di Dino Cofrancesco dal Barbadillo del 30 Settembre 2023
Non c’è motivo perché sia l’ANPI a monopolizzare la narrazione della Guerra civile nelle scuole. È giusto che ci sia chi celebra i miti fondativi della nostra Repubblica. Ma la ricerca vera è altro.
“Stop alle lezioni su Resistenza e Costituzione” è la prima parte del titolo di un articolo allarmatissimo di Repubblica del 18 settembre. Se ci si fermasse qui, si sarebbe indotti a credere che il Governo fascista presieduto da Giorgia Meloni ha gettato la maschera. Senonché la seconda parte del titolo chiarisce di che si tratta. “Valditara non sblocca il rinnovo dell’accordo con ANPI”. È davvero un vulnus alla democrazia se si pensa che quell’accordo venne stipulato, nel 2014, tra l’allora presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia, giurista e partigiano, e il ministro Maria Chiara Carrozza sostenuta da Pier Carlo Bersani ed Enrico Letta, noti cultori dei classici del liberalismo? In realtà, a quanti hanno il senso della ricerca storica, il fatto che sia un’associazione dei reduci dalla parte giusta a spiegare, nelle scuole, gli eventi tragici seguiti, in Italia, al Patto d’Acciaio, alle infami leggi razziali, all’entrata in guerra a fianco del peggiore dittatore del XX secolo, ricorda molto il malfamato ventennio, con i suoi riti, i suoi sabati, le sue scuole di mistica fascista.
Educare alla democrazia significa educare alla scienza e la scienza storica si fa nei laboratori di ricerca, negli Atenei, nelle istituzioni culturali dove non si celebrano i nostri eroi ma se ne rievocano le azioni inserendole nel tempo e nello spazio in cui ebbero luogo e ci si preoccupa di ricostruire le azioni (e le ragioni) dei loro avversari, lasciando alla coscienza individuale il giudizio etico-politico. Nella vibrata protesta dell’attuale Presidente dell’ANPI, Gianfranco Pagliarulo, si legge: “La cosa più grave è il segnale politico. Al centro dei nostri approfondimenti c’è la Costituzione, non l’ANPI. Non credo ci si possa accusare di parzialità, a meno che non mi dicano che ci vuole anche la testimonianza dei reduci di Salò”.
Quando si dice: e qui casca l’asino! Caro Pagliarulo, si fa storia anche con le testimonianze ma chi la fa seriamente sente, glielo impone l’etica professionale, le due campane. Se fa storia delle crociate va a studiarsi come erano viste dagli storici arabi, se fa storia del Cristianesimo a Roma non può ignorare le opere di Giuliano l’Apostata o Contro i cristiani di Celso. Se Pagliarulo trova giustamente assurda “la testimonianza dei reduci di Salò” significa che vuole andare nelle classi per celebrare la Resistenza non per spiegare cosa fu la guerra civile in Italia. I riti repubblicani, beninteso, sono legittimi e necessari, per avvicinare i cittadini alle istituzioni e, nella fattispecie, a quelle della democrazia liberale. La retorica che li caratterizza risulta, pertanto, inevitabile: sarebbe assurdo festeggiare la Repubblica all’altare della Patria dando la parola all’Unione Monarchica Italiana o l’unità d’Italia leggendo, assieme ai proclami di Vittorio Emanuele II e agli scritti di Mazzini, di Cavour, di Garibaldi quelli di Pio X o di Francesco II. Ma è proprio quello che è tenuto a fare lo storico del Risorgimento. E che facevano i nostri grandi storici da Adolfo Omodeo al Walter Maturi del classico Interpretazioni del Risorgimento.
Recentemente in un Liceo di Genova, una missionaria dell’ANPI ha fatto lezione inveendo contro i libri di Giampaolo Pansa, traditore e bugiardo. Col risultato che studenti che non sapevano neppure chi fosse si sono incuriositi e sono corsi a comprare Il sangue dei vinti.
A proposito di Pansa, non posso non ricordare che quando lo invitai a Genova a presentare il suo ultimo libro, mi rispose cortesemente che in certe città gli era stato sconsigliato di mettere piede onde evitare manifestazioni ostili dell’ANPI. Sarà pure questa, Presidente Pagliarulo, la vostra democrazia vigile e sempre pronta a menar le mani contro i fascisti, ma perché tale modello civile dovrebbe essere esportato a scuola? Non bastano a illustrare fascismo, antifascismo, Resistenza le centinaia di docenti di storia contemporanea, oltretutto, nella stragrande maggioranza, non certo elettori di Giorgia Meloni? Ci vogliono pure le fatwa dell’ANPI?
Tempo fa Fausto Biloslavo ricordò su “Panorama” un episodio che la dice lunga sull’imparzialità degli anpisti, impegnati “a divulgare i valori espressi nella Costituzione repubblicana e gli ideali di democrazia, libertà, solidarietà e pluralismo culturale” (sic!). “A Nemi, alle porte di Roma, i partigiani della sezione Gismondi si sono scagliati contro un monumento non dedicato alla pace, ma alla guerra. Una stele inaugurata il 18 ottobre, voluta dal nucleo locale dell’Associazione nazionale paracadutisti per ricordare i parà caduti in guerra e in tempo di pace nelle missioni internazionali degli ultimi anni”. A Genova, nel 2021, una solenne protesta fu elevata contro la statua dedicata all’aviatore e imprenditore Giorgio Parodi che aveva fondato con Carlo Guzzi l’azienda motociclistica Moto Guzzi. L’ANPI vorrebbe andare nelle medie di ogni ordine e grado per giustificare questi episodi di intolleranza? Si accontenti dei lauti finanziamenti pubblici spesso lesinati a istituti che fanno davvero ricerca disinteressata e della presenza nelle cerimonie ufficiali della Repubblica ma non pretenda di essere la coscienza critica del Paese!
Persista, caro Ministro Valditara, nella sua saggia decisione!