Che la storia sia “maestra di vita” (magistra vitae) è un noto detto che risale a Cicerone e che mantiene ancora oggi la sua validità. Conoscere la storia del passato aiuta a capire quella del presente e forse anche a evitare che gli errori di ieri si ripetano oggi.
di Diego Fusaro da del 5 aprile 2016
Per questo, nell’epoca post-1989 viviamo in un quadro contraddistinto dal regime di temporalità dell’eterno presente: la società classista mira a contrabbandarsi come eterna, negando il diritto a futuri alternativi e celebrandosi come un fato ineluttabile, come un destino inemendabile. «Non avrai altra società all’infuori di questa!» è l’imperativo che essa senza sosta va propalando.
NON C’È COSCIENZA DEL PASSATO. La destoricizzazione in atto non riguarda solo la dimensione dell’avvenire, oggi rimossa in nome del presente eternizzato.
Investe anche le distese di un passato sempre più cancellato anch’esso in nome dell’eterno presente: tende a eclissarsi il senso storico e su tutta la linea prevale quella che, variando Nietzsche, ho in altra sede proposto di etichettare come la “malattia antistorica”.
Tale patologia consiste nell’incapacità di avere coscienza del passato, vuoi anche di porre in relazione il presente con la sua storia. Ecco perché ciò che oggi accade ci appare sempre come diverso e non siamo in grado di porlo in relazione con gli eventi del passato. E, invece, guardare retrospettivamente alla nostra storia è il gesto fondamentale per capire anche il nostro presente. Proviamo, a questo proposito, a fare un esercizio, richiamandoci alla voce degli antichi Greci.
LA TIRANNIDE DI PISISTRATO. Così scrive Erodoto nelle sue Storie (I, 1) in riferimento al modo in cui Pisistrato ottenne la tirannide ad Atene: «Escogitò il seguente stratagemma. Ferì se stesso e le proprie mule e poi spinse il carro nella piazza centrale fingendo di essere sfuggito a un agguato di nemici che, a sentire lui, avrebbero avuto la chiara intenzione di ucciderlo mentre si recava in un suo campo; chiese pertanto che il popolo gli assegnasse un corpo di guardia, anche in considerazione dei suoi meriti precedenti, quando, stratega all’epoca della guerra contro i Megaresi, aveva conquistato il porto di Nisea e realizzato altre grandi imprese. Il popolo ateniese si lasciò ingannare e gli concedette di scegliere fra i cittadini un certo numero di uomini, i quali diventarono i lancieri privati di Pisistrato, o meglio i suoi ‘mazzieri’, visto che lo scortavano armati di mazze di legno. Questo corpo di guardia contribuì al colpo di stato di Pisistrato occupando l’acropoli».
L’EMERGENZA DIVENTA PRETESTO. Erodoto sta qui perfettamente delineando ciò che, millenni dopo di lui e, a maggior ragione, di Pisistrato, diverrà noto con il nome di “strategia della tensione”: la paura e il terrore sono anch’essi metodi di governo, che giovano al potere, permettendogli di fare accettare alle masse ciò che esse, in condizioni normali, mai accetterebbero.
Erodoto sta qui perfettamente delineando – diciamolo pure – la strategia che si sta verificando con il terrorismo.
La situazione emergenziale diventa il pretesto per restringere le libertà e per far sì che i cittadini ridotti a sudditi lo accettino coscientemente, come schiavi che amano le loro stesse catene.
Twitter @DiegoFusaro