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Quando con Wikipedia ci si può far male…

Wikipedia ha una grande influenza, sottovalutata da uomini pubblici, studiosi, giornalisti, che copiano (cercando invano di non farsi beccare) o che vengono passati al tritacarne dlla comunità wikipediana. Ma Wikipedia oggi non è più evitabile: occorre far continuamente i conti con essa, e chi ci riesce segna un punto a suo favore. Chi no, si espone a figuracce molto brutte…

di Alberto Lancia ed Enrico Petrucci su “Storia in Rete” n. 60

Chi era Léon-Robert de L’Astran? No, non lo cercate su Wikipedia, non lo troverete. O meglio, non lo troverete più. Perché de L’Astran è un personaggio del tutto inventato, che per tre anni ha vissuto una vita virtuale su una pagina francese dell’enciclopedia online più grande del mondo, vestendo i panni avventurosi di un antesignano della lotta allo schiavismo alla fine dell’Ancien Regime: nato il 20 gennaio 1767 a La Rochelle e colà morto il 7 aprile 1861, de L’Astran sarebbe stato – ma non fu – un naturalista ed erudito. Avrebbe viaggiato – ma non viaggiò – spesso nelle Americhe, in un caso assieme a La Fayette. Pur essendo figlio di un armatore che aveva fatto fortuna importando cacao e negri dalla Guinea equatoriale, Léon Robert de L’Astran si sarebbe opposto – ma non si oppose – fermamente alla tratta degli schiavi e rifiutò di usare le navi ereditate dal padre per quel mercato. De L’Astran è stato quindi il prodotto della fantasia di un utente in vena di burle, un prodotto che è sopravvissuto (caso abbastanza raro) fra le maglie della Wiki in francese fin quando non fu avventatamente citato da un’oratrice d’eccezione: l’ex candidata socialista alla presidenza della Repubblica francese nel 2006, madame Ségolène Royal. Nel giugno 2010 la premiere femme della gauche francese aveva parlato in un discorso per la giornata nazionale contro la schiavitù citando il fantomatico de L’Astran. Sul momento grandi applausi, ma quando un personaggio pubblico parla le sue parole vengono passate al setaccio e la magagna se c’è, esce fuori: un mese dopo il quotidiano francese «Sud-Ouest» ha rivelato che de L’Astran non è mai esistito. Il personaggio era stato creato in una paginetta priva di fonti e bibliografia su fr.wikipedia, opera di membri del Rotary Club di La Rochelle, ed era sopravvissuta per tre anni fin quando l’attenzione mediatica sul personaggio non ha fatto svanire l’incanto. La Royal – arrossendo – si è dovuta scusare, dicendo che era una storia troppo bella per non essere vera, e la pagina è stata individuata dalla comunità wikipediana francofona e – ovviamente – cancellata su due piedi.

