell’Italia. Parole che richiamano alla memoria il famoso discorso di Luciano Violante alla Camera nel 1996 sulle ragioni dei vinti.
Cardini a Gibelli: legga i miei libri
E allo storico che vorrebbe processarlo manda a dire: “Lascerò volentieri spazio a Gibelli e ai suoi allievi. Sono certo che dimostrerà la bontà delle sue idee. Per ora si limita a dire che non vado bene senza articolare troppo. Lo avverto che ho una bibliografia di titoli di 400 pagine”.
Riconciliare gli italiani per una memoria condivisa
Il punto centrale della difesa delle buone intenzioni dei ragazzi di Salò muove dalla necessità di una riconciliazione tra gli italiani e una memoria condivisa, spiega Cardini. Che non può nascere dal monito alla Resistenza perenne. Di cui manca – spiega lo storico medievalista – un’analisi seria e articolata. “Ricordo i casi aberranti tra i partigiani, la brigata Osoppo, il terrorismo interno. Va bene che in guerra tutto è legittimo. Ma con il senno di poi tanti episodi andrebbero riesaminati”. Insomma sul sangue dei vinti – questo il monito – non si può stendere un velo.
“Anche i repubblichini hanno avuto dei meriti”
Sui ragazzi che scelsero la Repubblica di Salò Cardini spiega il senso delle parole pronunciate dallo studio di Lilli Gruber. “Quei ragazzi, quelle persone, quei soldati sono stati spesso tutt’altro che degli aguzzini, tutt’altro che degli assassini, sono stati combattenti seri, onesti”, aveva detto lo storico fiorentino. Che nell’intervista alla Stampa torna sul tema. “Nella storia non si può mai generalizzare. Anche i repubblichini hanno avuto dei meriti. Magari stavano dalla parte sbagliata, ma volevano difendere la patria. Il 25 luglio Mussolini fu rovesciato da una congiura di palazzo e l’8 Settembre il re scappò”.
In Italia una guerra civile tra minoranze
Da qui bisognerebbe partire per una riconciliazione nazionale. “In Italia – puntualizza Cardini – c’è stata una guerra civile tra minoranze. Un 10% di partigiani, un 5% di repubblichini e l’85% degli italiani alla finestra. La riconciliazione tra chi combatté per liberare il Paese e chi per rispettarne l’onore non può essere così complicata, anche perché li accomunò una volontà di riscatto”. Va bene festeggiare il 25 aprile, dunque, ma a patto che ne vada ampliato il significato “perché la ragione non sta solo da una parte”.
L’antifascismo è un termine ambiguo
Anche l’ossessione di fare dell’antifascismo un totem non lo appassiona, perché è un termine ambiguo che rappresenta esperienze diverse e spesso contraddittorie. “Faccio fatica a pronunciarlo perché se parlo con un comunista vuol dire colpire il fascismo come braccio armato del capitalismo. E se mi rivolgo a un liberale pretende il significato di tutela di tutte le libertà. Compresa quella economica. Insomma gli antifascismi sono in contrasto tra loro”.
Meloni fa bene a ripetere che la destra non ha fantasmi
Nessun caso Meloni. Sul terreno dell’antifascismo, dice Cardini, parte del suo elettorato e della sua classe dirigente è sensibile all’argomento. “Devo dire che i suoi avversari hanno avuto tutto il tempo per sradicare nel Paese qualsiasi simpatia per il fascismo e non lo hanno fatto. La premier deve ripetere quello che ha già detto e cioè che da molto tempo la sua destra si è liberata dai fantasmi”.