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Risarcimenti senza fine: Varsavia chiede 1.300 miliardi a Berlino

L’attuale leadership polacca li vuole. «È il nostro obiettivo», riconosce Jarosław Kaczyński, leader partito di governi Diritto e giustizia (PiS)

di Emanuele Bonini da www.lastampa.it del 2 settembre 2022

L’Europa torna a fare i conti col proprio passato, quello meno virtuoso. Proprio di conti si tratta, perché la Polonia di oggi calcola quanto la Germania nazista di ieri è costata al Paese. Non meno di 6,2 trilioni di zloty, l’equivalente di circa 1,3 trilioni di euro [NOTA], che Varsavia chiede a Berlino a titolo di compensazione dell’occupazione che fu. L’attuale leadership polacca li vuole. «E’ il nostro obiettivo», riconosce Jaroslaw Kaczynski, leader partito di governi Diritto e giustizia (PiS). Sa perfettamente, parole sue, che «non sarà facile», ma in occasione dell’83° anniversario dell’invasione della Polonia, dice questo ai suoi connazionali.

E’ più di un’esternazione figlia di ferite comunque dolorose. Sei milioni di morti, Varsavia ridotta ad un cumulo di macerie, e le immagini del rastrellamento del ghetto ancora impressa nella memoria. Ma il passato non è lasciato alle spalle. L’esecutivo del Paese dell’est ha prodotto un rapporto dettagliato sull’accaduto, ed è da qui che arriva la cifra che ora si sottopone alla cancelleria di Berlino.

Con tanto di postilla che recita che il conto è per difetto, e quindi il computo totale potrebbe anche lievitare all’insù. E’ convinzione del primo ministro Mateusz Morawiecki che «le vittime meritino giustizia», e per questo «oggi siamo obbligati a fare questi calcoli nel modo più accurato possibile e presentare il conto a chi di dovere».

Alla fine della seconda guerra mondiale la Germania non sottoscrisse un trattato di pace, bensì l’armistizio. Questo è l’accordo tra Paesi che serve a deporre le armi e cessare le ostilità, con il mutuo riconoscimenti di un vincitore e di un vinto. I tedeschi riconobbero la sconfitta, ma non dovettero sottostare alle condizioni dei vincitori. Queste fanno parte del trattato di pace, arrivato solo nel 1990, all’indomani della caduta del muro di Berlino e della riunificazione.

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In quel frangente le vecchie potenze vincitrici decisero di «abbonare» le spese di riparazione. Una decisione avallata dall’allora Comunità economica europea, in quel momento storico composta da 12 Stati, di cui la Germania federale faceva parte. La Polonia nell’Ue è entrata solo nel 2004, ma soprattutto non ebbe mai modo di avanzare pretese per via del nuovo assetto post-bellico. Satellite sovietico, il governo comunista filo-Mosca si rifiutò di chiedere il risarcimento danni alla Germania federale, anch’essa sotto sfera d’influenza sovietica.

La Germania ritiene la questione un capitolo ormai chiuso, ma così non è per i vicini polacchi. Così mentre a Berlino si tende a non dare seguito a questa iniziativa polacca, a Varsavia invece si procede in tutt’altro modo. I vecchi rancori sono alimentati dalle nuove ruggini, rappresentate dalla risposta all’aggressione russa in Ucraina.

Mentre la Polonia ha fin da subito sposato la linea dura e intransigente, i partner vicini una ritenuta molle. L’ultimo oggetto del contendere la politica sulla concessione dei visti. La Polonia avrebbe voluto impedire ogni tipo di ingresso, la Germania invece no e ha spinto per l’accordo trovato in sede Ue per la sospensione del regime agevolato.

In ogni caso la mossa polacca rischia di scoperchiare il classico vaso di Pandora. Altri potrebbero essere tentati di giocare la stessa carta. Basti pensare che in Grecia non si è mai smesso di pensare che la Germania avrebbe dovuto offrire un risarcimento per circa 289 miliardi di euro. L’Europa che seppe scegliere l’integrazione si specchia pericolosamente sull’immagine di sé stessa ai tempi della dolorosa e violenta scelta della divisione.

Dalla Polonia l’europeista Donald Tusk censura l’operato del suo governo. «Non c’è alcuna questione di riparazioni, è solo una mossa per accrescere i consensi», dice scagliandosi quella che non esista a bollare come «campagna politica anti-tedesca». Tusk oggi è leader di Piattaforma civica, partito di opposizione interna. Ma prima di questo ruolo ha rivestito quelli di presidente del Consiglio europeo e del Partito popolare europeo. Sa cosa si rischia, sa cosa c’è in gioco. Qualcun altro a Varsavia probabilmente no.

NOTA: la cifra riportata in questo articolo, così come in molte altre testate estere, ossia di 1,3 trilioni di euro (pari a 1,3 miliardi di miliardi di euro) è errata. La cifra esatta è 1.300 miliardi di euro (1,3 bilioni), per la precisione 1.352.483.000 euro (6.220.609.000.000 zloti) ed è riportata nel Rapporto sulle perdite di guerra realizzato dagli studiosi polacchi e scaricabile in polacco e inglese dal sito ufficiale [SiR].

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