Sanchez fa calare la mannaia sulla Fondazione Franco

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Il Ministero della Cultura ha appena firmato la risoluzione che avvia la procedura di scioglimento della Fondazione Franco dopo aver ricevuto la relazione della Segreteria di Stato per la Memoria Democratica che spiega perché l’ente, che ora ha dieci giorni di tempo per presentare le proprie argomentazioni, esalta il franchismo e umilia le sue vittime.

di Marta Borraz da El Diario del 31 ottobre 2025

La Fondazione Nazionale Francisco Franco intravede la sua fine. Il Governo ha compiuto un ulteriore passo nel processo di scioglimento dell’organizzazione firmando l’accordo per l’avvio della procedura e notificandolo ufficialmente alla fondazione, che a partire da questo venerdì ha una prima fase di dieci giorni lavorativi per presentare eventuali osservazioni. La risoluzione, firmata dal ministro della Cultura, Ernest Urtasun, ritiene accertato che la fondazione non persegua fini di interesse generale, faccia “apologia della dittatura” e “umili” le sue vittime, requisiti richiesti dalla legge per avviarne la chiusura. Il processo è iniziato a giugno dello scorso anno, con l’apertura di indagini preliminari volte a raccogliere informazioni da parte del Ministero della Cultura, da cui dipende il Protettorato delle Fondazioni.

Da allora, sono stati ricevuti i pareri dell’Avvocatura dello Stato e della Segreteria di Stato per la Memoria Democratica, che ha analizzato oltre 5.000 pubblicazioni sul sito web e sui social media della fondazione, oltre alle sue apparizioni sulla stampa dal 2018 a marzo 2025, concludendo che soddisfa le cause di scioglimento previste dalla Legge sulla Memoria Democratica.

Le procedure che iniziano ora prevedono diversi passaggi fino alla presentazione formale della richiesta di scioglimento davanti alla giustizia, momento in cui, secondo fonti governative, verranno richieste misure cautelari per limitare le attività della fondazione. Il termine massimo per questo è di nove mesi, anche se tutto dipenderà dalle osservazioni presentate dalla fondazione, presieduta dall’ex generale Juan Chicharro. Dopo la richiesta di chiusura da parte del Protettorato, sarà il turno del giudice, incaricato di prendere la decisione definitiva. Le azioni intraprese dal Ministero della Cultura contro l’entità fascista non si limitano a proporne la chiusura, ma vanno oltre: fonti del Ministero indicano che attualmente “si sta analizzando” il contenuto del vasto archivio custodito dalla fondazione per determinare “se vi siano documenti di natura pubblica” e, in tal caso, “tentare di recuperarli”.

Il processo che il Governo intende avviare è simile a quello intrapreso contro la famiglia Franco per i beni accumulati nel Pazo de Meirás, che la giustizia ha infine restituito al patrimonio pubblico. Un fine “principale” e altri strumentali
I rapporti che hanno analizzato l’attività della fondazione includono uno studio del professore di Diritto Costituzionale dell’Università Complutense di Madrid, Javier García Fernández, e interviste con diverse vittime della dittatura, oltre a un esame del suo percorso sui media. Sulla base di questi, l’accordo conclude che l’organizzazione ha “un’attività principale” tra tutte quelle previste dai suoi statuti, ovvero “diffondere e promuovere lo studio e la conoscenza dell’eredità e delle realizzazioni” di Franco e del suo regime “tra il 1936 e il 1977”. Un proposito che “implica fornire una visione inequivocabilmente positiva del franchismo”, sottolinea il testo.

