HomeIn primo pianoVromen porta sullo schermo la vita di Kuklinski, the Iceman

Vromen porta sullo schermo la vita di Kuklinski, the Iceman

THE ICEMANL’israeliano Ariel Vromen ricostruisce la vita criminale degli USA dagli anni ’60 agli anni ’80, e si inserisce nella scia di Scorsese e “Drive” di Refn – Cosa non si fa per la famiglia: Shannon fa a pezzi mafiosi per mandare le figlie alla scuola cattolica. E alla fine ci si affeziona più a lui che a Bush e Nixon…

di Marco Giusti da Dagospia del 2 febbraio 2015 

Il morto è meglio metterlo nel frigo. Chevelodicoaffà? Anche se ci arriva con un ritardo di un paio d’annetti dalla sua proiezione veneziana nel 2012, questo The Iceman diretto al suo terzo film da Ariel Vromen, ritrattino scorsesiano di uno dei più attivi contract killer della storia americana, Richard Leonard Kuklinski, polacco immigrato detto appunto “The Iceman”, l’uomo di ghiaccio, sia per la freddezza che per la simpatica abitudine di congelare i cadaveri in modo da non far scoprire le date dei decessi, è una bella sorpresa della nuova scena noir americana incredibilmente interpretato da Michael Shannon, il duro di Boardwalk Empire, Wynona Ryder e Ray Liotta. Da mettere assieme a altri neo noir come Killing Them Softly di Andrew Dominick, Drive di Nicholas Winding Refn e a Lawless di John Hillcoat.

THE ICEMAN DI VROMENL’Idea di Ariel Vromen, anche lui uno straniero in America, visto che è israeliano, e del suo co-sceneggiatore Morgan Land, era quella di ricostruire storicamente la vita criminale americana dagli anni 60 agli anni 80 mischiata col quotidiano, un po’ come in Goodfellas di Scorsese, omaggiato dalla grande presenza di Ray Liotta come il boss italoamericano Roy De Meo che assolda il polacco Kuklinski come killer della banda.

Kuklinski, che è uno psicopatico dal coltello facile con qualche buona regola (“niente donne e bambini”) e una mortaccia falciatrice tatuata sulla mano, con un fratello, lo Stephen Dorff di Somewhere, in galera a vita per aver ucciso una bambina, cerca di far funzionare la sua famiglia, la moglie Wynona Rider, e le due figlie, come se vivessero dentro il sogno americano, quindi senza che nulla si capisca del suo vero lavoro di multikiller.

Cosa non si fa per la famiglia, ragazzi… Così Shannon seguita a fare a pezzi mafiosi per mandare le figliolette alla scuola cattolica, dove le suore insegnano che i morti del Vietnam fanno parte dei piani di Dio. “Dio non c’entra niente”, gli fa Babbo Kuklinski serio. Alla fine capiamo che il contract killer non è tanto più pericoloso di Nixon e di Bush. E quando lo prendono ci dispiace pure parecchio. Shannon è da urlo, Liotta e Wynona pure. Occhio a una serie di camei di gran classe da Chris Evans a Robert Davi al già citato Stephen Dorff. In sala dal 5 febbraio.

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