Tutto questo preambolo per tirare acqua al mulino dei detrattori di Wikipedia? Nemmeno per sogno. E’ casomai il primo esempio per dimostrare che oramai o cavalchi Wikipedia oppure sarà Wikipedia a cavalcare te. Una lezione che anche dalle nostre parti non è stata recepita, vista la doppia magra figura del ministero per i Beni Culturali e dei suoi critici Carlo Giovanardi (PdL) e Paola Del Din (già presidente dell’Associazione Partigiani Osoppo e medaglia d’oro) a proposito dell’affaire «Malga di Porzûs». Brevemente: nella frazione di Porzûs, in Friuli, nel febbraio 1945 i partigiani comunisti (inquadrati nel IX Korpus sloveno) avevano massacrato i partigiani cattolici della Osoppo (fra i quali il fratello di Pasolini). Porzûs è così divenuto il simbolo – controverso – di una Resistenza comunista infida e di una Resistenza cattolica e martire. Un simbolo che – nella logica delle memorie tutt’altro che condivise – si è deciso di trasformare in «bene d’interesse nazionale». Ma il 9 maggio scorso il sottosegretario Giovanardi denunciava in una conferenza stampa che le motivazioni storiche con cui il ministero dichiarava la Malga di Porzûs «bene d’interesse nazionale» erano state copiate da Wikipedia, «riportando errori macroscopici». Un paio di settimane dopo sui quotidiani e i siti cattolici («Avvenire» in testa) si scatena una campagna contro Wikipedia e – ovviamente – contro il ministero e i suoi funzionari copioni. Ma se i giornali hanno puntato il dito su presunti errori di ricostruzione, in realtà il problema era un altro: copiando da Wikipedia, i funzionari del ministero hanno riportato anche le sezioni della voce che danno conto delle controversie di parte comunista o filo comunista che rendono la questione problematica. E cioè? Diciamolo chiaro: la pagina non è un capolavoro, ma i presunti errori elencati dalla stampa erano solo una scusa speciosa per andare a parare sul fronte ideologico a proposito di una voce di Wikipedia che non trasuda tutto l’anticomunismo che avrebbe fatto piacere, tanto che la Del Din ha definito quella ricostruzione «una porcheria». Se, tralasciando l’ideologia, probabilmente la Del Din ha storiograficamente ragione, sbaglia però nell’attaccare Wikipedia: una pagina dell’enciclopedia online infatti non riporta ciò che noi vorremmo ci fosse scritto, ma – se è ben fatta – dà conto dell’intero panorama della letteratura che riguarda il suo argomento. Se su Porzûs sono stati scritti libri o rilasciate interviste dai toni giustificazionisti o peggio apologetici, il wikipediano ha l’obbligo di riportarli comunque, anche se non ne condivide i contenuti. Un principio fondamentale che né Giovanardi né la Del Din né la stampa italiana hanno mostrato di conoscere e questa ignoranza sul funzionamento di Wikipedia li ha spinti a liquidare come malfatta una pagina di Wikipedia solo perché non riporta esclusivamente ciò che loro vorrebbero trovarvi scritto. Più difficile da definire il «copia e incolla» dei funzionari del ministero, che sembrano non aver proprio letto la pagina, limitandosi a buttar dentro tutto il testo in maniera acritica, riportando anche quelle sezioni che in una motivazione dai toni ufficiali fanno l’effetto del sale nel caffè.

Risultato: la delibera è stata ritirata, la Malga di Porzûs verrà resa «bene d’interesse pubblico» alle calende greche e previa riscrittura delle motivazioni «da parte di uno storico accreditato», e soprattutto tutti hanno perso una bella occasione per cercare di capire un po’ di più su come funziona Wikipedia. L’enciclopedia online è ormai uno strumento potentissimo come hanno invece ben capito dall’altra parte dell’Adriatico, nella Penisola Balcanica. Dove, dalle coste un tempo italiane della Dalmazia si sta portando avanti una paziente ed efficace campagna di «croatizzazione» dei personaggi celebri veneziano-dalmati. Di come questo avvenga all’interno della comunità wikipediana (anglofona soprattutto e dunque internazionale), ci siamo già occupati e ce ne occuperemo oltre [vedi Storia in Rete n° 18]. Per ora interessa invece mettere a fuoco una situazione di segno del tutto opposto alle due presentate finora.

Una breve premessa è necessaria per i lettori che non conoscono ancora bene i meccanismi di Wikipedia. Una premessa essenziale dell’enciclopedia online è che le informazioni che si possono inserire liberamente devono però essere anche referenziate. Uno può anche aggiungere un dato senza giustificarlo in nota a piè pagina, ma il più delle volte gli altri wikipediani se ne accorgeranno e, se perplessi, agiranno con lo strumento del «citazione necessaria» (che colora di rosa la frase dubbia, avvisando i lettori della mancanza di fonti e gli altri wikipediani che c’è un buco da riempire) oppure se l’inserimento non convince proprio, potranno intervenire direttamente «a gamba tesa», cancellando le informazioni prive di riferimenti attendibili (strada che secondo il fondatore di Wikipedia, Jimbo Wales, è quella preferibile: meglio nessuna informazione che un’informazione non referenziata).

