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Antico Egitto: cosa nascondono gli scavi del mitico “Labirinto di Meride”?

Dell’antichissima costruzione parlano Erodoto, Manetone, Diodoro e perfino Pitagora. Il famoso egittologo Flinders Petrie portò alla luce alcune rovine ma, probabilmente, quello che considerò essere il pavimento in realtà era il soffitto del misterioso labirinto. I ricercatori della Spedizione Mataha: rilevata griglia di cavità sotterranee. Quali segreti vi sono custoditi? E perché non si scava?

di Ignazio Dessì da Tiscali cultura del 1 settembre 2022

Tra gli appassionanti misteri della terra d’Egitto vi è quello di un immenso labirinto sotterraneo, risalente a un periodo remoto, di cui parlano gli antichi. Lo descrivono strutturato su due livelli, con oltre 3mila stanze e mura tempestate di enigmatiche iscrizioni che potrebbero illustrare la vera storia della Terra del Nilo e persino dell’intera umanità. La possibilità che tale meraviglia sia ancora sepolta sotto il suolo egiziano, con i suoi preziosissimi reperti, è tornata a farsi strada dopo i rilievi effettuati una decina di anni fa da ricercatori belgi ed egiziani, che hanno lasciato presagire una scoperta archeologica tra le più grandi di sempre.

La planimetria del complesso di Hawara col Labirinto di Meride, opera di Frank Monnier

Di questa antichissima  struttura parlano Erodoto, Manetone, Strabone, Diodoro Siculo, Plinio e perfino Pitagora. Il primo (484 a.C.– 425 a.C) scrive che il labirinto era già antico di 1.300 anni ai suoi tempi, precisa di averlo visitato personalmente ed osserva: Lpiramidi sono al di sopra di ogni possibile descrizione, ma il Labirinto vince il confronto anche con esse.

Custode di incredibili segreti

Da tempo si cerca di individuare l’atavica opera, ritenuta scrigno di incredibili segreti. Il famoso egittologo Flinders Petrie, proprio nel Fayyum, nella zona di Hawara presso il lago di Meride di cui parlano gli antichi storici, portò alla luce alcune rovine nel 1888. Poche in verità: frammenti di colonne e i basamenti di due colossali statue ritenute del sovrano Amenemhet III. Il luogo sarebbe stato utilizzato come cava di pietra sin dall’epoca romana, e molti dei resti archeologici sarebbero serviti per erigere nuove costruzioni.

Alcuni si chiesero già allora, tuttavia, se quelli individuati fossero davvero i resti del labirinto. Dubbi notevolmente accresciuti dai risultati ottenuti di recente col georadar da una equipe di ricercatori.

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Gli antichi hanno lasciato precise indicazioni sulla enigmatica costruzione.

Erodoto, il famoso storico di Alicarnasso, in Storie (Libro II) afferma di averla vista con i suoi occhi e osserva: Se qualcuno mettesse insieme gli edifici dei greci e mostrasse tutto il loro lavoro insieme, sembrerebbe meno fatica e spesa rispetto a questo labirinto. Descrive poi la struttura sotterranea come composta da dodici cortili coperti, con porte opposte tra loro: sei rivolti verso nord e sei verso sud, contigui. Lo stesso muro – fa sapere – li chiude tutt’intorno dall’esterno. Vi sono stanze in doppio ordine. Quelle a livello del suolo che ho visitato ed attraversato e quelle nel sottosuolo. Quante? 3.000 in numero, 1.500 per ciascun ordine.

Egitto, la Sfinge e la Grande piramide (Ansa)

Strabone, fornendo anch’egli informazioni fondamentali, afferma che davanti agli ingressi si aprono numerose e lunghe gallerie sotterranee, collegate fra loro da tortuosi passaggi, sicché senza guide per nessun visitatore è possibile entrare e uscire dallo stesso cortile. Riferisce inoltre un’altra cosa definendola straordinaria. I  tetti di ciascun ambiente sono fatti di un’unica pietra e, alla stessa stregua, le gallerie sono ricoperte per tutta la loro ampiezza da lastre monolitiche di eccezionale grandezza, senza travature di legno o di altro materiale.

Per anni si è ritenuto che quello individuato da Patrie fosse il sito del mitico labirinto. L’archeologo trovò per altro i nomi di Amenemhet III e della figlia Sebeknofru durante gli scavi e se ne dedusse che la struttura di Meride facesse parte integrante del tempio funerario di questo faraone (1842 a.C.-1797 a.C.). Ma forti dubbi rimasero. Come poteva essere il labirinto descritto da Erodoto e da altri, se mancavano importanti elementi indicati negli scritti di questi ultimi? Per lo meno, non poteva rappresentare l’intera struttura. Cosa che attualmente viene avvalorata dai risultati della più recente indagine scientifica.

La testimonianza di Erodoto

Erodoto dice che accanto al Labirinto vi era una piramide alta quaranta orge (antica unità di misura corrispondente, all’incirca, a quanto si ottiene allargando le braccia e distendendo le dita, ndr) sulla quale vi sono scolpiti animali di grandi dimensioni. Vi si accede da una strada sotterranea…Il soffitto dei locali è di pietra come le pareti piene di figure scolpite, mentre ogni cortile è circondato da colonne di pietre bianche connesse fra loro alla perfezione. Il tetto di tutte queste costruzioni è in pietra e così pure i muri ricoperti da iscrizioni.

Infine ci lascia in eredità una precisazione intrigante: Le stanze superiori – sostiene – le abbiamo viste noi stessi passando da una all’altra e ne parliamo per averle visitate, ma di quelle sotterranee abbiamo solo informazioni per sentito dire; poiché gli Egiziani che vi sovraintendono non hanno voluto assolutamente farcele vedere, dicendo che ci sono le tombe dei dodici re che fin dall’inizio costruirono questo labirinto.

