Si sapeva che i Romani fossero grandi consumatori di pesce, e la leggenda vuole che ai Mercati Traianei il pescato arrivasse vivo, tanto che gli abitanti dell’Urbe non lo lo compravano se non si muoveva ancora. Adesso una scoperta sul relitto di una nave romana scoperta a largo di Grado, in Friuli, sembra confermare questa storia.
Lo annuncia una squadra di ricercatori italiani che sul “International Journal of Nautical Archaeology” hanno pubblicato i risultati delle loro indagini archeologiche sulla famosa nave romana scoperta nel 1986 e conservata al museo di Grado. La nave conteneva vasellame per il trasporto di pesce lavorato (fra cui il famigerato “garum”, una salsa di pesce rancido allora molto apprezzata dai Romani). La squadra di Carlo Beltrame dell’Università Cà Foscari di Venezia ha ora una teoria per risolvere il mistero di un tubo di piombo lungo 130 cm e del diametro di 7-10 cm che era montato all’interno della chiglia, perpendicolarmente al ponte della nave.
“Nessun marinaio sarebbe stato così pazzo da bucare la chiglia se non per un motivo estremamente importante” ha dichiarato Beltrame. L’ipotesi dunque è che il tubo attraversava lo scafo ed era collegato ad una pompa, attraverso la quale si faceva affluire acqua fresca al pescato, per mantenerlo vivo durante il viaggio verso i mercati. Come ipotesi di riserva si è pensato ad una pompa antincendio o per lavare il ponte, anche se – essendo il battello lungo appena 16 metri – un impianto del genere sarebbe risultato antieconomico.
Gli archeologi hanno calcolato che la nave di Grado aveva una vasca per il pesce di quasi 4 metri cubi, in grado di conservare vivi almeno due quintali di pescato. Al pesce occorreva tuttavia fornire acqua fresca e ossigenata ogni mezz’ora, pena la perdita del carico. La pompa avrebbe consentito ad un marinaio di immettere 256 litri d’acqua al minuto, permettendo il totale ricambio dell’acqua in 16 minuti.
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Inserito su www.storiainrete.com il 16 giugno 2011