Dietro il sorriso luminoso e dentato di John Kennedy si nascondeva la faccia oscura e arcigna della Luna, il nostro satellite naturale che il Pentagono voleva trasformare in una sentinella spaziale e in un terreno per esercitazioni nucleari.
di Vittorio Zucconi da Repubblica del 22 luglio 2014
Già rivelato nel 2000 da uno dei suoi autori per conto della US Air Force, il “Progetto A119” per la militarizzazione della nostra compagna celeste è riaffiorato oggi, nel 45esimo anniversario di quel «piccolo, grande passo» di Neil Armstrong, in documenti desecretati che confermano le rivelazione, ma la arricchiscono di dettagli insieme fantascientifici, terrificanti e ridicoli, come tutto ciò che fermentava nelle viscere dello scontro fra Usa e Urss.
E come tutto ciò che riguarda quegli anni, fra la decade ‘50 segnata dall’invasione sovietica dell’Ungheria e i primi anni ‘60 verso la crisi dei missili, il Vietnam e il lancio dell’Apollo 11 verso il Mare della Tranquillità, piani e progetti vanno riportati al clima di quel tempo. Tutto, dagli studi segreti sull’astrologia per scoprire se nello Zodiaco si nascondesse il segreto per creare unità affiatate sotto segni e ascendenti comuni alla somministrazione di Lsd su cavie inconsapevoli, era ricondotto al duello mortale con il Cremlino e l’Armata Rossa.
La Luna faceva troppa gola agli apparati scientifico militari delle due maggiori potenze nucleari e aerospaziali perché la sua polverosa verginità potesse sopravvivere. Fu il 1959 l’anno in cui il fisico nucleare Leonard Reiffel già collaboratore di Enrico Fermi nella costruzione della prima Atomica ebbe l’incarico del progetto A119. In quei giorni, il cielo del Nevada e del New Mexico era scosso dall’esplosione di ordigni nucleari nell’atmosfera, al ritmo di un test quasi ogni settimana, 47 in 12 mesi.
Era anche l’ultimo anno prima che le esplosioni all’aperto fossero bandite da Eisenhower e nel panico di quella limitazione che avrebbe relegato le bombe nel sottosuolo, le gerarchie della Air Force alzarono gli occhi al cielo e le loro dita indicarono la Luna. E videro con orrore che ancora una volta i Sovietici, già in vantaggio nell’esplorazione spaziale con lo Sputnik e poi con Gagarin, li avevano battuti ed erano riusciti a sparare una sonda robot, il Lunik 2, nell’occhio del satellite. Era stato primo artefatto umano che avesse raggiunto la Luna, il 13 settembre del 1959.
Reiffel racconterà, prima di morire a quasi 90 anni, di avere avvertito i generali che inviare cargo con ordigni nucleari a bordo da far esplodere sulla Luna nel 1959 era impresa oltre la capacità dei vettori e della tecnologia americani del tempo, ma la possibilità di testare bombe sul satellite, di misurarne gli effetti senza atmosfera e a bassa gravità era troppo ghiotta. Intervenne anche l’astrofisico Carl Sagan per appoggiare il progetto e fu arruolata la Cia per un’operazione da film di serie B: “Il Ratto della Luna”.
I nuovi documenti diffusi rivelano che gli agenti ebbero il compito di rubare un esemplare di sonda lunare sovietica da un’esposizione internazionale e di sostituirla con un modello. Cosa che fecero, affidando il Lunik agli scienziati americani che lo smontarono e lo rimontarono, per rimetterlo poi al suo posto, prima che i sovietici se ne accorgessero. Il piano A199 sarebbe rimasto a dormire fra gli scaffali del Pentagono e della neonata Nasa fino all’elezione di John F. Kennedy nel 1960 e all’annuncio che gli Stati Uniti avrebbero mandato non un robottino a perdere, come quelli russi, ma un equipaggio umano sulla Luna entro la decade ‘60, andata e ritorno.
Una promessa, quella del 1961, che sconvolse l’industria e il mondo scientifico, ben consci di non avere i mezzi tecnici, il knowhow , i piani per un’impresa del genere, ma che risvegliò gli appetiti dei militari. Mentre la Nasa e le industrie private lavoravano attorno al super missile Saturn V, i generali sognavano quello che oggi scopriamo, dai nuovi documenti, essere stato chiamato “Progetto Orizzonte”.
Era un orizzonte infinito e globale per sorvegliare dalla Luna l’intero pianeta Terra. Prevedeva stazioni permanenti di ascolto, di telemetria e di osservazione, con controllori umani impiegati in una continua navetta capace non soltanto di trasportare loro verso basi permanenti, ma di aggiungere via via armi e, con la progressiva miniaturizzazione delle bombe termonucleari e l’aumento della portata dei cargo spaziali, riprendere quel sogno di test atomici, delle “Bombe Lunari”.
Un orizzonte militare, quindi. Un enorme passo in avanti nel controllo strategico della Terra attraverso lo spazio, che il commovente spettacolo delle missioni Apollo che portarono dodici uomini a toccare il volto della Luna fra il ‘69 e il ‘72, nascondeva dietro l’eroismo degli astronauti e gli obbiettivi pacifici delle esplorazioni, seguite dai sovietici impotenti che si videro scavalcati nella corsa.
Di quel tempo, restano piani mai realizzati e resi inutili dal progresso dei satelliti artificiali oggi in orbita e le tracce visibili degli allunaggi, dei crateri, dei passi e dei mezzi di trasporto usati da Apollo 11, 12, 14 e 17 fotografati nel settembre del 2001 dal Lunar Orbiter e consultabili nei siti della Nasa. Ma il sogno di annettersi la Luna non è morto. Vladimir Putin, l’erede diretto dell’Unione Sovietica oggi Federazione Russa, lo scorso 11 aprile ha annunciato di voler creare una base abitata permanente sulla Luna nel 2030 per «estendere la competizione globale allo spazio».
«Siamo stanchi di essere soltanto i traghettatori verso la Stazione Spaziale» ha proclamato Putin. Dopo averlo ascoltato, qualcuno a Washington, certamente, sta rispolverando dagli archivi i disegni e i progetti del professor Reiffel. Bomba o non bomba, qualcuno arriverà di nuovo sulla Luna.