Un artista di straordinario talento che ha lasciato tracce incancellabili nella storia e nell’immaginario dell’arte mondiale. Al contempo, un artista dannato, maledetto, criminale, dalla vita avventurosa e continuamente contesa tra l’estenuante ricerca del bello e la violenza, tra l’insaziabile sete di vita e le istanze di morte. È Michelangelo Merisi, al secolo Caravaggio, irrequieto pittore della prima Modernità europea, nella cui esistenza si riflettono i travagli e le lacerazioni della propria cruciale epoca. In “Caravaggio. Luci e ombre di un artista maledetto” (Diarkos, pp. 320, € 19), Massimo Centini, inoltrandosi tra Cinquecento e Seicento, indaga le vicissitudini, le opere, le luci e le ombre che hanno contribuito a rendere celebre l’artista italiano, cercando di discernere quanto ci sia di mitico e quanto invece appartenga realmente alla storia, seguendo tracce e frammenti – dalle pitture immortali alla fedina penale, dalla creatività alla Controriforma, dalla patologia mentale all’alchimia – che andranno a comporre la visione globale di un uomo, scevra da luoghi comuni, le cui manchevolezze non hanno minimamente offuscato la prorompente poesia che domina nelle sue opere.
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