Inevitabile chiedersi dove siano finiti tali monumenti o i loro resti. Esistono ancora, magari celati sotto strati di terra e sabbia? Dove si trova la via d’ingresso? C’è ancora la parte sotterranea deputata a custodire segreti millenari? Cosa vi era nascosto di tanto importante da vietare l’accesso ai comuni mortali, compreso il più famoso storico dell’antichità? E poi, chi erano coloro (i re) che costruirono quel labirinto migliaia di anni fa?

Di sicuro continua ad aleggiare il mistero, e solo una cosa ci sarebbe da fare: scavare e indagare.

Antichi geroglifici (Ansa)

Le parole di Pitagora

Che in quel sito possa essere custodita la storia più remota dell’Egitto, e non solo, viene ribadito, con parole neppure tanto criptiche, anche da PitagoraIl  labirinto – rivela il sommo matematico – contiene altrettanti tempi, quante ha il Nilo divinità; altrettanti palazzi, quanti vi sono governi, o vi dovrebbero essere stati: giacché questo immenso edifizio, nell’origine del suo disegno, doveva essere considerato come il geroglifico materiale dell’impero.

Mito o evidenza storica? Varrebbe la pena di cercare di fugare i dubbi. Di appagare le domande senza risposta, utilizzando magari le ultime tecnologie scientifiche per condurre a fondo una indagine archeologica. Per raccogliere i frutti dell’encomiabile lavoro fatto alcuni anni fa.

Le rilevazioni della Mataha Expedition

Nel 2008 i componenti del gruppo di ricerca egiziano-belga della Mataha Expedition hanno scansionato il suolo del luogo indicato dagli antichi. Provato gioia e delusione. Trovato le tracce di mura imponenti e compreso con amarezza che risalivano al periodo tolemaico. Tuttavia non si sono arresi. Alla fine hanno individuato, sotto quel livello, un gigantesco strato di pietra compatto ed esteso. In preda all’adrenalina hanno iniziato a scansionare sotto di esso e sono giunti a una incredibile scoperta: hanno rilevato la presenza di centinaia di cavità, di possibili stanze. L’esistenza di una probabile struttura colossale sotto l’area indagata un tempo da Petrie.

In pratica l’archeologo – famoso per essersi occupato di Stonehenge e aver fornito importanti contributi all’egittologia – potrebbe aver ritenuto mere fondamenta, pavimento del labirinto, ciò che in realtà era anche il soffitto della parte interrata di esso. Cosa che confermerebbe quanto scritto dagli storici antichi che hanno sempre parlato di due strutture sovrapposte.

Dell’incredibile ritrovamento si occupò nel 2008 anche la rivista scientifica NRIAG e i risultati, con dati dettagliati, furono illustrati durante una conferenza alla prestigiosa Università belga di Gand. A un certo punto però l’allora segretario del Consiglio Supremo delle Antichità d’Egitto, Zahi Hawass, avrebbe chiesto la sospensione di qualsiasi divulgazione in ossequio alle leggi sulla “sicurezza nazionale”. In parole povere venne proibita qualsiasi pubblicazione sul ritrovamento fino all’ottenimento di ulteriori informazioni.

Si legge a questo proposito che i ricercatori della Mataha Expedition attesero a lungo e inutilmente la divulgazione della scoperta. Per cui, a un certo punto, crearono un apposito sito Web per pubblicare i dati del loro incredibile ritrovamento, ritenendo giusto renderne conto al mondo.

La necessità di approfondire la ricerca

Da allora tutto è fermo, ed è difficile comprendere come mai si eviti di verificare quello che potrebbe essere un ritrovamento senza precedenti per l’archeologia e la storia della civiltà. Quali intangibili segreti potrebbe custodire quel lembo di terra chiamato Hawara?

Sono passati anni dalla scoperta di quello che potrebbe essere l’antichissimo labirinto sotterraneo ma nulla si è fatto per appurare cosa ci sia davvero sotto la grande piattaforma di pietra, in quella struttura rilevata dai georadar che, secondo alcuni esperti, potrebbe col tempo anche essersi  allagata.

Non sono mancati comunque – come si legge in molte fonti sull’argomento – i tentativi di delineare la conformazione dell’arcano labirinto seguendo le descrizioni lasciate dagli antichi storici. Uno dei più noti sarebbe rappresentato dalla ricostruzione realizzata dal gesuita erudito, egittologo e accademico tedesco del XVII secolo Athanasius Kircher. Ricostruzione che ben si attaglia a quanto concluso dalla  spedizione di Mataha. I risultati ottenuti con l’ausilio del georadar avrebbero indicato infatti, sotto Hawara, la presenza di cavità sotterranee disposte a griglia.

Sotto la superficie in pietra artificiale – attesterebbe il rapporto ufficiale – appare, nonostante l’effetto leggermente distorto dalla presenza di falde acquifere, a una profondità compresa tra gli 8 e i 12 metri, una gigantesca struttura a griglia realizzata con un materiale ad alta resistenza come potrebbe essere la pietra di granito.

In sostanza viene documentata la presenza di una probabilissima e rilevante struttura archeologica sotto l’area. Una struttura che con ogni evidenza potrebbe essere proprio il colossale labirinto descritto dagli antichi e già antico ai loro tempi. La domanda davanti a una simile prospettiva allora è perché non si faccia ufficialmente alcun approfondimento. Assurdo non verificare se lì sotto vi sia davvero una delle costruzioni più grandi e misteriose dell’antico Egitto. Non appurare, con tutti i crismi scientifici, quali testimonianze storiche vi possano essere celate.

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