Chi era Giacomo Casanova? Un seduttore, una spia, un falso mago, un cabalista, un alchimista, un giocatore, uno scroccone. Tutto questo insieme. Ma anche di più. Perché di personaggi del genere le cronache del Settecento sono piene. Ma nessuno di questi imbroglioni, ciarlatani e impostori è passato alla storia. Nessuno come Giacomo è riuscito a fare del suo nome proprio un nome comune. L’archetipo del «gran conquistatore, del seduttore privo di scrupoli», come recita un noto dizionario.
A raccontarci come e perché Casanova si è trasformato in un casanova è un bellissimo libro di Alessandro Marzo Magno, grande conoscitore della storia veneziana. In realtà l’unico che potrebbe contendere a Giacomo questo primato è Don Giovanni. La differenza è che il personaggio del dissoluto punito è nato dalla fantasia di Tirso de Molina e immortalato dal genio di Mozart. […]
Perché per quanto la critica letteraria si sia sempre sforzata di neutralizzare la carica erotica casanoviana per esaltarne quella letteraria, Giacomo deve la sua fama al fatto di essere uno sciupafemmine. Il che lo ha reso e lo rende sospetto di sessismo, di fallocentrismo, di libertinismo e di tanti altri “ismi” politicamente scorretti. Sospetti in buona parte infondati, come provano le belle pagine di Marzo Magno. Anche se bisogna riconoscere che il nostro Casanova ce l’ha messa tutta per farsi considerare un erotomane.
Soprattutto quando lancia frasi petardo paragonando le donne a un libro «che, buono o cattivo, deve cominciare a piacere dal frontespizio: se questo non è interessante non fa venir voglia di leggere il resto». Una equipollenza per noi irricevibile, ma il nostro la afferma quasi trecento anni fa.
Peraltro, queste sparate sono mosse dal desiderio di stupire, da un principio di piacere più sensista che maschilista. Più illuminista che patriarcale. Il suo «principale impegno — scrive infatti nelle sue Memorie — è stato quello di coltivare i piaceri dei sensi. Non ne ho avuto un altro più importante».
Innamorato del femminile in tutti i sensi del termine, Casanova non esita a gettarsi nella mischia in difesa delle pari opportunità ingaggiando una battaglia contro la medicina ufficiale che crede nel legame tra utero e mente femminile.
Nel 1772 scrive addirittura un opuscolo dal titolo Lana caprina dove rovescia tutti gli stereotipi di genere. Affermando che le differenze psicologiche non hanno un fondamento fisiologico ma sociale e vanno attribuite all’educazione e alla condizione della donna. Per concludere affermando che in un certo pensiero maschile c’è poca mens (mente) ma molta mentula (pene).
Anche per questo le donne amano Casanova e non perché sia uno stallone. Ma perché avvertono in lui una complicità sensuale, mai dominante. Una condivisione di appetiti, una sorta di convivialità amorosa. Non a caso cibo ed eros vanno di pari passo. Se le donne citate nelle Memorie sono 116, i piatti sono centoventi. E ad ogni occasione erotica è associato un ricordo gastronomico.
Anche se poi la presunta strage di cuori attribuita a Giacomo non regge alla prova statistica. Secondo l’autore, l’irresistibile seduttore in 42 anni di effettiva vita sessuale avrebbe avuto solo 116 incontri ravvicinati, che in media fanno meno di tre avventure all’anno. Per la precisione 2,7. Insomma, conclude Marzo Magno, «qualsiasi bagnino di Rimini o maestro di sci di Cortina ha fatto meglio di lui».
La differenza è che lo score di Casanova è piccolo ma sentito. Perché è sempre innamorato anche se solo per un giorno. Ad eccezione di Henriette che amerà per sempre. La incontra a Cesena ed entrambi si accendono come bengala. L’incendio divampa per tre mesi senza pause. A spegnerlo è lei che lo congeda perché è costretta a rientrare in Francia. Giacomo è inconsolabile.
Sulla via del ritorno piange lacrime disperate e nel gran gelo del San Bernardo non avverte né la fame né il freddo. Si annichilisce come il Cherubino delle Nozze di Figaro mozartiane, il paggio sedotto dal femminile e per questo seducente, che canta «Or di foco, ora sono di ghiaccio, ogni donna cangiar di colore. Ogni donna mi fa palpitar». È questo struggimento l’arma segreta di Casanova. Quella che si porterà dietro nella vecchiaia come una consolazione dolcissima e una ferita inguaribile. […]