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«Lasciate lì Mussolini Quell’urlo fascista è la Storia»

Nata nel 1850 a Vienna come «Imperial-regia Commissione Centrale di studio e conservazione dei monumenti architettonici», dal 1972 la Soprintendenza ai Beni Culturali della Provincia di Bolzano – oggi Ripartizione Beni Culturali, ufficio beni architettonici e artistici – controlla e tutela circa 5.000 beni architettonici, opere d’arte di proprietà pubblica quali chiese, monasteri, castelli, masi e circa 400 opere d’arte mobili di proprietà di privati. Dal 1986 l’ufficio specifico che si occupa di questo patrimonio è guidato da Waltraud Kofler Engl. «Il pensiero comune – dice – circonda il lavoro del nostro ufficio di un alone nostalgico. La Soprintendenza ai Beni architettonici e artistici si confronta invece quotidianamente con la contemporaneità. Il nostro compito consiste, infatti, nello studiare ogni oggetto, architettura e altre opere del passato per determinare quale di essi deve essere tutelato e “traghettato” nel presente e nel futuro. In qualche modo si tratta di un processo di trasformazione che implica competenze storiche e creatività».

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di Elisa Tessaro da  del 29 gennaio 2011

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Di recente il critico Philippe Daverio ha sottolineato come a volte scelte sbagliate di restauro mettano seriamente in pericolo l’identità degli edifici o peggio, la capacità di poterli ancora «leggere» correttamente. Questo è un tema molto complesso. Sicuramente Daverio vuol dire che a volte i restauri sono fine a se stessi, non hanno un linguaggio comprensibile immediatamente. Nel caso del restauro architettonico concordo con Daverio: è vitale rispettare, l’integrità, il volume, l’anima di un edificio. Non esistono però ricette universali, i criteri vanno calibrati a seconda dei casi.  Il patrimonio architettonico in Alto Adige è costituito anche da molti masi e nuclei abitati. Lei evidenzia che molti proprietari si oppongono al restauro scegliendo la strada della perdita totale o della cancellazione del vincolo di tutela con la conseguente demolizione… Purtroppo i casi stanno aumentando. Molti edifici posti sotto tutela sono chiese e cappelle. Nessuno mette in dubbio che una chiesa o un castello o delle case residenziali facciano parte del nostro patrimonio. Per quanto riguarda i masi invece – un’architettura più «povera» – è tutto più difficile. Una realtà come l’Alto Adige deve però prendere sotto vincolo anche queste fondamentali testimonianze della nostra storia locale, oltre al fatto di rappresentare una parte significativa del paesaggio. Non si tratta solo di una questione economica, dal momento che la possibilità di ottenere dei contributi esiste – così come l’aiuto per formulare le richieste. È anche una questione culturale.  La riflessione sugli strati della storia, arrivando a Bolzano, non può che toccare il delicato nodo dell’architettura fascista – razionalista. Questo tema mi sta molto a cuore. Fino ad oggi più di cinquemila edifici sono stati posti sotto tutela. Ora manca l’insieme delle testimonianze più povere e, soprattutto, un gran numero di edifici e monumenti costruiti nel periodo fra le due guerre. Sono testimonianze ancora emotivamente coinvolgenti, ma che fanno parte di un momento storico cruciale, che ha delineato l’identità della nostra terra così come la conosciamo oggi.

