di Davide Malacaria da piccolenote.it del 25 giugno 2021
Molto interessante un articolo di Robert Reich su Eurasia Rewiew, che spiega in maniera originale gli umori di fondo che innervano la conflittualità Usa – Cina e che hanno avuto come effetto la demonizzazione della Terra di Mezzo presso l’opinione pubblica occidentale. Per far capire quanto sta accadendo, Reich ricorre alla storia, un capitolo di storia ignota ai più, ma non per questo poco importante.
“Quando l’Unione Sovietica iniziò ad implodere, l’America individuò il suo ostacolo successivo nel Giappone. Le auto di fabbricazione giapponese stavano sottraendo quote di mercato alle sue tre grandi case automobilistiche. Nel frattempo, Mitsubishi aveva acquisito una partecipazione sostanziale nel Rockefeller Center, Sony aveva acquistato la Columbia Pictures e Nintendo aveva preso in considerazione l’idea di acquistare i Seattle Mariners”.
“Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, il Congresso tenne numerose sedute sul tema della ‘sfida’ giapponese alla competitività americana e sulla ‘minaccia’ giapponese ai posti di lavoro americani”.
Negli stessi anni “una marea di libri hanno iniziato a demonizzare il Giappone. Agents of Influence di Pat Choate sosteneva che il presunto incremento dell’influenza di Tokyo in America fosse indirizzato a ottenere ‘un dominio politico di fatto sugli Stati Uniti’”.
“Trading Places di Clyde Prestowitz sosteneva che a causa della nostra incapacità di rispondere adeguatamente alla sfida giapponese ‘il potere degli Stati Uniti e la qualità della vita americana stanno diminuendo rapidamente a ogni livello’”.
“The Shadow of the Rising Sun, di William S. Dietrich, affermava che il Giappone ‘minaccia il nostro stile di vita e, in definitiva, le nostre libertà così com’era avvenuto in passato con la Germania nazista e l’Unione Sovietica’”.
In Unequal Equities, Robert Zielinsky e Nigel Holloway sostenevano che il Giappone avesse truccato i suoi mercati dei capitali per minare le società americane. In Yen! Japan’s New Financial Empire and Its Threat to America di Daniel Bursten si sosteneva che il crescente potere del Giappone metteva gli Stati Uniti a rischio di cadere preda di un ‘ordine mondiale giapponese ostile’”.
“E ancora: The Japanese Power Game,The Coming War with Japan, Zaibatsu America: How Japanese Firms are Colonizing Vital US Industries, The Silent War, Trade Wars”, sono altrettanti libri editi allo scopo di contrastare l’asserita minaccia nipponica.
Una vera paranoia, come adesso per la Cina, nella quale la propaganda originata da interessi concreti, fattasi distopica, veniva data in pasto all’opinione pubblica per creare un’avversione verso la nazione che le élite avevano individuato come nemico esistenziale dell’America.
In realtà, scrive Reich, il Giappone non aveva alcuna mira riguardo gli Stati Uniti, aveva semplicemente investito nella formazione, nelle infrastrutture e nello sviluppo, cosa che l’America non aveva fatto.
Così oggi per la Cina, riguardo la quale pure Reich non vuole “minimizzare” le criticità che pone agli Stati Uniti d’America. Ma non è Pechino il pericolo principale degli Usa, scrive Reich.
“Dobbiamo stare attenti – spiega – a non demonizzare così tanto la Cina da incoraggiare una nuova paranoia che distorca ulteriormente le nostre priorità”, incoraggi il nazionalismo (Reich in realtà parla di “nativismo” e “xenofobia”) e pone le basi per un ulteriore aumento delle “spese militari a detrimento degli investimenti pubblici in favore dell’istruzione, delle infrastrutture e della ricerca, da cui dipendono la prosperità e la sicurezza dell’America del futuro”.
“La questione centrale per l’America […] è se sia possibile riscoprire la nostra identità e la nostra reciproca responsabilità senza creare un altro nemico” esterno.