di Gabriele Santoro per “Il Messaggero” del 19 agosto 2021
Luce, eclisse, luce: i lampi dei fari hanno segnato il rapporto tra i marinai e la terraferma, scrivendo un capitolo appassionante della storia che lega l’uomo agli abissi del mare e alla luce.
Fáros, phare, faro: sulle sponde del Mediterraneo tra Grecia, Francia, Italia e Spagna risuona la somiglianza lessicale della parola derivata dal primo leggendario faro, considerato tra le sette meraviglie del mondo antico, fatto costruire sull’isola di Faro, citata nell’Odissea, davanti ad Alessandria d’Egitto nel III secolo a.C. da Tolomeo I, generale macedone di Alessandro Magno, e distrutto da un terremoto nel 1323. Era una torre di pietra alta 135 metri e le navi potevano avvistare il fuoco fino a 56 chilometri di distanza.
Dalle torri dedicate alla segnalazione della vicinanza alle coste fino al primo faro elettrico del 1858, invenzione degli inglesi, i fari, nati come sforzo d’ingegno collettivo per allertare i navigatori sulla presenza di zone pericolose, hanno assunto anche funzioni votive, celebrative e dall’Ottocento sono diventati materia letteraria e artistica.
Posizionati in luoghi particolarmente suggestivi, riescono tuttora a trasportarci in un altrove e sembrano restituire ai viaggiatori la giusta distanza dalle cose del mondo. La giovane autrice Jazmina Barrera, nata a Città del Messico nel 1988, ha saputo descrivere questa esigenza interiore con il Quaderno dei fari (la nuova frontiera, 128 pagine, traduzione di Federico Niola) che è un saggio letterario intenso.
La scrittrice ha intrapreso il viaggio dal faro di Yaquina Head Lighthouse di Newport, in Oregon, ripercorrendo le storie di fari intrecciate con l’arte e la letteratura come il Cape Elizabeth Light nel Maine, raffigurato da Edward Hopper nel celebre dipinto del 1929 The Lighthouse at Two Lights, e il Faro di Godrevy nell’omonima isola della Cornovaglia che ha ispirato Virginia Woolf per Gita al faro.
La Marina militare britannica propiziò la costruzione dei fari lungo le coste di competenza. Da una nobile famiglia di costruttori di fari discendeva Robert Louis Stevenson. Nel suo splendido libro Records of a Family of Engineers gli ingegneri che progettano i fari sono artisti le cui opere sfidano la natura.
I fari più antichi ancora integri o restaurati, come il trecentesco Fanale di Livorno, risalgono al Medioevo e spesso sono diventati simbolo dei luoghi di appartenenza. In Italia il pensiero corre a Trieste e ai suoi due fari monumentali, quello ottocentesco della Lanterna e il faro della Vittoria, tuttora in funzione dall’alto dei suoi 67 metri, che hanno caratterizzato lo sviluppo del sistema faristico lungo la dorsale adriatica, unendo Oriente e Occidente.
Dall’iconica Lanterna di Genova, eretta nel 1321, la mappa dei fari nella penisola italiana è vasta. Nello stretto di Messina è impossibile non soffermarsi alla Lanterna del Montorsoli, che raffigura la stratificazione storica di queste opere dal Trecento alla seconda metà dell’Ottocento, quando è stata aggiunta la torretta dotata del faro.
Nelle isole tirreniche sono numerosi i fari da esplorare: Faro di Capel Rosso al Giglio, Punta Carena a Capri, Mangiabarche nell’Isola di Sant’Antioco senza dimenticare il Faro della Guardia a Ponza. La Puglia è terra di fari con quello di Punta Palascia che è il più esposto a Est.
Il lampo di luce ha significato per milioni di migranti l’inizio dell’agognata vita nuova. Pensiamo al senso del faro elettrico di atterraggio a luce fissa della Statua della libertà a New York, inaugurato nel 1866, per gli italiani con la valigia di cartone.
A livello globale i fari sono un obiettivo che attira e appassiona gli amanti della fotografia. L’Heceta Head Lighthouse in Oregon è tra i più fotografati al mondo: a picco sulla costa del Pacifico domina la scena su Instagram.
Tornando in Europa meta prediletta dei viaggiatori è il Fanad Lighthouse nella contea del Donegal in Irlanda, che conquista con splendidi scorci. La figura mitica del guardiano del faro è perlopiù venuta meno in conseguenza dell’innovazione tecnologica e dell’automazione.
Molti fari storici sono in disuso, però non è stato smarrito il loro valore altruistico profondo da quando i maya costruivano monumenti illuminati dall’interno per indicare i luoghi dove era rischioso o possibile sbarcare, i celti accendevano falò per inviare messaggi lungo la costa e i greci diedero ai fari il loro nome.