L’Alto Adige ha vissuto l’esperienza di una dominazione fascista aggressiva – soprattutto a Bolzano – determinata a cancellare la cultura locale e ad innestare i simboli di un colonialismo totale. Il Monumento alla Vittoria è solo uno di questi; esso è però anche il portale della città nuova e rientra in un concetto urbanistico molto interessante.  Quali sono gli edifici e monumenti di quel periodo più rilevanti? I due palazzi Ina in piazza Domenicani, l’ex Gil (oggi Eurac), il fregio di Hans Piffrader in piazza Tribunale, il Quarto Corpo d’Armata, corso Libertà, ma anche il muro del Lager di Bolzano in via Resia (già vincolato). L’Alumix è un’altra icona del razionalismo sulla quale non c’è una visione condivisa. Noi che non abbiamo vissuto questo periodo percepiamo solo la qualità e la brillantezza dell’architettura, trovando parallelismi con il Bauhaus… Ma non dobbiamo dimenticare tutto il pregresso.Si tratta di un patrimonio particolarmente a rischio… Secondo la legge italiana non sono oggetto di tutela le opere la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquant’anni. È una norma che andrebbe rivista, perché concepita in un periodo in cui si pensava che solo la distanza dal passato permettesse di avere uno sguardo oggettivo sul valore delle cose. Uno dei momenti più impressionanti della mia carriera – lavoro qui dal 1986 – è stato nel 1987, quando hanno demolito il cinema Corso, ex Palazzo del Turismo, uno dei palazzi più belli costruiti a Bolzano nel periodo fra le due guerre da Armando Ronca. Non aveva ancora cinquant’anni di storia: abbiamo visto salire le nuvole di calce, era agosto, mentre prendevamo un tè proprio lì di fronte. II Lager di Bolzano, il Monumento della Vittoria, il frontone in piazza Tribunale, così come i segni lasciati sul Reichstag di Berlino sono ferite che fanno parte della nostra biografia, sia individuale che collettiva.  Il tema però viene spesso valutato esclusivamente dal punto di vista politico… Sarebbe tempo di trovare un’altra base di discussione. Non è compito della Soprintendenza sanare lo scontro fra le diverse posizioni ma, per fare un esempio, il cancello di ferro battuto che delimita il Monumento alla vittoria impedisce l’accesso alle persone conferendogli una maggiore sacralità. Se le persone potessero accedervi il carico di violenza emanato da questo monumento si alleggerirebbe…  È proprio di questi giorni la notizia che la Provincia ha ottenuto dal ministro della cultura Bondi larghi poteri per quanto riguarda la scomoda «gestione» dei monumenti fascisti in Alto Adige. Ho provato un vero senso di delusione, in particolare per il destino del frontone del Tribunale. L’edificio è nato insieme a questo rilievo, dividerli è un errore sia dal punto di vista formale che artistico. Non c’è niente da dire: il Duce a cavallo «urla» un messaggio fascista. Ma oggi quest’immagine, se decontestualizzata, non potrebbe sembrare quasi una caricatura? Toglierlo dalla vista, confinandolo magari in un deposito del Comune, è una semplificazione. Invece proprio beni architettonici e artistici di questo tipo sono un importante veicolo per arrivare a livelli di riflessione affascinanti. Se non li vedo, non li guardo negli occhi, non sono in grado di distanziarmi. È un processo psicologico elementare: come hanno fatto in Germania a confrontarsi con i lasciti del nazismo?

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Visitare un campo di concentramento è dolorosissimo, ma lì il dibattito su questo tema non è mai stato messo in discussione. La strada imboccata è stata il confronto diretto con la storia in tutte le sue sfaccettature.  In base alla sua esperienza, cosa immagina si possa fare concretamente per cambiare prospettiva? Ho potuto visitare i sotterranei del Monumento alla Vittoria prima che iniziassero i lavori di restauro. Un centro di documentazione sarebbe la strada giusta: ora dobbiamo solo aspettare, anche se trovo assurda la decisione, anche a livello economico, di interrompere i lavori a data da destinarsi. Le targhe informative apposte sui monumenti sono un primo passo, così come la ricerca di una concertazione, come nel caso del Monumento all’alpino di Brunico, ma non basta. Si dovrebbero concepire dei progetti di partecipazione più articolati. Si potrebbe immaginare un percorso che colleghi il centro storico con la città nuova: esiste ancora, latente, un confine invisibile che la gente ancora percepisce. Ma non solo  Cos’altro? Ho molta fiducia anche nel potere comunicativo dei progetti artistici fatti in questi luoghi, una strada alternativa più emozionale. Penso ad esempio all’artista Rachel Witheread che ha realizzato alla Judenplatz di Vienna un monumento sull’Olocausto: la presenza nello spazio pubblico di questo progetto lancia un messaggio forte, forse più efficace di tante spiegazioni su cartelli e di tanti libri. Altri esempi sono l’Holocaust Denkmal di Peter Eisemann a Berlino o il Monumento a Walter Benjamin a Portbou di Dani Karavan. Vorrei sentire anche cosa ne pensa la gente, a volte mi chiedo quanto questo tema sia sentito realmente dalle persone e quanto dettato, purtroppo, dalla politica etnica…

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Inserito su www.storiainrete.com il 2 febbraio 2011

Bolzano. Bondi: ok a smantellare i monumenti odiati dalla SVP

Non credevano nemmeno loro che avrebbero avuto così tanto dal governo. Il giorno dopo l’accordo con il ministro Sando Bondi, che dà mano libera sui monumenti fascisti, c’è euforia alla Svp. L’Obmann Richard Theiner ammette: «Abbiamo ottenuto tutto ciò che abbiamo chiesto». I lavori al monumento alla Vittoria verranno fermati in attesa del progetto di storicizzazione. Il frontone di Mussolini verrà staccato dal palazzo degli uffici finanziari in piazza Tribunale. La lista prosegue con il depotenziamento del monumento all’alpino di Brunico e le tabelle esplicative sugli ossari. Fuori dalla sede di via Brennero però c’è una tempesta politica. Pdl locale allo sbando e indignato verso il governo, con propositi di fuga di massa. Musi lunghi anche nel centrosinistra, che accusa la Svp di avere forzato la mano su un progetto di storicizzazione che meritava maggiore delicatezza.