Ciò nonostante gli statuti includano anche la promozione “dell’educazione, della ricerca scientifica e tecnica e altre attività culturali”, obiettivi che, pur potendo far pensare che l’organizzazione persegua fini di interesse generale, “sono in realtà strumentali al fine principale”, evidenzia l’accordo. E inoltre “sono quasi inesistenti”, aggiunge. In questo senso, la Legge sulle Fondazioni elenca alcuni fini per considerare che queste soddisfino l’interesse generale – uno dei requisiti – tra cui la “promozione dei valori costituzionali” o la “difesa” dei principi democratici. Il rapporto della Segreteria di Stato per la Memoria Democratica sottolinea che l’attività dell’organizzazione, fondata nel 1976, poco dopo la morte del dittatore, “risulta inconciliabile” con questi propositi, così come con quelli che “ispirano” la Legge sulla Memoria Democratica, che “ripudia e condanna” il colpo di Stato del 1936 e la dittatura. Una delle anomalie è, di fatto, che alle fondazioni si richiede di perseguire l’interesse generale perché godono di un regime fiscale speciale e i loro affiliati beneficiano di deduzioni fiscali. Inoltre, possono contare su assistenza giuridica gratuita se dimostrano di avere risorse insufficienti, un beneficio di cui gode anche la Fondazione Francisco Franco, nonostante esalti il dittatore.

L’accordo conclude che la fondazione fa apologia del franchismo e “disprezza e umilia la dignità” delle vittime, due condizioni imposte dalla legge. Per giungere a questa conclusione, i rapporti evidenziano che “tutto il contenuto del sito web” è dedicato “all’esaltazione del dittatore e della dittatura” con componenti di “glorificazione”. Vengono così sottolineati titoli pubblicati che parlano della “liberazione” di città occupate dai ribelli dopo il colpo di Stato o testi che chiamano la Guerra Civile “Crociata”, nello stile più puro del franchismo.

In alcuni articoli, la fondazione descrive il 1° ottobre, giorno in cui Franco fu nominato Generalissimo, come “un passo decisivo per la vittoria nella Guerra Civile” e la creazione “di un nuovo regime che segnò l’ascesa della Spagna”. Il rapporto del professore García Fernández rileva che “l’attività di glorificazione si articola principalmente” attraverso comunicati che “in alta percentuale” rendono omaggio a Franco e ai simboli del regime. Inoltre, i suoi contenuti pubblicizzano eventi, anniversari e messe – ad esempio, il 20 novembre – per “rafforzare il racconto eroico del franchismo”.

Sebbene lo studio riconosca che ci sono meno pubblicazioni dedicate alle vittime della dittatura, constata che in esse “emerge un trattamento di disprezzo e umiliazione della loro dignità”. Questo è un requisito incluso nella Legge sulla Memoria Democratica durante la sua elaborazione, su proposta del Consiglio Generale del Potere Giudiziario, come parte dell’apologia del franchismo. Un disprezzo che, secondo il rapporto, appare “sotto la lente negazionista, ovvero la negazione della repressione o la minimizzazione del suo impatto”. Tra gli esempi, vengono citati alcuni testi in cui il bombardamento di Guernica nel 1937 da parte dell’aviazione fascista è qualificato come “tragedia, menzogna e farsa”. Ci sono anche contenuti che dichiarano che “il franchismo non ha commesso un genocidio, la Seconda Repubblica sì”, che negano che la Valle de Cuelgamuros sia stata costruita con il lavoro forzato o che minimizzano il massacro di Badajoz nel 1936 sotto il comando del tenente colonnello Yagüe.

L’accordo firmato da Urtasun evidenzia “tre modelli” di “umiliazione” di chi fu vittima del franchismo o dei loro familiari: la loro “squalifica”, la negazione dei danni qualificando episodi tragici come “menzogna” o “farsa” e l’“appropriazione e rilettura distorta” del passato. Tutto ciò punta a una “strategia deliberata” della fondazione per “ridicolizzare e delegittimare” le vittime della repressione franchista, delle quali la Segreteria di Stato per la Memoria Democratica ha raccolto testimonianze. Le testimonianze raccolte “mostrano” come le attività dell’organizzazione “riaccendano la sofferenza e riaprano dolorosamente le loro ferite”. Ad esempio, quando coloro che cercano i loro familiari sepolti da Franco a Cuelgamuros vedono la fondazione tentare di bloccare in tribunale i lavori di esumazione – infine autorizzati dalla giustizia lo scorso marzo – o quando quelli che hanno ancora cari nel burrone di Víznar (Granada) osservano l’entità “promuovere” ogni anniversario della morte di Franco “celebrazioni e cerimonie”.

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