HomeBlogATLANTE: Il nome «Ucraina»? Come a dire «Le Marche»

ATLANTE: Il nome «Ucraina»? Come a dire «Le Marche»

Il termine «ucraina» compare per la prima volta in una cronaca della Rus’ dell’anno 1187. La parola Оукраина (Oukraina) in molte lingue slave significa letteralmente «terra di confine» e indicava le regioni sui bordi della Rus’, al pari delle «marche» carolingie.

Con il crollo della Rus’ di Kiev, si iniziò a indicare come «ucraina» la regione kievana, perché da centro di un antico regno si trovò a essere una marca stretta fra polacchi e russi con di fronte a sé i «campi selvaggi» (in polacco Dzikie pola), ossia le steppe. Poco dopo nasce anche l’altro nome per la regione: «Russia Minor», «Piccola Russia» (Malorossija), attribuito alle terre attorno a Kiev dal principe polacco-ruteno Jurij II di Galizia (1308-1340).

Le due “ukraine” o marche di confine dell’Impero Russo verso le steppe dominate dai tatari fra XVI e XVIII secolo. Le ucraine – i cui confini non erano affatto fissi e anzi andavano a definire realtà territoriali e amministrative alquanto “liquide” – erano appannaggio delle orde cosacche. Queste godevano di un’orgogliosa autonomia e di volta in volta si alleavano con Mosca, la Polonia o perfino i tatari allo scopo di conservarla, anche se poi dal Trattato di Perejaslav (1654) i cosacchi zaporoghi stringono rapporti sempre più solidi ed esclusivi con la Russia.

La «Russia Maior» o Grande Russia diveniva dunque la terra attorno a Mosca, rimasta indipendente, mentre Kiev, sottomessa a tatari e polacchi e marca di confine, veniva retrocessa a «Piccola Russia». Lentamente, come il termine «Marche» si sganciò dall’originario significato generico per divenire un nome proprio geografico, alla stessa maniera «Ucraina» passò a indicare esclusivamente la fascia fra Russia e Tartaria Minore con al centro Kiev, la cosiddetta «Ucraina o terra dei cosacchi» delle carte del XVII secolo.

Tuttavia ad essere definiti «ucraini» o «piccoli russi» senza più alcun riferimento diretto al confine sono i contadini stanziali, concentrati in Volinia, Podolia e nel Kievano, non i nomadi cosacchi le cui orde non hanno confini ben definiti. Nel frattempo, il distacco di quelle popolazioni slave dalla Russia moscovita si accentua e nascono così due etnie distinte, e anche l’uso di un termine piuttosto che l’altro acquista un significato ideologico: la definizione di «piccoli russi» tende a sottolineare una continuità storico-culturale ed etnica fra moscoviti e kievani, quello di «ucraini» una faglia ormai netta fra le due realtà.

Nella seconda metà del XVIII secolo, Caterina II la Grande stabilì sulle «terre selvagge» progressivamente conquistate ai tatari il Governatorato di «Nuova Russia» (Novorossija). Il suo favorito Potemkin iniziò a colonizzare quelle aree facendovi affluire ruteni e ucraini, soprattutto, e poi russi ma anche ebrei, valacchi, tedeschi, bulgari, greci, serbi e albanesi che si sovrapposero a cosacchi e tatari, conferendo alla parte meridionale della moderna Ucraina il suo volto multietnico. Oggi il termine Novorossija viene usato dai separatisti del Donbass per rivendicare la volontà di staccarsi dall’Ucraina. Allo stesso tempo il governo di Kiev depreca ufficialmente l’impiego dell’articolo davanti alla parola «Ucraina» in alcune lingue come l’inglese, dove è usato per distinguere i nomi propri (senza articolo) dai nomi generici (con articolo). Una sottigliezza linguistica che in italiano possiamo rendere con un «chiamatela Terra di Confine e non una terra di confine». [Da “Storia in Rete” n. 189]

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