Quante città maya restano ancora da scoprire in America centrale?

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Non abbiamo ancora trovato tutte le città maya perdute. Un gruppo di ricerca ne ha appena localizzata una molto grande grazie a una tecnologia di telerilevamento e ritiene probabile che ce ne siano altre

Da Il Post del 29 ottobre 2024

Un gruppo di archeologi ha scoperto che in una foresta della penisola dello Yucatán, in Messico, ci sono i resti di una grande città dei maya che finora non era conosciuta. Secondo le stime del gruppo di ricerca copriva complessivamente una superficie pari a quella di Edimburgo, la capitale della Scozia, ma le sue rovine sono nascoste dalla vegetazione. E infatti è stato possibile localizzarla solo a distanza, grazie a una tecnologia di telerilevamento, il LIDAR, che permette di individuare strutture solide dall’alto misurando la distanza di oggetti e superfici attraverso impulsi laser. In pratica consente di vedere se sotto le chiome degli alberi ci sono muri e pavimentazioni.

Nell’ultimo decennio l’uso del LIDAR ha reso possibile una grossa accelerazione negli studi archeologici sui maya, e ha cambiato anche molte interpretazioni sul funzionamento della loro società. In passato si riteneva che gli insediamenti maya fossero separati gli uni dagli altri da enormi distanze, e che fossero tutto sommato isolati: questo lasciava pensare che la loro società fosse composta da città-stato autonome, mentre le scoperte più recenti indicano invece che erano molto più connesse di quanto credessimo, attraverso strade e altre infrastrutture.

I maya sono la popolazione a cui riconduciamo una delle principali civiltà precolombiane della cosiddetta Mesoamerica, cioè quell’ampio territorio che include il Messico e i paesi dell’America centrale. Questa civiltà si sviluppò a partire dal 2.000 a.C. e cominciò a entrare in crisi un po’ prima dell’anno 1.000 d.C. Quando i colonizzatori europei arrivarono nelle Americhe esistevano ancora delle città maya, ma molte altre erano già state abbandonate. Per questo e per il fatto che per cercare nuovi siti archeologici bisognava farsi largo nella foresta tropicale «a colpi di machete», come ha detto Luke Auld-Thomas, della Northern Arizona University, primo autore dello studio sulla nuova scoperta, la conoscenza della civiltà maya ha tuttora molte lacune.

Quasi tutte le grandi città maya, dopo il loro abbandono, furono ricoperte dalla fitta foresta tropicale, a volte a livelli tali che anche le note piramidi che le caratterizzano sono irriconoscibili.

Auld-Thomas e i suoi colleghi, che hanno scritto un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Antiquity, hanno rintracciato i resti di un gran numero di insediamenti umani, alcuni rurali e quindi isolati e di ridotte dimensioni, altri chiaramente urbani: complessivamente hanno trovato le tracce di 6.764 diverse strutture. Tutti gli insediamenti individuati si trovano in un’area forestata di circa 122 chilometri quadrati nello stato messicano di Campeche. Quello più grande è stato chiamato “Valeriana” dal nome di una vicina laguna. Tra le strutture individuate ci sono delle piramidi, degli anfiteatri e una diga.

Immagine che mostra alcune delle strutture che facevano parte dell’antica città chiamata Valeriana come sono state viste grazie al LIDAR (da “Running out of empty space: environmental lidar and the crowded ancient landscape of Campeche, Mexico” di Luke Auld-Thomas et al., Antiquity, Cambridge University Press)

Le immagini prodotte con il LIDAR grazie a cui è stata scoperta Valeriana non erano state realizzate per compiere studi di archeologia. L’uso del LIDAR prevede di utilizzare degli aerei ed è tuttora molto costoso: la ricerca archeologica generalmente non se lo può permettere, anche perché non ci sono garanzie sul fatto che in un territorio esaminato con questo strumento si troveranno davvero dei siti di interesse. Esistono però delle mappature di vari territori eseguite con questa tecnologia, ad esempio per verificare l’effettiva estensione delle foreste tropicali per i progetti che hanno l’obiettivo di conservarle in virtù del loro contributo all’assorbimento di gas serra. È questo il caso delle immagini utilizzate da Auld-Thomas e dai suoi colleghi.

Il ricercatore statunitense ha avuto l’idea di analizzare delle mappe già esistenti di un’area su cui si avevano pochissime informazioni e così ha trovato la città finora sconosciuta e gli altri insediamenti. Secondo le stime del suo gruppo Valeriana è la seconda città maya più grande mai individuata dopo Calakmul, che si trova sempre nello stato di Campeche.

Secondo Auld-Thomas questa scoperta suggerisce che «ci sia ancora molto da imparare» sulla civiltà maya. Le prossime ricerche prevederanno delle indagini sul campo intorno ai nuovi siti individuati e potrebbero permetterci di ottenere nuove informazioni sulle città dei maya e sul loro funzionamento.

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