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Ciò premesso, torniamo in corpore vili: il caso riguarda invece il montante – e finora efficiente – tentativo croato di accaparrare fra le proprie glorie nazionali tutti i personaggi storici dalmati ed istriani in particolare sulla Wikipedia in inglese. Una campagna a tappeto che procede a rilento grazie al fatto che specialmente per le personalità più famose è impossibile trovare fonti accettabili che sostengano la castroneria di una origine croata. Più facile è il lavoro su quegli sfortunati dalmati dimenticati dai più, molti dei quali hanno già avuto sulla Wiki in inglese un nuovo passaporto, colpevole la negligenza e le divisioni interne alla comunità wikipediana italofona e un’abile campagna di diffamazione ed eliminazione dalla Wikipedia in inglese degli elementi italiani più validi da parte di alcuni utenti croati. Un’eliminazione resa possibile anche dal fatto che non pochi utenti italofoni hanno guardato con malcelata soddisfazione alla liquidazione di wikipediani che – difendendo l’italianità di istriani e dalmati e la storia di quelle regioni – sono considerati come pericolosi «revanscisti», «nazionalisti» o peggio. Il caso in questione riguarda i due Laurana (Luciano e Francesco, autori rispettivamente del Palazzo ducale di Urbino e de La Città Ideale, e di raffinate sculture tardo quattrocentesche a Napoli e in Francia) e nasce invece in maniera del tutto opposta a quella di Porzûs : se in questo il ministero italiano è finito a copiare Wikipedia, per quanto riguarda i Laurana, è al contrario il controllo di internet a dare la possibilità agli ultranazionalisti croati di poter fare un passo avanti a dir poco sfrontato, ma stavolta con un notevole fuoco di copertura sulle spalle.

Dando un’occhiata rapida alle due voci sulla Wikipedia in inglese dedicate ai Laurana – Francesco scultore e Luciano architetto – si ha la stupefacente sorpresa di scoprire che il primo è considerato un «nato dalmata» e il secondo invece è «croato»! Com’è possibile che due persone nate nella stessa città e con lo stesso cognome possano avere nazionalità differenti? La risposta è nelle fonti, che su Wikipedia sono la Bibbia. Francesco infatti ha come fonte della propria origine l’Enciclopedia Britannica e il sito del Getty Museum, che lo dà come «italiano». Nonostante l’offensiva ultranazionalista degli utenti croati, il massimo che sono riusciti ad ottenere di fronte a queste fonti è la sua classificazione come «dalmata» con in nota «considerato di estrazione italiana» (bontà loro). Ma per quanto riguarda Luciano, la realizzazione di una pagina sul portale SEE (South East Europe) Online (un portale sviluppato dal Fondo per la Ricerca Applicata e le Comunicazioni di Sofia – ARCF – allo scopo di creare un network delle ONG balcaniche) nella quale l’architetto del Palazzo Ducale di Urbino e della Città Ideale viene indicato senza mezzi termini come «croato», ha offerto una sponda irripetibile all’usurpazione di questo grande artista. Unito ad un articolo in croato dalla versione online della rivista d’arte «Matica Hrvatska», voilà ecco la pezza d’appoggio all’improvviso mutamento di nazionalità del nostro. Com’è stato possibile dunque? Un Laurana «croato» ed uno «dalmata di estrazione italiana»? Un paradosso solo apparente, alla luce delle regole di Wikipedia sulle fonti. Regole ben fatte e rigorose, che sono sempre dalla parte di chi le conosce meglio. Ma è un paradosso che dà la cifra dell’importanza della presenza sulla rete: chi c’è, domina Wikipedia. Chi non c’è, si fa spazzare via. E siccome in Italia gli argomenti culturali e storici normalmente sono trattati solo dai siti internet di alberghi e bed-and-breakfast a scopo di promozione turistica, poiché i siti ufficiali di ministeri ed enti pubblici sono per lo più «in costruzione» perenne oppure occupati su altri fronti, ecco che sulla versione più importante e cliccata dell’enciclopedia online noi italiani abbiamo perso un pezzo di storia per regalarlo ai nostri rampanti dirimpettai d’oltreadriatico.

