Le discussioni sul carteggio Churchill-Mussolini – la corrispondenza segreta intercorsa tra i due uomini di Stato dalla metà degli anni Trenta almeno fino al 1940, se non oltre – hanno ripreso vigore dopo la pubblicazione dell’ultimo libro di Mimmo Franzinelli L’arma segreta del Duce. La vera storia del carteggio Churchill-Mussolini (Rizzoli). Ai teoremi negazionisti dello storico bresciano che, con toni polemici un po’ sopra le righe, esclude l’esistenza di un simile epistolario, si possono tuttavia opporre molti dati di fatto che militano a favore della tesi opposta. Qui proporremo un’inedita scoperta che consente di aggiungere nuovo pepe alla pietanza.
di Roberto Festorazzi da Avvenire del 13 giugno 2015
Qualche tempo fa, in una villa della Brianza, è emerso un plico di documenti esplosivi, con l’intestazione «Carteggio Churchill-Mussolini». Si tratta di un dossier appartenuto all’ex proprietario di quella residenza, e incautamente dimenticato nel corso di un trasloco non troppo accurato. Padrone della villa fu un agente segreto britannico, autore di fortunosi recuperi dei dossier esteri che Mussolini portò con sé sul lago di Como, nelle giornate di fine aprile del 1945. Si tratta di Malcom Hector Smith, un personaggio di cui si sa molto poco, ma la cui figura è di grandissimo interesse per penetrare a fondo i misteri del carteggio più controverso della storia.
Il maggiore Smith, nato a Palermo nel 1910 da genitori scozzesi e morto a Como nel 1991, non soltanto fu al centro di molti intrighi, ma nel dopoguerra venne incaricato dal governo britannico di restare a occuparsi, in Italia, dei cascami di quei recuperi di «preda cartacea», come una sorta di agente permanente degli interessi della Corona. Sotto l’incarico di copertura di console del Sudafrica, Smith, tra una partita di golf e l’altra, agì così per occultare le tracce di quelle lontane operazioni speciali svolte nella primavera-estate del 1945.
Il primo a sollevare il coperchio sui ruoli dell’ufficiale scozzese fu Duilio Susmel, cacciatore di carte ducesche, il quale sulla Domenica del Corriere nel gennaio 1967 scrisse a chiare lettere che questi, nelle giornate di Ferragosto del ’45, aveva disseppellito i carteggi nel giardino di Villa Mantero di Como, dove erano transitati Rachele Mussolini e i suoi figli minori. A fornire indicazioni dettagliate sulla esatta localizzazione dei preziosi fascicoli era stato l’industriale chimico Guido Donegani, padrone della Montedison. Costui, arrestato e rinchiuso a San Vittore con l’accusa di collaborazionismo, aveva barattato la scarcerazione con suggerimenti agli inglesi atti a individuare i nascondigli delle carte.
E non è privo di rilevanza osservare che Churchill, durante la sua «strana vacanza» pittorica sul lago di Como nel settembre 1945, soggiornasse proprio nella villa di Moltrasio dell’industriale, recandosi poi in visita a Venegono, località varesina dove Donegani si trovava sotto scorta militare britannica: praticamente «piantonato»! Non è tutto: lo stesso Smith, il 22 maggio precedente, era riuscito a intercettare altri segmenti della corrispondenza Duce-Churchill, occultati nell’imbottitura di una cavallina della palestra Negretti, sempre nel capoluogo lariano.
A questo punto torna molto utile considerare il plico dei documenti riemerso dalla ex-villa dell’agente segreto: carte che contribuiscono ad avvalorare ulteriormente questa pista di indagine. Di che cosa si tratta?
La busta, oltre a copie di relazioni inedite e sensazionali che descrivono le missioni svolte da Smith nelle settimane successive alla conclusione del conflitto, contiene le trascrizioni in inglese sia dello scoop di Susmel, apparso sulla Domenica del Corriere, sia delle polemiche che ne seguirono.
Una prima domanda sorge spontanea: per quale ragione Smith, che parlava correntemente l’italiano, avvertì l’esigenza di tradurre quelle notizie di stampa? Evidentemente qualcuno a Londra, nel governo o nella direzione dei servizi segreti, gli aveva chiesto una relazione dettagliata sull’argomento.
Curiosamente, il servizio esclusivo della Domenica del Corriere, «lanciato» dal rotocalco fin dalla copertina, provocò una serie di reazioni. Un ex agente dell’Ovra (il braccio operativo della Polizia politica fascista) scrisse al settimanale per attaccare Smith. Terzilio Borghesi – questo il suo nome – lamentò di essere stato derubato, quando nel maggio del ’45 era stato arrestato a San Maurizio di Brunate da agenti inglesi, tra cui il nostro.
Smith replicò alla lettera diffamatoria della spia dell’Ovra, ma – questo è il lato interessante della vicenda – la sua rettifica non riguardava in nulla le notizie sul suo ruolo nella vicenda del trafugamento del carteggio Churchill-Mussolini. In tal modo è come se confermasse indirettamente lo scoop di Susmel. Soltanto poco prima di morire, in un’intervista rilasciata allo storico Marino Viganò, il maggiore Smith ammise ufficialmente di essere stato l’autore di quei recuperi cartacei, chiarendo di aver incontrato lo stesso Winston Churchill durante il soggiorno dello statista britannico sul Lario.
Benché lo smentisse a Viganò, l’ufficiale scozzese in privato ad amici e conoscenti rivelava inoltre di aver avuto un ruolo anche nell’epilogo cruento di Mussolini: indiscrezioni di cui è molto difficile valutare il reale fondamento. Le «carte della villa» contengono anche appunti dattiloscritti di Smith, che danno consistenza al suo (finora) evanescente profilo biografico. Egli infatti, trasferitosi in Scozia dopo l’infanzia palermitana, era emigrato in Sudafrica nel 1923, rimanendovi fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Rientrato in Gran Bretagna, era stato poi arruolato nel Field Security Service e nel luglio 1943 era sbarcato in Sicilia con le truppe alleate.
Durante la campagna d’Italia, aveva lavorato in stretta collaborazione con il controspionaggio del Sim. In qualità di ufficiale di collegamento britannico, operava alle dipendenze degli alti comandi della sicurezza militare congiunta anglo-americana, cioè agli ordini del G-2 della 5ª Armata americana. Nei suddetti appunti,si riporta, tra l’altro, una dichiarazione del capo dell’808° Battaglione del controspionaggio italiano in zona di operazioni, la quale attesta che «il maggiore Smith e la sua Sezione, composta da 6 uomini più il comandante, aveva “compiti di ricerca delle spie tedesche lasciate dietro le linee alleate”».
Nel luglio 1945 Malcom Smith si unì in matrimonio al soprano fiorentino Elda Ribetti. Come d’incanto il padre della sposa, il fascistissimo colonnello di fanteria Alfredo Ribetti, che si trovava agli arresti, venne scarcerato… Semplici coincidenze?