Anche la stagione della ‘perestroika’ di Mikhail Gorbaciov ebbe, seppur in piccolo, una sua “purga”. Nulla a che vedere con le selvagge repressioni staliniane, anche perché le accuse di alto tradimento nei confronti dei condannati in quell’occasione avevano probabilmente un certo fondamento.
Sta di fatto, però, che oltre 20 ufficiali dei servizi segreti sovietici sospettati di essere in contatto con la Cia finirono al muro nei giro di pochi giorni, dopo un’inchiesta se non altro sbrigativa. A rivelare dettagli inediti di quella oscura vicenda, nota finora solo in parte, è stato il giornale ‘Komsomolskaia Pravda’. I fatti avvennero nel 1985, un anno dopo l’ascesa al potere di Gorbaciov e mentre già al Cremlino si cominciava a parlare di ‘glasnost’, ossia di trasparenza. I 20 agenti segreti, arrestati e fucilati in fretta e furia dopo un giudizio sommario, appartenevano in parte alle èlite del Kgb e in parte al Gru, i servizi segreti militari, struttura chiave dell’allora Armata Rossa. ‘Komsomolskaia Pravda’, quasi a voler suggerire un dubbio sulla sostanza delle accuse, rivela che vi furono contrasti tra capi del controspionaggio e del partito sulla sorte degli imputati. I primi proponevano di usare le presunte talpe per fornire alla Cia dati falsi: sistema che avrebbe tra l’altro consentito di verificare con certezza le colpe.
Alla fine, tuttavia, prevalse la linea dura, quella della fucilazione di gruppo. Il giornale è riuscito anche a svelare l’identità di due dei giustiziati: il colonnello del Gru Ghennadi Smetanin, di stanza all’epoca a Lisbona, e il maggiore del Kgb Ghennadi Varennik, una spia infiltrata in Germania con la copertura di corrispondente dell’agenzia giornalistica Novosti (notoriamente centrale dell’intelligence sovietica utilizzata in tutto il mondo). Almeno per loro, le prove a carico appaiono alla ‘Komsomolskaia’ credibili: a denunciarli sarebbe stato infatti Aldrich Ames, l’alto funzionario della Cia assoldato dal Kgb negli anni ’80. Smetanin era accusato di essersi fatto arruolare insieme con sua moglie Svetlana fin dal 1983 e di avere intascato dagli americani un milione di dollari. Fu arrestato in gran segreto con la consorte (che sfuggì però alla condanna a morte) nell’estate dell’85, appena giunto in Russia per le vacanze. I suoi carcerieri gli sequestrarono una fiala piena di veleno nascosta nella stanghetta degli occhiali, scrive il giornale, impedendogli così di suicidarsi prima dell’esecuzione. Varennik, che pare avesse progettato la fuga in Occidente, fu invece richiamato a Mosca con una scusa e arrestato direttamente all’aeroporto il 9 novembre 1985. Una foto uscita dagli archivi del controspionaggio lo mostra con gli occhi sbarrati durante il trasporto nel famigerato carcere di Lefortovo.