E’ la denuncia di 38 studiosi che hanno partecipato al bando per l’abilitazione nazionale a docenti universitari. Ma alcuni componenti della commissione avrebbero ottenuto l’incarico grazie a dichiarazioni false
di Redazione Il Fatto Quotidiano del 12 gennaio 2014
Un concorso pubblico, nazionale, giudicato da una commissione composta da esaminatori con il curriculum “truccato”. E per questo da rifare. E’ la denuncia di 38 studiosi di storia medievale, che nel 2013 hanno partecipato al bando per l’abilitazione nazionale a docenti universitari (settore concorsuale 11/A1). Il concorso era il primo condotto con le nuove modalità stabilite dal ministero per il reclutamento universitario: una riforma che sembrava garantire maggior trasparenza di valutazione e su cui gli aspiranti professori avevano riposto grandi speranze. Eppure, qualcosa non sembra essere andato per il verso giusto.
In particolare nella scelta di alcuni commissari, che avrebbero ottenuto l’incarico grazie a dichiarazioni non corrispondenti al vero sul proprio curriculum. C’è chi si è attribuito la paternità di pubblicazioni scritte in collaborazione con altri studiosi, o non attinenti alla materia. O ha inserito più volte la stessa opera. Le anomalie erano state portate alla luce in un primo momento da un articolo del Secolo XIX, a fine dicembre. Adesso 38 dei circa trecento partecipanti al bando hanno deciso di firmare un atto di protesta ufficiale, indirizzato al ministero dell’Istruzione, alle Camere, ai sindacati di categoria e agli organi di stampa, in cui denunciano “la condizione umiliante di essere valutati da una commissione la cui autorevolezza è messa in discussione dagli accertamenti svolti”. E con cui soprattutto chiedono la revoca dei commissari e la revisione degli esiti del concorso.
Nel documento si fanno nomi e cognomi e si ricostruiscono le “irregolarità” dei Cv dichiarati. Giuseppe Meloni (che della commissione contestata era anche presidente) tra le pubblicazioni per diventare commissario di un concorso di storia medievale ne ha presentate due che con la storia medievale c’entrano ben poco: “Emigrati sardi a New York ai primi del ‘900” e “Vita quotidiana a Berchidda tra ‘700 e ‘800”. Ai partecipanti al bando, invece, è successo che alcuni lavori venissero giudicati “non idonei” proprio per limitatezza del contributo rispetto alle tematiche del settore concorsuale. Pietro Dalena, altro membro della commissione, si è attribuito la piena paternità di monografie scritte assieme ad altri autori: è il caso, ad esempio, di “Mezzogiorno rurale: olio, vino e cereali nel Medioevo” (Adda 2010) di cui è curatore, ma autore di contributi solo al pari di altri studiosi i cui nomi non sono menzionati. E ancora, Roberto Greci “ha inserito sia le curatele di volumi, sia i contributi in esso presenti”. Questo giusto per citare le improprietà più eclatanti: il documento contesta molti altri vizi ai curriculum dei tre commissari. E chiede alla magistratura di “valutare se, nelle dichiarazioni presentate, è stata violata la normativa vigente”.
Nel mirino anche i lavori della commissione, conclusi già entro la prima data utile di scadenza nonostante la mole di pubblicazioni da vagliare, con tempistiche di valutazione che vengono definite “poco realistiche”. Sull’idoneità degli esaminatori un controllo preventivo avrebbe dovuto svolgerlo l’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca). Non lo ha fatto, a quanto pare, e anche al ministero si sono fidati troppo. Il risultato è un’ombra che si allunga su tutto il concorso per l’abilitazione dei prossimi docenti di storia medievale: senza quelle dichiarazioni inesatte – sostengono infatti i 38 firmatari della denuncia – la commissione giudicante sarebbe stata diversa. E probabilmente anche l’esito della prova. Già, perché il concorso intanto si è concluso. I risultati sono stati pubblicati il 28 novembre scorso. Quale validità possano avere alla luce dei dubbi sollevati dai partecipanti spetterà alle istituzioni competenti stabilirlo.