Annunciati direttamente dal Pontefice, il 29 giugno scorso sono stati divulgati i risultati della prima ricognizione nella tomba di San Paolo, sotto l’omonima basilica romana. Le analisi e i reperti trovati (frammenti d’ossa, grani d’incenso, un lino laminato d’oro) hanno confermato – ha proclamato Benedetto XVI – la tradizione religiosa di quasi 20 secoli. Tradizione secondo la quale, proprio in quel sarcofago, vengono venerati i resti dell’apostolo delle genti. “Nel sarcofago che non è mai stato aperto in tanti secoli – ha raccontato il Pontefice – è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda. Inoltre – ha proseguito – piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il primo e il secondo secolo”. “Ciò – ha concluso – sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo”. Gli Atti degli Apostoli narrano che Paolo fu catturato, su accusa dei giudei a Gerusalemme, a metà del I secolo. In quanto cittadino romano, chiese di essere giudicato a Roma, dove arrivò nel 60-62. San Paolo fu probabilmente liberato e poi arrestato nuovamente: il suo martirio avvenne per decapitazione, come si usava con i cittadini romani, verso il 66-67 sulla via Laurentina, in un posto chiamato allora “le tre taverne” e divenuto oggi “le tre fontane”. Fu sepolto sulla via Ostiense, verosimilmente dove sorge la Basilica di San Paolo Fuori le Mura.