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di Francesca Gonzato da del 28 gennaio 2011

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E allora Theiner rassicura: «Il lavoro inizia ora, verranno coinvolti i Comuni». Ieri l’accordo è stato presentato in via Brennero con l’assessore Sabina Kasslatter Mur e i deputati Siegfried Brugger e Karl Zeller. Il presidente provinciale Luis Durnwalder assente perché impegnato a Bruxelles. Sabina Kasslatter Mur distingue tra le varie situazioni e dà garanzie sul monumento all’alpino di Brunico: «La soluzione andrà concordata con le istituzioni locali e le associazioni degli alpini». Theiner e i deputati spiegano così il mancato coinvolgimento di sindaco e Pd, alleato di giunta, nelle trattative: «Non c’è stato il tempo». Ma Theiner precisa: «Le nostre richieste su questo tema erano note da tempo». E aggiunge: «Il Pd è il primo a conoscere il progetto che abbiamo sui monumenti, perché avevamo presentato le nostre richieste anche al governo Prodi. Non se ne fece nulla, perché ci dissero “non si può”. Il Pdl ha dimostrato più coraggio».

Il documento di Bondi è indirizzato a Durnwalder. Deciderà tutto la Provincia, anzi la Svp? Theiner smentisce: «L’accordo con Bondi è chiaro sul fatto che si cercherà una intesa con gli enti locali. Verrà quindi coinvolto il sindaco Spagnolli e i sindaci degli altri Comuni interessati». Theiner insiste sul concetto di svolta: «Ci siamo liberati del ventesimo secolo e di tutto ciò che ci ha divisi. E’ un risultato che andrà a vantaggio di tutti i gruppi». La rimozione del Mussolini a cavallo è la parte di accordo che provoca più proteste, perché a Bolzano la soluzione preferita era la contestualizzazione con tabelle. Ma Theiner non lascia spiragli: «Verrà staccato e collocato altrove. E’ una battaglia iniziata molti anni fa». Il progetto è la rimozione di tutto il frontone, non solo della figura di Mussolini. Perché non bastano le tabelle? «E’ un edificio pubblico, ci sono uffici. Tutti devono essere liberi di entrare senza sentirsi a disagio», risponde Theiner. Che però rivendica: «Il gruppo italiano deve riconoscere che la Svp non ha mai gestito questo tema con una impostazione revanscista. Ci siamo distinti da altri partiti».

Confermati i retroscena sui protagonisti della trattativa. «Non avevano bisogno delle nostre due astensioni nella votazione sulla sfiducia a Bondi», ricordano in via Brennero. I colloqui hanno così assunto una veste più larga. Oltre ai ministri Bondi e Tremonti, interessati direttamente (Tremonti è “proprietario” degli uffici finanziari), le discussioni hanno coinvolto il capogruppo Cicchitto e il ministro Frattini. Zeller: «Non ha parlato con noi, ma sappiamo che ha coperto l’operazione».

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Bondi resta a cavallo, Mussolini scende

Le notizie del giorno per Il Dolomiten, il quotidiano in lingua tedesca della provincia di Bolzano, sono due: “Bondi resta in carica” titola il quotidiano, proprio sopra un’immagine del bassorilievo del Duce a cavallo che da oltre cinquant’anni si trova sulla facciata dell’Agenzia delle Entrate di Bolzano. E la didascalia che dice: “Mussolini scende da cavallo”. La Sudtirolel Volkspartei, il partito che dal 1945, rappresenta la minoranza di lingua tedesca, infatti, si è astenuta sulla mozione di sfiducia al ministro, ottenendo dal governo di poter decidere il destino di tutti i monumenti risalenti al ventennio fascista in provincia.

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di David Saltuari da Sky.it del 27 gennaio 2011
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E a Bolzano questa non è una questione da poco. Oltre al duce a cavallo da oltre sessant’anni, a dividere tedeschi e italiani in Alto Adige, c’è il Monumento alla Vittoria, un arco fatto erigere da Mussolini per celebrare la sconfitta austriaca del 1918 e sul quale si legge l’iscrizione (in latino) “Da qui educammo gli altri con la lingua con le leggi con le arti”. Una scritta che per gli italiani è solo un reperto storico e per i teschi una provocazione ancora aperta.
In cambio dell’astensione sulla mozione a Bondi dei suoi deputati il partito di lingua tedesca avrebbe ottenuto una co-gestione tra provincia (saldamente in mano Svp) e comune (a guida centrosinistra) per fare diventare il monumento un luogo per un “ricordo congiunto di un passato doloroso”. Un giro di parole che significa disinnescare i simboli fascisti e trasformare il tutto in un museo che ricordi anche il punto di vista dei tedeschi durante il ventennio.

