Cinquanta anni fa, il 21 agosto del 1964 moriva Palmiro Togliatti, leader indiscusso del PCI dal 1927, a seguito dell’arresto di Gramsci, fino alla morte. Il compagno Ercoli come veniva chiamato in esilio, o anche il Migliore nella mitologia dei compagni. Quindi un anniversario, quindi commemorazioni, come si richiede in questi casi. Anche se immaginavo un certo imbarazzo, visto quanto la ricerca storica ha prodotto in questi ultimi vent’anni, quando ha cominciato a incrinarsi quella egemonia del PCI sulla cultura che per tanti anni aveva steso un velo pietoso sulle nefandezze del comunismo nostrano e in particolare del suo leader carismatico.
di Aldo G. Ricci per www.storiainrete.com del 22 agosto 2014
Niente di tutto questo. Al TG1 ho sentito ricordare solo il suo contributo ai lavori della Costituente e la dolcezza sentimentale delle lettere alla compagna Nilde Jotti! Alla radio la sua passione per il ciclismo e la soddisfazione per la vittoria di Bartali al Tour de France nel 1948 pochi giorni dopo il suo ferimento in un attentato. La presidente della camera Laura Boldrini annuncia una mostra su di lui in autunno, mentre il presidente del Senato Pietro Grasso lo definisce un grande statista. E si potrebbe continuare. Ma stiamo scherzando o facciamo sul serio?
Togliatti fu l’esecutore fedele delle direttive di Stalin e poi dei suoi successori fino alla morte. Contravvenendo alle indicazioni di Gramsci si allineò alle posizioni del dittatore sovietico nell’attacco alle minoranze del PCUS (Trotszki, Kamenev e Zinoviev) definendoli rinnegati e traditori. Avallò, e in alcuni casi promosse, la fucilazione dei dissidenti del partito emigrati in Russia o il loro invio nel gulag. Ostacolò in tutti modi le trattative per la liberazione di Gramsci che avrebbero portato allo scoperto il loro contrasto politico. Inviato in Spagna durante la guerra civile svolse un ruolo di supervisore nell’eliminazione di tutti quegli antifascisti che non accettavano il controllo sovietico sul governo e sulle operazioni militari. Esaltò le purghe che portarono all’eliminazione di migliaia di cittadini russi, comunisti e non, che in qualche modo non erano in linea con il partito sovietico. Tornato in Italia nell’aprile del 1944, lancia la famosa “svolta di Salerno” che apre alla collaborazione tra i partiti antifascisti e il governo Badoglio, senza mettere in discussione la monarchia fino alla fine della guerra. Propagandata per anni come una scelta politica originale che metteva al primo posto la lotta contro il nazifascismo, si è poi rivelata, documenti alla mano, come l’ennesimo atto di obbedienza a una precisa direttiva di Stalin, che dava la priorità a tutto quello che poteva accelerare la fine del conflitto e diminuire la pressione tedesca sull’URSS.
Come vicepresidente del governo Bonomi, alla vigilia delle liberazione, mentre si intensificavano le azioni dei partigiani jugoslavi per occupare la Venezia Giulia e Trieste in particolare, scrive una dura lettera allo stesso Bonomi per denunciare il collega di governo, Gasparotto, che aveva preso contatti con esponenti del CLN di quelle zone per vigilare contro possibili infiltrazioni jugoslave, dichiarando che da parte sua aveva dato indicazioni alle unità partigiane comuniste per collaborare con i partigiani titini. Alle elezioni del 1948, quando da un anno i comunisti erano stati scaricati dal governo per l’iniziativa di De Gasperi , durante i comizi prometteva che lo avrebbe cacciato a calci nel sedere. Allo stesso tempo faceva sapere ai russi, tramite l’ambasciatore sovietico a Roma, che il PCI era pronto a prendere il potere con le armi sia in caso di esito favorevole delle elezioni che in caso di sconfitta. Una proposta che i sovietici, con altre gatte da pelare, e memori di quanto previsto dagli accordi di Yalta, declinarono cortesemente. Nel dopoguerra portò avanti sistematicamente l’occupazione di tutti i centri della cultura italiana e per questo si servì dell’opera di Gramsci (il cui lascito era caduto nelle sue mani, contrariamente alle volontà della famiglia) adattandola ai propri bisogni: tagliando e manipolando i testi , come la critica storica ha ampiamente dimostrato.
Nel 1956 esaltò i carri armati che riportavano l’ordine comunista in Ungheria espellendo senza esitazione ogni forma di dissenso. Senza dimenticare quanto fece per non far conoscere e ridimensionare le comunicazioni di Kruscev al XX congresso con la denuncia dei crimini di Stalin. Si potrebbe continuare ancora, ma credo che basti per il momento. Le commemorazioni di questi giorni sono avvenute come se quanto dimostrato dalla ricerca storica negli ultimi venti anni non fosse mai avvenuto. Un grande statista , un padre della Costituzione, un artefice della nostra democrazia e via sviolinando. Abbiamo già dedicato ampi spazi a questo tema, ma penso che bisognerà tornarci sopra, perché la madre dei…è sempre gravida. Cominciamo col cambiare il soprannome al Nostro. Non il Migliore, ma il Peggiore.