Dunque sottovalutare Wikipedia significa nella migliore delle ipotesi fare brutte figure, nella peggiore subire danni diretti (come la dilazione sine die del decreto ministeriale su Porzûs ) e in ogni caso quello di lasciare uno strumento potentissimo nelle mani di gente che non conosciamo e che non è detto sia disposta a far graziosamente anche i nostri interessi. Ignorare l’enciclopedia online – per albagia o per ignoranza – significa esporsi pericolosamente: è stato il caso della televisione pubblica tedesca, la ARD (Arbeitsgemeinschaft der öffentlich-rechtlichen Rundfunkanstalten der Bundesrepublik Deutschland), che nel luglio scorso ha annunciato uno scoop sulla «vera storia della cattura di Eichmann». Uno scoop di cartone, poiché ben poco c’è voluto agli altri media ad andare a cercare la pagina Wiki sul criminale di guerra nazista, constatando che la storia presentata dalla ARD come «inedita» in realtà è nota da tempo e accessibile a tutti con un banale clic sulle corrispondenti voci di Wikipedia tanto in inglese quanto in tedesco (nonché in italiano) e sbertucciando così la TV pubblica tedesca. Come ha fatto l’agenzia di stampa italiana «Il Velino» il 24 luglio scorso.

Ma se sottovalutare l’enciclopedia online significa rischiare d’esserne travolti, non è detto che con le ossa rotte debba per forza uscirne il mondo reale. Infatti Wikipedia – con la sua onnipresenza – rischia di diventare un problema per sé stessa. Wikipedia cita le fonti che provengono dal mondo esterno. Ma queste fonti – giorno dopo giorno – attingono sempre di più a Wikipedia. Inizia così a sorgere l’inquietante problema dell’uovo e della gallina: un’informazione falsa contenuta su Wiki può essere ripresa acriticamente da un media esterno, e questo media può diventare a sua volta una fonte autorevole per Wikipedia, cristallizzando così l’errore e dotandolo di basi documentarie valide. E’ già successo in almeno un caso, e non è possibile sapere in quanti altri si è ripetuto senza che la comunità wikipediana se ne sia accorta. Anche se non riguarda l’ambito storico, il caso emblematico merita qualche riga, perché proprio le scienze storiche sono quelle più a rischio di autoreferenzialità, basate come sono sulla reciproca citazione non tanto di documentazioni o prove sperimentali quanto di testi altrui. Nel febbraio del 2009 alla pagina biografica dedicata al ministro dell’Economia tedesco è stata fatta una modifica che ha aggiunto al lungo nome aristocratico dell’uomo (Karl Theodor Maria Nikolaus Johann Jacob Philipp Franz Joseph Sylvester Freiherr von und zu Guttenberg) un «Wilhelm» non presente in anagrafe. Una modifica passata inosservata e per la quale non è stata richiesta alcuna fonte. Quando – pochi giorni dopo – la stampa ha iniziato ad occuparsi di Guttenberg, chiamato a dirigere il dicastero di Berlino, il suo nome corrotto è stato ripreso da Wikipedia senza essere a conoscenza dell’errore e diffuso in maniera virale sui media. L’errore è saltato infine agli occhi degli wikipediani tedeschi, che hanno cercato di correggerlo in voce, ma il fatto che il nuovo nome di Guttenberg fosse stato riportato da tanti organi di stampa anche importanti, ha reso complicato rimuovere quel «Wilhelm»: come cancellare un dato di cui tanti giornali danno conto? Alla fine è stato necessario l’outing dell’autore della bufala, un anonimo ripreso e diffuso dal blog bildblog.de, del tabloid tedesco «Bild». Il vandalo ha ammesso di aver inserito un falso su Wikipedia, per poter puntare il dito contro i giornalisti rei di usare in maniera acritica questo strumento.

