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L'Insolita Storia

Attraverso la taiga, Vladimir Arsen’ev e l’ombra di Dersu Uzala

Vladimir Arsen’ev, autore di Attraverso la taiga, è un nome che ai più non dirà nulla a differenza di quello di Dersu Uzala, che a molti riporterà alla memoria l’omonimo film di Akira Kurosawa, Oscar per il migliore film straniero nel 1976.

Dersu Uzala era un cacciatore del gruppo etnico Nanai (o Goldi o Samagir o Hezhen) vissuto lungo il bacino del fiume Amur, tra i grandi fiumi della Siberia orientale verso la Manciuria. Senza l’esploratore, cartografo e scrittore russo Arsen’ev Dersu Uzala sarebbe rimasto solo un cacciatore. Ma Vladimir Arsen’ev in uno dei suoi viaggi di esplorazione della Siberia orientale lo assunse come guida, e le vite dei due cambiarono per sempre.

Arsen’ev e Uzala nel 1906 (PD via Commons)

Il cacciatore siberiano e la città russa

Arsen’ev rimase molto legato al cacciatore, tanto si offrì di trovargli un posto da vivere nella città di Chabarovsk quanto il peggioramento della vista di Dersu Uzala aveva reso la vita seminomade del cacciatore complicata. Ma la vita in città non si confaceva al cacciatore siberiano, che sarebbe tornato nella taiga per morire di lì a poco nel 1908. Arsen’ev si sarebbe sempre sentito responsabile per la morte di Dersu Uzala e nel 1923 gli dedicò il volume Dersu Uzala realizzato a partire dai suoi diari di viaggio. Come racconta Fillipo Boscolo Gioacchina nell’introduzione ad Attraverso la taiga, l’ultimo libro di Arsen’ev recentemente pubblicato in italiano da Aspis Edizioni, il ricordo di Dersu Uzala avrebbe accompagnato Arsen’ev per tutta la vita.

Il volume Attraverso la taiga è il racconto dell’ultima esplorazione di Arsen’ev nell’estremo oriente russo effettuata nel 1928 e come il più celebre Dersu Uzala testimonia la grande capacità di narratore dell’esploratore russo. Attraverso la taiga, pubblicato nel 1930 alla morte del suo autore, nasce anch’esso dai suoi diari di spedizione. Arsen’ev fu militare, esploratore, cartografo, naturalista, ma nel racconto dell’estremo oriente siberiano si rivelò fine scrittore ed etnologo.

Attraverso la taiga

In Attraverso la taiga Arsen’ev offre una minuta ricognizione naturalistica, soffermandosi soprattutto su flora e geologia, assieme ai dettagli logistici e geografici della spedizione propri dell’esploratore e del militare. Ma a emergere nel racconto della taiga è anche il rapporto con i cacciatori che fanno da guida ad Arsen’ev, replicando l’attenzione e il rispetto del russo europeo nei confronti delle sue guide siberiane, come anni prima era stato per Dersu Uzala.

Miti e superstizioni delle popolazioni locali si combinano così nell’esplorazione dei fiumi del bacino dell’Amur, in particolare di uno dei suoi affluenti: l’Anjuj. Nonostante l’esplorazione avvenga nella seconda metà degli anni Venti, i metodi non sono molto diversi da quelle dell’Ottocento. Le tecniche sono quelle delle comunità di Oroci che fanno da guida, comprese le barche ricavate dai tronchi degli alberi necessarie per risalire o discendere gli affluenti che compongono il bacino. Barche di tronchi che vengono ripetutatamente costruite, usate e abbandonate.

Ma più che il dettaglio tecnico dell’esploratore a colpire il lettore è l’abilità di Arsen’ev nel raccontare i misteri della natura, come le essenze delle conifere che si spargono nell’aria come una visione (p. 113), il bagliore di quella che potrebbe essere stata una meteora o le considerazioni sul corso dell’Anjuj. Fiume che Arsen’ev aveva in parte già esplorato nel 1907 e che vent’anni dopo trovava assolutamente mutato, più docile e tranquillo (nonostante l’inondazione che subiranno) rispetto al corso rapido che aveva conosciuto. Fiume mutato, ovviamente, senza alcun intervento umano.

E sempre riferendosi alla spedizioni del 1907, l’occasione per ricercare le tracce e le testimonianze lasciate a distanza di vent’anni. Dagli incontri con le guide dei suoi viaggi precedenti. O l’albero al centro di una radura su cui aveva inciso delle coordinate astronomiche nel 1908. Albero che Arsen’ev ritrova, con le guide che gli fanno notare come fosse un tronco ormai vuoto, e che quindi sarebbe caduto di lì a poco. Quasi una riflessione melanconica sulla natura di quell’ultimo viaggio, e in un certo senso l’ombra del ricordo di Dersu Uzala, che pure non viene nominato nel testo.

Arsen’ev si fa anche etnologo raccontando le combinazioni tra la natura e i miti (e superstizioni locali). Come le rusalki, un po’ ninfe e un po’ sirene, o le tracce della tigre siberiana, che in uno dei primi avvistamenti per gli indigeni diventano la traccia del nano che sovrintende agli echi nelle vallate. Come il fascino e le leggende della case abbandonate o l’acqua e il fuoco pericolosi allo stesso modo per gli Oroci. Certo Arsen’ev ha un approccio positivista, da figlio dell’Ottocento, nel raccontare le superstizioni delle sue guide. Ma allo stesso tempo vi si accosta con rispetto, così come quando descrive i rituali sciamanici.

Sciamani siberiani

Anche se in un’altra occasione i Sevon che gli indigeni si lasciano dietro, ovvero i simulacri che intagliano e su cui lo sciamano trasferisce gli spiriti che causano i vari malanni, vengono “recuperati” dal fido Kardakow che vuole destinarli al museo di Chabarovsk. La borsa piena di Sevon del compagno di spedizione di Arsen’ev verrà però “scoperta” dalle guide, che si lamenteranno con Arsen’ev del fatto che il permanere dei Sevon nei bagagli della spedizione avesse causato il perdurare delle loro malattie. La cosa si risolverà con un nuovo rituale sciamanico, e con l’abbandono di un nuovo Sevon nella taiga, mentre Kardakow è tenuto d’occhio dalle guide.

Uno sciamano Goldi con un tamburo e il suo assistente, 1895 (William Henry Jackson, PD, via Commons)

La taiga di Arsen’ev come il Grande Nord di London

Attraverso la taiga è un volume per chi vuole conoscere un altro pezzo del mondo e delle storie dietro la taiga di Dersu Uzala. È un libro per gli appassionati di letterature d’esplorazione, e questo testo di Arsen’ev rappresenta in un certo senso l’ultimo frammento di un’ideale di esplorazione fin de siècle in un mondo già cambiato. Allo stesso modo in Attraverso la taiga, per quanto sia ambientato a latitudini “più meridionali”, si ritrovano atmosfere simili al Grande Nord di Jack London. Le foreste di conifere, una natura incontaminata e potenzialmente pericolosa, abitata da cacciatori di pellicce in equilibrio tra una cercata simbiosi con la natura e la sua letalità.

Ma c’è un’altra similitudine tra Arsen’ev e London: entrambi rappresentano bene quella classe di figli dell’Ottocento (1872 e 1876 rispettivamente) che testimoniarono il cambio che stava avvenendo in quegli ultimi scampoli di natura incontaminata e inesplorata. Un racconto di un’epoca che stava già finendo quando la raccontarono, ma che riuscirono a proiettare nell’immaginario novecentesco.

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