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Breve storia delle armi di distrazione di massa

45_minutes_wmdUn’analisi della CIA su cosa andò storto nella valutazione del potenziale bellico iracheno chiude il cerchio delle falsità che hanno condotto all’invasione dell’Iraq. Sono appena 16 pagine, un documento svelto e veloce nel quale la CIA spiega che Saddam non mentiva quando diceva di non possedere più armi di distruzione di massa.

di Mazzetta da Giornalettismo.it dell’8 settembre 2012 Giornalettismo

La Central Intelligence Agency dice che all’origine di tutto ci fu un malinteso.
IL DOCUMENTO – Sono appena 16 pagine, un documento svelto e veloce nel quale la CIA spiega che Saddam non mentiva quando diceva di non possedere più armi di distruzione di massa (WMD) già nel 1995, ma che gli analisti americani valutarono queste asserzioni come menzogne perché mancarono di mettersi nei suoi panni. Un documento che insieme ad altri materiali e al rapporto principale (e alle sue addizioni) sulle WMD di Saddma permette ora di ricostruire la genesi completa della bufala che costituì il casus belli che l’amministrazione Bush impiegò per giustificare un’invenzione che evidentemente si basava su altri motivi, mai resi noti.

GLI ERRORI – Dice il rapporto che: “Data la lunga storia d’inganni da parte dell’Iraq e gli appena modesti cambiamenti nei rapporti verso l’esterno, gli analisti non hanno dedicato abbastanza tempo nell’analizzare la premessa che gli iracheni avessero cambiato atteggiamento e che quello che l’Iraq diceva nel 1995 era per la maggior parte esatto”. E conclude a pagina 16: “Gli analisti hanno teso a concentrarsi su quanto era più importante per noi – la caccia alle WMD – e meno su quello che sarebbe stato più importante da proteggere per una dittatura paranoica. Visto dall’ottica irachena, le loro reputazione, la loro sicurezza, le loro capacità tecnologiche nel complesso e il loro status dovevano essere preservate. Alcuni inganni furono organizzati e scoperti, ma le ragioni di questi inganni furono lette male”.

TUTTE COSE NOTE – In questi passaggi il rapporto si riferisce ad occasionali spacconate del regime e soprattutto al fatto che gli iracheni avessero distrutto quel che rimaneva del loro arsenale “WMD” tanto scrupolosamente da non aver nulla da mostrare agli ispettori ONU e da occultare persino le tracce che ne certificavano l’esistenza passata. Queste azioni furono lette come la dimostrazione dell’intenzione di mantenere segreto quello che in realtà gli americani sapevano benissimo esistere e che anche gli iracheni sapevano che gli americani sapevano. Si trattava infatti per lo più di gas tossici forniti in tempi precedenti da aziende occidentali, delle quali Baghdad negò l’esistenza, nonostante fossero stati impiegati contro le popolazioni curde in tempi nei quali il loro uso non sconsigliava gli americani dal mantenere buoni rapporti con il regime di Saddam, apprezzato come strumento di contenimento della repubblica islamica iraniana.

IL PRETESTO PER LA GUERRA – Fu grazie a queste incomprensioni che la storia delle WMD si mantenne viva fino a quando G.W.Bush e la sua amministrazione non pensarono che fossero il pretesto perfetto per cacciare Saddam. Una cacciata alla quale gli americani avevano rinunciato già nel 1991, quando dopo Desert Storm le truppe americane si fermarono e il paese venne di fatto diviso in tre zone, sulle quali vigeva una rigida no-fly zone che ne fece di fatto uno spazio aereo riservato ai velivoli americani.

