Una Confederazione italiana: il sogno impossibile del Duca di Modena

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di Paolo Carraro per www.storiainrete.com del 21 giugno 2025

Lo studio sul migliore sistema per costituire associazioni di Stati che servano a garantire ai membri sviluppo economico, sociale, sicurezza e stabilità è molto antica. Oggi se ne discute in merito a cosa sia l’Unione Europea, cosa debba diventare ed in quale modo. Già dopo il terremoto napoleonico, gli Stati europei cercarono di costruire un sistema che regolasse le dispute internazionali evitando che si giungesse all’uso della forza. In questo panorama, l’Italia – “espressione geografica” – ben lungi dal potersi regolare secondo i desideri dei popoli dei suoi Stati, vedeva progetti fatti in base alla volontà di dominazioni straniere.

Una confederazione italiana?

La situazione del 1815 era questa: popolazioni impoverite dalle continue guerre, famiglie che erano stanche di veder arruolati i loro membri per andare a combattere in territori lontani, commerci limitati dal Blocco Continentale voluto da Napoleone che, comunque, presentava falle da più parti.

La Francia, pur sconfitta, restava il “problema” per eccellenza; tutti gli Stati confinanti temevano un possibile ritorno dell’espansionismo francese che durava dai tempi di Richelieu e la costruzione dei nuovi confini delineata nel Congresso di Vienna (come la regione renana controllata dalla Prussia) e il rafforzamento dello Stato sardo (con l’annessione della Repubblica di Genova) andavano nel senso della stabilità politica.

Il principe di Metternich, con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto, intese, pur nell’interesse austriaco, fondare uno Stato forte nell’Italia Settentrionale che fungesse da sentinella nel caso di una nuova invasione francese da ovest. Le linee di comunicazione tra Milano e il Piemonte e tra Mantova e la Toscana, attraverso Modena, erano complementari a quel progetto. La nascita delle ferrovie fu immediatamente utilizzata per scopi legati al movimento degli eserciti, oltre che allo sviluppo dei commerci. Fino al 1830 il sistema funzionò bene, i primi moti risorgimentali furono in realtà poca cosa, essendo l’Austria deputata al controllo della penisola, in quel momento non aveva difficoltà all’intervento anche per il fatto che la sua situazione interna era tranquilla.

L’Italia nel 1841

Con la rivoluzione che portò al potere in Francia Luigi Filippo d’Orleans, lo scenario europeo cambiò prepotentemente.

I moti scoppiati nei ducati emiliani e nelle Romagne nel 1831 videro nei loro protagonisti la speranza di un intervento da parte francese che si palesò, pur in un senso diverso da quello auspicato, quando nel 1832 la Francia occupò a tradimento la città di Ancona, disattendendo ogni legge internazionale e minacciando di non ritirarsi fino a quando le truppe austriache richieste dal Pontefice per reprimere i moti nelle legazioni pontificie non si fossero ritirate.

L’azione ebbe forti ripercussioni in tutta Europa. Specialmente gli Stati minori, come la Sardegna, Napoli, alcuni Stati tedeschi, si chiedevano se la prepotenza delle grandi potenze non rendesse vacue tutte le garanzie di rispetto dei diritti delle nazioni. Ciò vide ancora più forte la preoccupazione a seguito della Guerra dello Zolfo del 1840, quando la Gran Bretagna impose con la forza alle Due Sicilie di rescindere un contratto recentemente sottoscritto che garantiva un maggior reddito al governo di Napoli, ma una perdita di guadagni a Londra. Anche in questo caso la totale mancanza di rispetto delle regole internazionali da parte dell’Inghilterra instillò nella mente dei governi che ogni assicurazione o trattato avessero poca valenza per le politiche delle grandi potenze.

Gli austriaci promotori (e, loro malgrado, sabotatori)

In questo scenario, che va dal 1830 fin verso il 1848, nascono progetti di confederazioni tra gli Stati italiani che intendevano difendere dalla prepotenza straniera la penisola. Metternich (nell’interesse di Vienna) ipotizzò un accordo simile a quello che regolava la Confederazione Germanica, Ferdinando II di Napoli ebbe una sua idea di confederazione, Francesco V di Modena elaborò un dettagliatissimo progetto di confederazione militare austro-italica; accanto a costoro, le idee di Cattaneo, Gioberti e degli altri cattolici italiani.