Eppure normalmente Wikipedia ha gli anticorpi per agire contro le bufale. Anzi, la comunità wikipediana può trasformarsi in uno spietato cacciatore di fole, in grado di mettere in difficoltà e perfino smentire anche le affermazioni di studiosi di un certo peso. Se nel maggio 2009 il mensile «Wired» aveva dimostrato che una buona pagina di Wikipedia non è peggiore dell’equivalente articolo scritto da un pezzo da novanta come Umberto Eco (che anzi avrebbe bisogno di un po’ di metodo wikipediano, dove l’ipse dixit non conta nulla), nel febbraio scorso è stato lo storico Giuseppe Casarrubea a finire nel tritacarne della comunità wikipediana italiana ed uscirne molto male. Durante i non facili lavori per realizzare una pagina dedicata alla cosiddetta Battaglia di Tarnova (una serie di scontri fra truppe fasciste repubblicane e partigiani sloveni nel febbraio del 1945) era stato inserito nella voce un accenno ad un presunto eccidio commesso dai marò della Decima MAS nel villaggio di Tarnova della Selva. L’eccidio veniva descritto e denunciato nel blog ufficiale di Giuseppe Casarrubea, su un post dai toni giustificazionisti sul tema «foibe» pubblicato giusto pochi giorni prima. Questo inserimento però lasciava più d’una perplessità agli utenti che lavoravano sulla voce: possibile che di un caso di atrocità fascista del genere non si fosse mai parlato in altre sedi? E soprattutto considerando che il villaggio di Tarnova (oggi Trnovo, in Slovenia) è sede di un importante monumento nazionale sloveno alle vittime della guerra di liberazione contro italiani e tedeschi, possibile che non esistesse nessun accenno a questo fatto nemmeno nelle fonti slovene? Ce n’era abbastanza per procedere d’iniziativa.

Normalmente Wikipedia sconsiglia le cosiddette «ricerche originali»: se un dato è fornito da una fonte, il wikipediano ha il dovere d’inserirlo senza fare soverchia esegesi. Tuttavia Wikipedia stessa sancisce che tutte le regole possono essere ignorate di fronte alla sovranità assoluta del buon senso. E questa sembrava (ed era) proprio la fattispecie. Un utente di Wikipedia (per inciso, uno dei migliori contributori, con all’attivo decine di pagine sulla storia della Venezia Giulia e della Dalmazia, e per questo uno degli ostracizzati sulla Wiki in inglese per i maneggi degli ultras croati) ha contattato Casarrubea sul suo blog: «Egregio professore, in Wikipedia si sta discutendo da un po’ di giorni su una voce relativa alla Battaglia di Tarnova. Nell’ambito della discussione, è balzato fuori questo suo blog, nel quale si afferma che “Quando t’inerpichi nel Carso, poi, senti il tempo lungo della violenza, tra le due città al confine sloveno, epicentro di follie come lo sterminio, ad opera della Decima MAS, del villaggio sloveno di Trnvo (Tarnova)”. Non si riesce a trovare in nessuno studio italiano una conferma a quanto da lei scritto, così come da una visita fatta in loco non si è riusciti a trovare alcun monumento che ricordi questo “sterminio”. Sono qui a chiederle quindi una conferma del fatto, magari con qualche approfondimento: date, fonti eccetera. La ringrazio fin d’ora a nome di tutto il gruppo di interessati alla questione in Wikipedia». Il ricercatore siciliano ha risposto: «Caro lettore, l’Archcivio [sic] che abbiamo costituito con le copie degli originali dei fondi del NARA (College Parck [sic]), Kew Gardens (Londra), Slovenia, Sis (circa 20 mila documenti) non è al momento organizzato, in quanto facciamo tutto a un livello di volontariato per mettere a disposizione delle nuove generazioni un patrimonio di testimonianze e di memoria che potrà essere utile a capire la nostra storia. Stiamo provvedendo a informatizzare i dati, a digitalizzarli e renderli disponibili di modo che i lettori, posano avere tra le mani non solo le interpretazioni dei fatti, ma i documenti. Non le posso dare al momento una immediata risposta. Tuttavia le assicuro che provvederò a effettuare una ricognizione tra le varie buste e i vari fascicoli che abbiamo raccolto e a darle una adeguata informazione». Arriva così il secondo affondo dell’implacabile wikipediano: «Egregio professore, la ringrazio per la sua risposta. Nel frattempo, ho contattato un mio conoscente sloveno insegnante di scuola, che mi dice di non aver mai sentito parlare di un eccidio della Decima MAS a Tarnova. Da ciò che si legge nelle fonti italiane e slovene (per quello che riguarda le fonti slovene, uno studio sul IX Korpus), in questa località ci sono stati degli aspri combattimenti, ma la popolazione locale sarebbe fuggita prima dell’arrivo dei reparti italiani. (…) Per una conferma dell’esistenza o meno dello sterminio di cui lei parla, basta però che chieda alla dottoressa Cernigoi: non credo sia necessario rimettere a posto 20 mila documenti di archivi vari. Uno sterminio compiuto dai fascisti durante la guerra è sempre un fatto assai noto in Slovenia, ricordato almeno da un cippo. Non conosco eccezioni (…) Gli stermini compiuti da tedeschi e italiani sono tutti quanti noti fin dagli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso. Mi permetto infine di segnalarle che il nome in sloveno della località non è Trnvo – com’è scritto nel blog – ma Trnovo».