La Svp non è un partito ideologico, ma di pura rappresentanza. Al suo interno convivono correnti di destra e di sinistra, tutti finalizzati a ottenere benefici per la provincia. Un pragmatismo che si riscontra nelle parole del deputato Siegfried Brugger, che al Dolomiten si vanta: “Il nostro compito è fare politica per il Sudtirolo e quindi abbiamo sfruttato la debolezza del governo per fare passi avanti in questo senso”. Sempre al quotidiano tedesco il Landeshauptmann, il governatore della provincia, Luis Durwnwalder, dichiara contento “Ho una bella lettera del ministro Bondi in cui ci viene concesso anche più di quanto avevamo chiesto”.

Frasi che  nel gruppo linguistico italiano fanno masticare amaro. Alessandro Urzì, coordinatore provinciale di Futuro e Libertà, si sfoga a Sky.it: “Sandro Bondi non sa nemmeno di cosa si sta parlando. Ha liquidato un dibattito lungo quarant’anni in un pomeriggio soltanto, senza coinvolgere nella discussione nessuna istituzione o forza politica locale.” La difesa di simboli del ventennio potrebbe sembrare una fiammata di spirito nostalico.  In realtà il dibattito intorno a quei simboli, in provincia di Bolzano, coinvolge un confronto, storico, culturale e politico, tra i due gruppi linguistici che va avanti dal 1945. E se la Svp ha sempre rappresentato i tedeschi, i partiti di destra hanno cercato di rappresentare gli italiani, in un gioco delle parti in cui difesa dell’identità si è spesso confusa in modo ambiguo con difesa di simboli del ventennio. “Il Pdl ormai non è più in grado di rappresentare gli italiani” – spiega ancora Urzì – “Il 14 dicembre in cambio dell’astensione sulla fiducia la Svp ha ottenuto lo smembramento del parco dello Stelvio. La prossima volta il Pdl su cosa cederà? La toponomastica?”

Non usa giri di parole Giorgio Holzmann, deputato del Pdl e figura storica della destra alto atesina. “Il rapporto con la Svp è stato impostato male fin dall’inizio – spiega a Sky.it il deputato Pdl – Io avevo detto che il Pdl doveva tenere un rapporto organico con la Svp, ma si è preferito seguire la linea della mia collega Michaela Biancofiore, una pazza scatenata”. I rapporti tra ex An (come Holzmann) ed ex Forza Italia (Biancofiore) in provincia di Bolzano sono tesissimi, tant’è che esistono due gruppi consigliari separati. La Biancofiore si è sempre distinta per i suoi attacchi frontali al gruppo tedesco. “Se avessimo impostato un rapporto con il gruppo tedesco quando eravamo forti, non saremmo nella situazione di oggi, con la Svp che va all’incasso ogni volta che abbiamo bisogno di due voti. Io su questa questione dei monumenti non sono mai stato interpellato.”

Più prudente Guido Margheri, figura storica della sinistra di Bolzano e presidente locale di Sinistra Ecologia e Libertà, che osserva “questa decisione della Svp rischia di diventare un grosso pasticcio”. Margheri sottolinea innanzitutto come il Pdl non avesse tanto bisogno di voti per salvare Bondi: “Alla maggioranza i voti della Svp servono in commissione”. Karl Zeller infatti è membro della commissione Affari Costituzionali, mentre Brugger, a capo del gruppo misto, partecipa alle riunioni della conferenza dei capigruppo. “Il dibattito su come modificare i simboli di epoca fascista andava avanti in modo positivo da tanto tempo. La Svp ha solo voluto uno scalpo da mostrare al proprio elettorato. In questo modo però appoggia un ministro che sulla cultura ha fatto danni anche in Alto Adige. Una furbizia che rischia di mostrare presto la corda”.

A essere stati presi in contropiede sono anche i Freiheitlichen, partito di destra tedesco, che sulle battaglie identitarie ha ottenuto più di una vittoria elettorale. Ma ora che la moderata Svp è riuscita a strappare, in pochi gironi concessioni che neanche una figura storica come Silvius Magnago avrebbe ottenuto, il coordinatore Pius Leitner è costretto ad ammettere a denti stretti al Dolomiten: “Anche se ottenuto da un ricatto è una vittoria importante”. In attesa della prossima volta, in cui la maggioranza avrà bisogno dell’astensione della Svp.

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Inserito su www.storiainrete.com il 28 gennaio 2011

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