Tutti questi progetti fallirono e le motivazioni ricorrenti possiamo elencarle in questa lista:

1) il timore dei piccoli Stati di venir progressivamente inglobati dai maggiori, in specie nelle materie legate alle tariffe doganali (nel dettaglio menzioniamo una nota nel progetto di Francesco V che mentre considera complementari le produzioni agricole italiane con quelle dell’Austria e della Boemia, teme la concorrenza delle produzioni ungheresi);

2) la presenza dell’Austria in quanto impero o solo col tramite del Regno Lombardo-Veneto;

3) le gelosie tra i principi italiani (Carlo Alberto con le sue ambizioni espansionistiche e Ferdinando II con l’isolamento dai rapporti esterni, che, dopo il fallimento del suo progetto, divenne prioritario rispetto ad ogni altra considerazione politica);

4) la percezione che si aveva della politica austriaca, che tanto che si fosse dimostrata “forte” che “debole”: forte nella repressione delle rivolte ma debole nell’intervento sulle questioni come Ancona e lo zolfo, quando per non rischiare di deteriorare i rapporti con le altre due potenze mantenne un atteggiamento fiacco nella difesa del Papato e del Napoletano.

Il progetto di Modena

Può essere interessante esaminare più a fondo il progetto modenese di Francesco V d’Austria-Este (1819-1875) per alcuni aspetti che vengono ripetuti in tutto lo scritto e che descrivono meglio di tanti studi il carattere dell’ultimo Duca di Modena, poco conosciuto al di fuori della cerchia degli studiosi locali.

Siamo nel 1841-‘42 e il Duca, ancora Principe ereditario, era nel pieno della sua giovinezza e come giovane sentiva che il sentimento di tanti giovani italiani auspicanti uno Stato forte e indipendente non necessariamente era sintomo di idee rivoluzionarie né sanguinarie, ma desiderio di vivere rispettati e non dominati. Francesco V sottolinea come il fondamento di ogni Stato sia basato sulla fermezza nel perseguire i propri interessi e sull’unità d’intenti dei suoi cittadini, mentre in Italia i vari Stati hanno spesso combattuto tra di loro facendo anche appello all’aiuto straniero. Accenna al giudizio sprezzante che gli stranieri hanno del valore militare degli italiani, ignorando tutti i grandi condottieri che l’Italia ha dato all’Europa nel corso dei secoli e al valore che i soldati italiani, ad esempio sotto le bandiere napoleoniche, dimostrarono in tutte le campagne fino al 1815. È impressionante, leggendo queste pagine, come ancora oggi esistano in Italia politici e saltimbanchi (e saltimbanche…) che parlano a vanvera sul valore militare del nostro popolo riprendendo acriticamente pregiudizi smentiti da oltre due secoli.

Altro aspetto importante del manoscritto è un calcolo dei risparmi che la Confederazione italiana otterrebbe sulle spese militari complessive con l’introduzione di un esercito federale italiano: dimezzando nel totale quelli che sono gli effettivi dei singoli Stati, che costituirebbero una forza sufficiente per un esercito da tempo di pace, ne sarebbe risultato un risparmio per i bilanci. Consideriamo che allora i costi per le forze armate erano suddivisi differentemente da quelli odierni, dove gli oneri del personale e delle pensioni rappresentano la maggior parte del bilancio. Sarebbe curioso applicare alcuni principi tra quelli enunciati dal Principe estense nei piani che vengono presentati oggi per le questioni legate alla difesa comune europea! Nell’organizzazione della dieta federale ogni Stato, per quanto piccolo come, San Marino e Monaco, avrebbe avuto diritto ad un rappresentante, mentre gli Stati maggiori ne avrebbero avuti in proporzioni di più. Tuttavia l’idea era di consentire a ogni membro la pari dignità nel consesso. Altre pagine sono relative allo studio dei collegamenti stradali e ferroviari, al servizio postale marittimo coi battelli a vapore e alla costruzione di una rete telegrafica che coprisse tutta la penisola sia dal lato tirrenico che da quello adriatico.

Alcune letture consigliate

Miroslav Sedivy “The Decline of the Congress System” Metternich, Italy and European Diplomacy – Bloomsbury 2020 (storico della Rep. Ceca, specializzato nelle questioni legate al Congresso di Vienna ed ai decenni successivi)

Associazione Terra e Identità “Francesco V e gli altri, i progetti per un’Italia federale” Modena 2011 (elenco di studi sui vari progetti di confederazioni italiane)

Giuseppe Alessandro von Hubner “Milano il 1848”, Vallardi 1898 (sono le memorie dell’autore rimasto prigioniero sulla parola a Milano dopo le 5 Giornate, ma scrisse note sulle cause e le mancate azioni che avrebbero potuto evitare quell’evento. Ne esistono edizioni in pdf)

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