Quelle strane alleanze della Seconda guerra mondiale in “Allies at War” di Tim Bouverie

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Sul The Guardian, lo scorso 8 aprile 2025, Adam Sisman ha recensito il nuovo saggio dello storico Tim Bouverie, Allies at War: The Politics of Defeating Hitler (Bodley Head, £ 25,00), un libro che offre una prospettiva diversa dal solito sulle alleanze della Seconda Guerra Mondiale, anche se strada era stata già battuta da David Irving negli anni Ottanta del secolo scorso con il suo libro La guerra tra i generali (Mondadori, 1981).

Anziché concentrarsi sui campi di battaglia o sul fronte interno, Bouverie esplora le relazioni diplomatiche e politiche tra gli Alleati che sconfissero Hitler, mettendo in primo piano i leader come Churchill, Roosevelt e Stalin, ma includendo anche figure secondarie come ministri degli esteri e ambasciatori. Il suo approccio di storia diplomatica tradizionale presenta le decisioni dei leader come apparivano al momento, senza il senno di poi, rendendo secondo Sisman il racconto avvincente e ricco di dettagli sorprendenti.

Tra le curiosità emerse, Sisman nota che l’esercito belga nel 1940 era il doppio della British Expeditionary Force, che la maggior parte dei soldati francesi evacuati a Dunkerque preferì il rimpatrio piuttosto che unirsi ai francesi liberi, e che nel 1942 il sentimento filo-russo in Gran Bretagna fece di Guerra e Pace un bestseller. Inoltre, il libro rivela che Gandhi considerava Hitler “non così cattivo come viene descritto” e che, persino nel gennaio 1945, il Giappone aveva ancora un milione di uomini in armi in Manciuria.

Il racconto di Bouverie inizia con l’alleanza anglo-francese del 1939, nata per onorare la garanzia congiunta alla Polonia, ma incapace di impedirne l’occupazione. La strategia iniziale di blocco economico fallì, e la “guerra finta” terminò con l’invasione tedesca della Francia nel 1940, che portò alla sconfitta francese e all’imposizione della neutralità della Repubblica di Vichy. La Gran Bretagna, rimasta sola contro Germania e Italia, guadagnò un’autorità morale opponendosi all’egemonia tedesca, pur portando il peso di “shame and guilt” per l’abbandono dei greci all’occupazione dell’Asse. La decisione di attaccare la flotta francese a Mers-el-Kébir, per evitare che cadesse in mani tedesche, convinse Roosevelt della determinazione britannica a proseguire.

Un punto cruciale evidenziato da Bouverie è l’isolazionismo americano: “Allora come oggi, l’opinione pubblica statunitense era isolazionista, diffidente nei confronti dei coinvolgimenti con l’estero” scrive Sisman. Churchill sapeva che la Germania non poteva essere sconfitta senza gli Stati Uniti, e nel 1941 le riunioni tra stati maggiori americani, britannici e canadesi posero le basi per quella che Sisman definisce “the most integrated and successful military alliance in history”, grazie alla creazione del Combined Chiefs of Staff. Tuttavia, Roosevelt rimase cauto fino all’attacco di Pearl Harbor e alla dichiarazione di guerra di Hitler agli USA nel 1941. L’ingresso della Russia, dopo l’invasione tedesca, completò la “Grande Alleanza”. A Teheran, nel 1943, i “Big Three” si incontrarono per la prima volta, dando vita a scambi memorabili, come quando Churchill brindò alle “masse proletarie” e Stalin al Partito Conservatore.

Le tensioni tra gli Alleati sono un tema centrale. Churchill vedeva in De Gaulle “the man of destiny”, mentre gli americani, che continuarono a legittimare Vichy fino al suo collasso, lo trattavano come un ribelle molesto. Roosevelt, convinto di poter gestire Stalin, a volte agiva senza consultare Churchill, creando attriti. Le divergenze sull’impero britannico furono evidenti: quando una hostess newyorkese criticò la condizione degli indiani, Churchill ribatté sarcasticamente chiedendo se si riferisse alla “seconda più grande nazione sulla Terra” prosperata sotto il dominio britannico o ai nativi americani, “praticamente estinti” sotto l’amministrazione USA. Bouverie arricchisce il racconto con aneddoti, come quello sul generale britannico Spears che spezzò una matita per la frustrazione di fronte al disfattismo francese nel 1940.

Sisman loda lo stile chiaro e accessibile di Bouverie, che bilancia una vasta ricerca con giudizi equilibrati e aneddotiche ben scelte, rendendo il libro godibile. Dopo il successo di Appeasing Hitler (2019), Allies at War, secondo Sisman si conferma il talento di Bouverie nel rendere la storia diplomatica coinvolgente, offrendo nuove prospettive su un conflitto apparentemente noto.

Inserito su Storia in Rete il 24 maggio 2025

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