Purtroppo sembra che Casarrubea abbia bloccato l’inserimento di questa lettera (la sua replica invece è leggibile sul blog) e si è lasciato andare ad una fumosa omelia sui massimi sistemi. Tentativo vano: per la comunità wikipediana, Casarrubea è stato bocciato con grave insufficienza in storia della Venezia Giulia. Su Wikipedia quindi si è proceduto all’unanimità a cassare la bufala senza rimpianti e senza polemiche, tanto che perfino uno degli utenti esplicitamente più schierati su tesi «resistenzialiste» si è pronunciato senza riserve a favore del colpo di mannaia. Anche se Casarrubea non ha consentito la pubblicazione sul suo blog della lettera che metteva in discussione «il massacro di Trnvo», tuttavia quanto mancante è stato riportato parola per parola nella pagina di discussione della voce wikipediana in questione. E là resta a futura memoria. Chi scherza con Wikipedia finisce per farsi male…

 

Ma Wikipedia è politicizzata o no?

Il 4 aprile scorso sul “Giornale” apparve un lungo articolo-inchiesta sulla politicizzazione di Wikipedia a firma di Alessandro Gnocchi. L’articolo – intitolato “Come taroccare una voce di Wikipedia” – partiva da alcune presunte dichiarazioni di una “gola profonda”: un admin “dissidente” che avrebbe svelato al “Giornale” alcuni arcana imperii in cambio dell’anonimato. La discussione che si accese nel “Bar” di Wikipedia italiana (il “Bar” è una sorta di forum di servizio dove si parla fra wikipediani di questioni inerenti l’enciclopedia) evidenziò subito una serie di errori del pezzo che rendevano improbabile che un vero admin potesse aver fornito a Gnocchi le informazioni in questione. Ma evidenziò anche un certo nervo scoperto, che è quello della politicizzazione non dell’enciclopedia – che è e resta neutrale – ma di molti dei suoi contributori. Il meccanismo dell’egemonia culturale evidenziato da Lancia e Petrucci nello scorso numero di “Storia in Rete” è il vero sistema con cui utenti politicamente schierati riescono a far passare la loro posizione faziosa per “neutrale” e la neutralità pretesa dalle regole e da altri utenti come una “pericolosa maniera di far passare tesi minoritarie in maniera surrettizia”. Gnocchi evidenzia alcune cose oggettivamente vere: molti utenti fanno professione di fede politica in maniera chiara (per esempio attraverso i cosiddetti “Babelfish” nelle proprie pagine-utente, ossia una descrizione fra il serio e il faceto dei propri gusti e competenze), e che alcune uscite politiche sono più tollerate di altre. Ma soprattutto ha messo il dito nella piaga più dolorosa della comunità di Wikipedia: la manipolazione del consenso. E che questo sia il vero problema è testimoniato dall’assordante e imbarazzato silenzio nella discussione al “Bar” che ha circondato la denuncia fatta nel suo pezzo. Ufficialmente gli utenti si frequentano solo sulle pagine pubbliche di Wikipedia, in una “casa di vetro” che tutti possono leggere. In pratica è un segreto di Pulcinella che ci siano gruppi di utenti che si coordinano via mail o chat e che riescono così a coalizzarsi per ottenere il “consenso” necessario affinché certi interventi passino oppure vengano bloccati. E così il circolo si chiude: il problema non è della politicizzazione di Wikipedia, ma dei suoi utenti. Come ogni strumento, esso è buono o cattivo a seconda delle mani che lo utilizzano. [EM]

 

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