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Il Signore degli Atlanti. Intervista con Christian Grataloup

Mentre nel nostro paese la produzione di atlanti geografici e storici è boccheggiante, in Francia le produzioni di questo settore sembrano godere di ottima salute. E dall’Esagono vengono poi tradotte in italiano. Uno dei più famosi autori nel settore degli atlanti tematici – storici e geopolitici – è Christian Grataloup. Classe 1945, è stato professore all’Università di Parigi VII – Denis-Diderot fino al 2014, nonché a Sciences Po Paris, nonché presidente del consiglio scientifico dell’Unità di formazione e ricerca su Geografia, Storia e Scienze Sociali (GHSS). Specialista in geostoria, didattica e su come rendere graficamente i concetti attraverso carte e infografiche. Si interessa anche all’epistemologia della geografia, nonché alle rappresentazioni geografiche e alla loro influenza. Due suoi lavori, l’Atlante Storico Mondiale e l’Atlante Storico della Terra sono tradotti e pubblicati da Ippocampo Edizioni.

di Emanuele Mastrangelo, per Storia in Rete – 27 novembre 2023

Professor Grataloup, come è nata l’idea di un atlante storico dove le vicende politico-militari sono lasciate ai margini?

Christian Grataloup. Geografo francese, classe 1945, si occupa di geografia umana. Docente universitario, è autore di diversi atlanti storici e tematici. E’ presidente del consiglio scientifico dell’Unità di formazione e ricerca su Geografia Storia, Scienze Sociali (GHSS)

Oggi si deve essere ciechi per non vedere la necessità di migliorare l’uso che gli esseri umani fanno del loro pianeta. Esistono numerose opere, e pure tanti atlanti, sulla crisi ecologica, l’Antropocene, la situazione dell’atmosfera o degli oceani ecc.
Ma si svolgono in fasce temporali corte, geopolitiche, tenendo conto massimo di qualche secolo. La vita sulla Terra, e quella dello stesso pianeta, la si comprende in centinaia di milioni, se non miliardi, di anni. E come se fossimo affetti d’amnesia. L’atlante storico della Terra vuole colmare questo vuoto.

Questo è forse il primo atlante storico in cui confini, battaglie e imperi sono del tutto secondarie. Nonostante tutta la grandeur, dunque, l’uomo è sempre immerso nella natura e nella sua natura?

L’originalità di questo atlante è di risituare la storia degli esseri umani sulla Terra. Ci sono certo, nell’atlante, società e configurazioni geopolitiche maggiori come la conquista dell’America da parte degli europei, ma gli eventi storici umani sono presenti nella misura in cui riescono a trasformare il rapporto delle società con il globo. Quindi sì, l’uomo è un essere vivente tra gli esseri viventi, ma è un essere vivente invasivo, arrivando a minacciare anche la sua stessa sicurezza. Ma è solo recentemente, tre secoli all’incirca, che la minaccia si è fatta manifesta. E ha ragione, serve tener conto delle peculiarità biologiche proprie degli umani, la loro natura, che gli permettono di comprendere i loro punti di forza e le loro fragilità.

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In Italia la geografia è un tema sempre più dimenticato, perfino cancellato dai programmi scolastici. L’Istituto Geografico De Agostini ha chiuso e oramai da decenni l’industria culturale importa i prodotti cartografici, spesso senza neppure tradurli in italiano. Dalla Francia invece arrivano sul nostro mercato prodotti come i suoi atlanti. Nell’Esagono qual è la risposta del pubblico? C’è interesse per la geografia fra la gente comune? E nelle scuole la geografia come viene trattata?

Sono consapevole che la traduzione in italiano degli atlanti storici che dirigo in Francia testimonia un deficit di pubblicazioni geografiche, per non parlare di geografia storica, nella penisola.
Ma sono sicuro che l’interesse per gli atlanti che si è sviluppato in Francia e in altri paesi si svilupperà presto anche in Italia. Oggi la coscienza di un’umanità globale, dei cambiamenti geopolitici contemporanei e, per quanto riguarda direttamente la nostra discussione, dei problemi di relazioni tra le società della Terra, produce una forte domanda di comprensione legata alle localizzazioni di queste diverse crisi.

L’Atlante storico della Terra, di Christian Grataloup, pp. 592, € 25,00, Ippocampo Edizioni -www.ippocampoedizioni.it

Che cosa, meglio di un Atlante, può rispondere a questi quesiti? Ci sono anche delle trasmissioni televisive incentrate su un contenuto geografico come Le dessous des cartes, o lo sviluppo della componente cartografica nei quotidiani, in particolar modo Le Monde.