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ALI’ IL CHIMICO E ALTRE STORIE – Non potevano però bastare analisi tanto fumose e poco fondate, servirono prove e quelle furono fabbricate, com’è già amerso dal rapportone principale edito tempo addietro dalla stessa CIA. Fu fabbricata la storia secondo la quale alcuni tubi d’alluminio diretti verso l’iraq dovevano servire per costruire WMD (?), furono fabbricate anche le storie relative a laboratori mobili nei quali si sarebbero fabbricati i gas. Una bestialità, perché il cassone di un camion non è esattamente il posto adatto per avviarvi la produzione di sostanze letali, ma poco importò. Fuoriusciti iracheni furono inquadrati dalle televisioni mentre spiegavano che secondo le loro fonti all’interno di camion fotografati dai satelliti ci fossero delle fabbriche mobili di agenti chimici.

L’URANIO DAL NIGER – Fu fabbricata anche la storia della fornitura di yellow cake dal Niger all’Iraq. Altra storia incongruente e inverosimile, perché per passare dallo yellow cake all’uranio per fare le bombe il regime avrebbe avuto bisogno di un gran numero di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio delle quali non c’era traccia e, che anche fossero state nascoste in impianti sotterranei, gli americani potevano individuare agevolmente dai satelliti, come fecero negli anni ’80, quando un inviato di Washington ingiunse al governo di Benhazir Bhutto di mettere fine alle operazioni d’arricchimento che poi daranno vita alle prime bombe atomiche pachistane. Operazioni delle quali la premier pakistana era all’oscuro, ma che non sfuggivano agli strumenti dei satelliti tarati per identificarne le radiazioni.

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PATACCHE SU PATACCHE – Si trattò di marchiane falsificazioni, possibili solo grazie all’acriticità di un sistema dei media che, negli Stati Uniti come altrove, permise persino all’amministrazione Bush di collegare Saddam al 9/11 senza che nessuno ci trovasse molto da ridire, tanto all’alba dell’attacco all’Iraq buona parte degli americani credeva al legame Saddam-9/11. Falsificazioni prodotte dagli alleati di Washington, che diede in outsourcing la creazione di storie del genere, limitandosi poi a farle proprie e a rilanciarle a piacimento anche quando le sapeva false.
LA TORTA ALL’URANIO DI PANORAMA -La storia dell’uranio nigerino fu fabbricata in Italia, da ambienti dei servizi del governo Berlusconi e veicolata attraverso Panorama, testata appartenente a Berlusconi, agli americani: “Ho fatto consegnare il dossier sull’uranio all’ambasciata americana perche’ ero convinto che gli Stati Uniti fossero gli unici in grado di stabilire se si trattasse di documenti attendibili o di una bufala. Il mio obiettivo era soltanto quello di non pubblicare una notizia falsa”. Così ebbe a dichiarare Carlo Rossella, all’epoca direttore del settimanale.

I NOSTRI SERVIZI E I NOSTRI GIORNALISTI – Dossier consegnato alla giornalista Elisabetta Burba da elementi del Sismi, che la stessa poi affermerà essere “fonti affidabili” ammettendo quindi di aver ricevuto e veicolato dalle stesse fonti altre informazioni di dubbia provenienza e consistenza. Solo due settimane dopo l’attacco all’Iraq tale dossier verrà riconosciuto come una patacca dalla CIA, nonostante i servizi francesi, ad esempio, avessero gridato alla bufala fin da subito, visto che lo stesso dossier era stato offerto loro in precedenza proprio dalla stessa “fonte” di Panorama e fosse stato respinto per la patacca che era. Panorama che poi cercò di difendere il suo operato in maniera imbarazzante e che si auto-assolse in poche righe, nelle quali si chiamò fuori da tutto.

LA BUFALA DI BLAIR – In maniera del tutto diversa contribuirono i britannici, con Blair che smaniando per la guerra arrivò prima a far pressione sui servizi inglesi perché trovassero qualcosa di utile e infine a dichiarare che l’Iraq poteva lanciare armi di distruzione di massa appena 45 minuti dopo un allarme. Informazione che Blair tradusse dicendo che solo 45 minuti separavano l’Occidente da una guerra devastante con l’Iraq. Con il senno di poi il M16 dovette ammettere che non si trattava d’informazioni affidabili, ma di sentito dire. Molte delle fonti dei servizi britannici erano considerate inaffidabili dagli stessi servizi, ma non si andò troppo per il sottile quando si trattò di fornire a Blair quello che desiderava tanto. Alla fine, pare che la storia dei 45 minuti fosse emersa dalle confidenze di un tassista, che avrebbe sentito due ufficiali iracheni parlarne durante una corsa.

