Oggi sul Corriere della Sera appare una lunga recensione di Paolo Mieli al libro del sociologo Rodney Stark, La vittoria dell’Occidente (Lindau). I lettori di Tempi conoscono già Stark (qui una nostra intervista), oggi insegnante di Scienze sociali presso la Baylor University in Texas. Quest’ultimo libro, così come i precedenti, dimostra come il cristianesimo sia stato motore, e non zavorra, per lo sviluppo dell’umanità nella storia.
da Tempi del 9 dicembre 2014
SUPERIORITA’ OCCIDENTALE. Il ragionamento di Stark, evidenziato da Mieli, è che sono le idee a fare la differenza. E che è il mondo occidentale, basato sulla cultura greca prima e cristiana poi, ad aver dato linfa allo sviluppo. Un esempio? La polvere da sparo. La inventarono i cinesi, eppure per secoli non la utilizzarono per le armi da fuoco. «Già nell’antichità, su tantissime tecnologie cruciali la Cina era molto avanti rispetto all’Europa. Quando però i portoghesi vi arrivarono nel 1517, scrive provocatoriamente Stark, “trovarono una società arretrata in cui le classi privilegiate ritenevano più importante azzoppare le ragazzine bendando loro i piedi, che sviluppare tecniche agricole più produttive di quelle che avevano per far fronte alle frequenti carestie”».
Perché la società occidentale si è dimostrata nel corso dei secoli sempre superiore alle altre? «Perché la scienza e la democrazia sono nate in Occidente, insieme all’arte figurativa, ai camini, al sapone, alle canne dell’organo e a un sistema di notazione musicale? Perché è accaduto che, per parecchie centinaia di anni a partire dal XIII secolo, soltanto gli europei avevano gli occhiali e gli orologi meccanici? E successivamente telescopi, microscopi e periscopi? Per le idee, dice Stark: “solo gli occidentali hanno pensato che la scienza fosse possibile, che l’universo funzionasse secondo regole razionali che potevano essere scoperte”».
IL MEDIOEVO E LE CROCIATE. Stark, poi, propone una formidabile difesa del Medioevo, i cui secoli non furono mai «bui», anzi. «Il Medioevo è stato un’epoca di notevole progresso e innovazione, tra cui “l’invenzione del capitalismo”. La maggior parte degli europei “iniziarono a mangiare meglio di come avessero mai mangiato nel corso della storia e di conseguenza divennero più grandi e forti di coloro che vivevano altrove”. Nel 732, gli invasori islamici, quando penetrarono in Gallia, si trovarono di fronte “un esercito di franchi splendidamente armati ed addestrati e furono sconfitti”».
Così come le crociate, rilette da Stark fuggendo da molti stereotipi che ancora oggi vanno per la maggiore. «Non è vero che i crociati, in seguito, abbiano “marciato verso oriente per conquistare terre e bottino”. Anzi. Si erano “indebitati fino al collo per finanziare la propria partecipazione a quella che consideravano una missione religiosa”. I più “ritenevano improbabile la possibilità di sopravvivere e di tornare in patria (e infatti non tornarono)”. Come dimostrano le crociate, “per gli europei la vera base dell’unità era il cristianesimo, che si era trasformato in una ben organizzata burocrazia internazionale”. A tal punto che “sarebbe più corretto parlare di Cristianità più che di Europa, dal momento che, all’epoca, quest’ultima aveva ben poco significato sociale o culturale”».
CONTRO LA TESI DI MAX WEBER. «Uno dei fattori più importanti nel favorire l’ascesa dell’Occidente è stata la fede nel libero arbitrio», scrive Stark. «Mentre la maggior parte delle antiche società (se non tutte) credevano nel fato, gli occidentali giunsero alla convinzione che gli esseri umani sono relativamente liberi di seguire quello che detta la propria coscienza e che, essenzialmente, sono artefici del proprio destino». Dopo aver smontato «la famosa tesi di Max Weber secondo cui l’etica protestante sarebbe all’origine del capitalismo», Stark dimostra che una sorta di protocapitalismo nacque «molti secoli prima che esistessero i protestanti». «A metà del Trecento, dopo l’epidemia provocata dalla Peste Nera, “la scarsità di manodopera”, come ha dimostrato David Herlihy, “stimolò le invenzioni e lo sviluppo di tecnologie che consentissero di risparmiare forza lavoro. Quindi l’Europa medievale “vide l’ascesa del sistema bancario, di un’elaborata rete manifatturiera, di rapide innovazioni in campo tecnologico e finanziario, nonché una dinamica rete di città commerciali”. Va anticipato ad allora l’inizio, o quantomeno i “primi passi”, di quella che avremmo definito la “Rivoluzione industriale”. Già da molto tempo l’Europa era più avanti del resto del mondo in fatto di tecnologia, “ma alla fine del XVI secolo quel divario era ormai diventato un abisso”».
L’ESEMPIO DI LEPANTO. Mieli riporta infine un’osservazione che Stark fa a proposito della battaglia di Lepanto (ottobre 1571). «”Quando saccheggiarono le imbarcazioni turche ancora non affondate, i marinai cristiani vittoriosi scoprirono un autentico tesoro in monete d’oro a bordo della ‘sultana’, l’ammiraglia di Ali Pasha, e ricchezze quasi altrettanto ingenti furono trovate nelle galee di parecchi altri ammiragli. Il perché lo ha spiegato Victor Davis Hanson: “Non essendoci un sistema bancario, temendo una confisca qualora avesse scontentato il sultano e sempre attento a tenere i propri averi al riparo dell’attenzione degli esattori fiscali, Ali Pasha si era portato la sua immensa ricchezza a Lepanto”. Eppure, fa notare Stark, Ali Pasha “non era un contadino che nascondeva il surplus del raccolto, ma un membro dell’élite dominante… se una persona come lui non era in grado di trovare investimenti sicuri e non se la sentiva di lasciare i suoi soldi a casa, come era possibile che qualcun altro potesse sperare di far meglio?”. Il concetto che, in epoca medievale, la cultura islamica fosse molto più avanzata di quella europea “è un’illusione”. E in queste pagine sono trasparenti le allusioni agli abbagli provocati di recente dalle cosiddette primavere arabe. Più che trasparenti: esplicite».