Detto questo, l’importanza editoriale che la Francia dà agli atlanti non deve far credere che la geografia se la passi bene! Se la geografia universitaria è oggi piuttosto dinamica, decisamente più che trent’anni fa, la disciplina scolastica viene spesso insegnata da personale scolastico poco formato sulla materia. Senza dubbio questa è una delle cause dell’alta domanda da parte del pubblico sugli atlanti.

Una tavola dell’Atlante

Se la storia è il tempo e la geografia lo spazio, in un immaginario grafico cartesiano a tre dimensioni, il terzo asse possono essere i modelli interpretativi? Filosofie, religioni… O le scienze pure. Possiamo dire che la cifra del suo ultimo atlante è questa?

Non ho mai pensato a questo modo di presentare L’atlante storico della Terra, ma mi sembra un buon punto di vista. Tutto l’atlante storico è un incrocio di periodi e ritagli di spazi, di regioni… è un esercizio esigente. Credo che il fatto che questi ritagli di spazio e tempo, e la loro articolazione, siano riflesso del successo dell’atlante.

Come tutti gli atlanti, anche qui c’è necessariamente una tematica dominante. Quella implicita è la geopolitica.
Per l’Atlante storico della Terra, il terzo asse da lei citato che ci conviene definire oggi “scienze del sistema-Terra” riguarda tutto ciò che contribuisce alla comprensione del funzionamento della Terra come pianeta dei viventi.

Su alcuni temi molto controversi nella comunità accademica, come la seconda “out of Africa”, il suo atlante sembra prudente, senza mostrare come prevalente una tesi particolare. Su altri, come l’impatto dei gas serra (in particolare la CO2) sul cambiamento climatico, invece più categorico, e non lascia spazio alle teorie alternative. Perché questa diversità d’approccio?

Il nostro atlante è co-editato da due riviste di diffusione scientifica di grande pubblico ma anche di alto livello: L’Histoire et Sciences et Avenir / La Recherche. Concretamente, la preparazione di ogni doppia pagina e, certamente, la loro rilettura sono effettuate sotto il controllo dei migliori scienziati francesi sulle questioni trattate. Non abbiamo dunque provocato alcuna critica di carattere scientifico. Ho evitato le polemiche troppo contemporanee. Per esempio, la nozione di Antropocene non è mai utilizzata nell’atlante, salvo che in una doppia pagina di storia delle scienze (l’ultima) per mostrare le grandi variazioni a partire dal suo presunto inizio. Può anche aver fatto caso al fatto che la parola «Natura» non è mai utilizzata per parlare di opposizione Uomo/Natura, tranne che in una doppia-pagina di storia delle scienze che ha per titolo la formula di Cartesio «Maestri e possessori della natura».

Un’altra tavola del volume

Quanto pesa il politicamente corretto sulla libertà di studio accademico e di esposizione dei dati di ricerca, oggi, in Francia?

L’atlante non è oggetto a pressioni né ad autocensure. Ma la sua domanda è ben più ampia. Ci sono certamente degli effetti che si trovano nelle ricerche accademiche, ma è quando durano che si parla di questioni più serie. Trovo normale che ci sia infine una considerazione sulla questione di genere. Certamente, come ogni volta che si introduce una parte più militante, ci possono essere degli eccessi. Non si può comprendere l’insieme della storia umana e il suo rapporto con il pianeta, né il funzionamento delle società senza una sola problematica. Per citare alcuni politici demagoghi in Francia, la ricerca francese non è attenta al «pensiero woke».

Sta già lavorando a nuovi atlanti?

Certamente! Ce ne sono già due in cantiere. Il prossimo uscirà nel 2024 e spero che il titolo vi faccia già sognare: L’Atlante storico del cielo. Infatti, i nostri atlanti storici hanno generato quasi una piccola azienda con una squadra in crescita costante. C’è tanto lavoro e, per questo, c’è bisogno che gli atlanti vendano bene: non dimentichiamoci che questo tipo di progetto è molto costoso. Ci vuole, infatti, tutta un’équipe di cartografi e relazioni strutturate con gli scienziati. E solo così che si può realizzare un eccellente atlante.(Si ringrazia Martina dell’ufficio stampa Ippocampo edizioni per aver collaborato alla realizzazione dell’intervista)

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