I MEDIA SCHIERATI – Sembra incredibile, se non fosse che l’attitudine dell’amministrazione Bush era e apparve chiaramente quella di giungere all’attacco all’Iraq a qualsiasi costo, tanto che alla fine non attese nemmeno la risoluzione ONU che doveva legittimarla e attaccò Baghdad lo stesso. Ci furono, è vero, numerose voci di dissenso, ma finirono presto intimidite da un clima parossistico nel quale chiunque remasse contro l’andata in guerra o contestasse l’amministrazione era presto bollato come traditore, quando non un complice dei terroristi. Un fenomeno molto visibile anche in Italia, dove le maggiori testate erano allineate come soldatini al fronte e non avevano nessun ritegno nel proporre le fantasie di penne in malafede come quella di Magdi Allam, deliranti come quella della senescente Oriana Fallaci o direttamente al soldo dei servizi come quella di Renato Farina e altri colleghi. Giova ricordare la violenza verbale con la quale questi patrioti si scagliavano contro i “pacifinti” ai quali la storia darà poi ragione, così come giova ricordare che la scomparsa di alcuni di loro dal novero dei commentatori non ha lasciato il paese orfano di ballisti all’altezza.

LA GUERRA AGLI OPPOSITORI – Non mancarono le intimidazioni, come testimonia il caso di Valerie Plame, un’agente della CIA “bruciata” intenzionalmente dalla Casa Bianca per punire il marito, l’ambasciatore Wilson, che aveva denunciato proprio l’inconsistenza dell’affare dell’uranio nigerino. Per questo venne roconoscito colpevole e condannato Scooter Libby, collaboratore del vicepresidente Dick Cheney, ma la sua condanna a 30 mesi di carcere venne poi cancellata da un “perdono” di Bush, che disse che Libby aveva agito “in maniera equilibrata” e che la sentenza era troppo dura.

LA STORIA E’ COMPLETA – Il documento venuto alla luce in questi giorni, sei anni dopo che il National Security Archive lo aveva richiesto, dimostra quindi che prima di esplodere come casus belli arricchito da qualsiasi voce e fantasia si presentasse alle orecchie della CIA, il caso dlle WMD fu tenuto in vita dalla stessa agenzia a causa di un gravissimo errore di valutazione dei suoi analisti, ma soprattutto dalla volontà statunitense di concentrarsi unicamente sulla questione dell’esistenza delle armi di distruzione di massa, visto che Saddam ormai sconfitto e soggetto a ispezioni dell’ONU e ai continui sorvoli dell’Air Force non poteva in nessun altro modo rappresentare una minaccia credibile per alcuno. Tanto più che nemmeno durante Desert Storm aveva mai mostrato di possedere le terribili armi di distruzione di massa, limitandosi a lanciare verso Israele e l’Arabia Saudita vecchi e imprecisi missili Scud dotati di testate convenzionali, quegli stessi missili che dovevano essere esauriti o troppo vecchi nel 2003, se di quelli le forze irachene non riusciranno a spararne nemmeno uno contro gli invasori. Potrà sembrare strano, ma anche dopo che Bush ha ammesso che quella delle WMD era una bufala come quella del legame Iraq-9/11, ci sono ancora percentuali preoccupanti che credono che Saddam fosse alleato con Bin Laden e che le temibili WMD siano effettivamente state trovate in Iraq, per questo non è privo di senso coltivare la memoria di questa storia, che israeliani ed americani sembrano voler riproporre identica come pretesto per attaccare l’Iran.

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Inserito su www.storiainrete.com il 10 settembre 2012

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