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Pasolini, Cefis e il petrolio: storia di un libro sparito

La storia dei libri è piena di roghi, distruzioni, censure. Ci sono autori e titoli pericolosi: idee sulle quali (per qualcuno) è meglio stendere un velo di silenzio. Cancellarle per dimenticarle. Far calare il buio. Fra questi libri “maledetti”, uno particolarmente scomodo e curioso, del nostro recentissimo passato, s’intitola “Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente”.

di Luigi Mascheroni

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Fu scritto da un ‘enigmatico’ Giorgio Steimetz (in realtà pseudonimo di Corrado Ragozzino), fu pubblicato nel 1972 dall’Agenzia Milano Informazioni (finanziata da Graziano Verzotto, uomo di Enrico Mattei nonché informatore di Mauro De Mauro, il giornalista dell'”Ora” di Palermo ucciso dalla mafia nel 1970) e venne subito – misteriosamente – ritirato dal mercato e da tutte le biblioteche italiane, sparendo di fatto dalla circolazione.

Perché tanta paura? Cosa contengono quelle pagine? Parecchie cose. Interessanti ancora oggi, a quasi quarant’ anni di distanza. Ma andiamo con ordine. Il libro “Questo è Cefis” è una sorta di biografia, ovviamente non autorizzata e con parecchie rivelazioni scottanti, di Eugenio Cefis (1921-2004), dirigente d’azienda e imprenditore italiano, consigliere dell’AGIP, presidente dell’ENI nel 1967 e poi presidente della Montedison, nel 1971.

L’autore lo descrive come un temuto e vorace uomo di potere, un “burattinaio” che trama nell’ombra per ottenere la presidenza dell’ENI e neutralizzare l’azione fortemente indipendente di Mattei per ricondurre l’Italia nell’orbita atlantica, con una politica gradita alle multinazionali angloamericane del petrolio.

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Non solo. Steimetz/Ragozzino avanza l’ipotesi che Cefis abbia avuto un ruolo nella tragica fine di Mattei – a cui succedete alla guida dell’Eni – morto il 27 ottobre 1962 precipitando con il suo aereo nelle campagne di Bascapè, vicino Pavia. Incidente sul quale non è mai stata fatta completa chiarezza.

Il libro, come detto, sparisce ben presto dal mercato. Addirittura risulta irreperibile nella Biblioteca nazionale di Roma e in quella di Firenze (alle quali, per legge, deve essere inviata una copia di ogni libro stampato in Italia). Ma ora – questa è la notizia – sta per ritornare.

Una piccola casa editrice, guarda caso di Pavia, Effigie, dell’editore e fotografo Giovanni Giovanetti (uno dei pochi possessori di una copia superstite), sta pensando di rimetterlo in commercio. Intanto da qualche giorno lo sta ripubblicando, a puntate, capitolo per capitolo, sul sito www.sconfinamenti.splinder.com.

Una scelta che coincide (un caso?) con un’altra notizia: lo scorso 27 marzo l’avvocato Stefano Maccioni e la criminologa Simona Ruffini hanno depositato alla Procura di Roma un’istanza di riapertura delle indagini sulla morte di Pier Paolo Pasolini, ucciso all’Idroscalo di Ostia nella notte fra il 1° e il 2 novembre 1975.

L’istanza si basa su dichiarazioni rese lo scorso 12 settembre da Pino Pelosi – come è noto condannato in via definitiva per l’omicidio dello scrittore – il quale, per la prima volta dopo più di trent’anni dal fatto, ha ammesso che quel giorno non era solo con Pasolini a Ostia, e che altre tre persone, siciliani a suo dire, avevano partecipato al massacro.

«Quello che abbiamo richiesto agli investigatori – ha detto l’avvocato Maccioni – può essere riassunto in due punti. Anzitutto analizzare compiutamente quanto contenuto nelle indagini svolte dal pm Vincenzo Calia in relazione alla morte di Enrico Mattei, in particolare quanto emerso con riferimento al manoscritto “Petrolio” di Pasolini e al libro “Questo è Cefis” di Giorgio Steimetz; ovvero la tesi secondo la quale lo scrittore ucciso sarebbe venuto a conoscenza dei mandanti dell’omicidio Mattei indicandoli nel proprio romanzo “Petrolio”; ed accertare pertanto se sussista un collegamento tra gli assassini di Mattei, De Mauro e Pasolini».

Quando viene ucciso, infatti, Pasolini sta lavorando sugli stessi temi del libro di Steimetz- Ragozzino (testo che ben conosce), ossia il ruolo oscuro di Eugenio Cefis nella politica italiana e gli ambigui rapporti tra Stato e potenze occulte.

Nel ’75 comincia a scrivere “Petrolio”, il suo grande romanzo sul Potere (preannunciato di 2000 pagine e destinato a rimanere incompiuto, sarà pubblicato postumo da Einaudi nel 1992, 17 anni dopo la sua morte): un romanzo che scava dentro il rapporto tra economia e politica, le bombe fasciste e di Stato e le società “segrete”, a partire da Eugenio Cefis, che in “Petrolio” viene ribattezzato “Troya”.

“Petrolio” è il profetico e incompiuto romanzo-verità sull’Italia del doppio boom: sviluppo e bombe. Quello “Stato nello Stato” che – secondo alcuni, non sempre da condannare come dietrologi – ha deciso la sorte di Mattei, di De Mauro e dello stesso Pasolini.

Da ricordare, tra l’altro, che dopo la morte violenta di Pasolini si scopre che parte di un capitolo di “Petrolio” è sparito: quello intitolato “Lampi sull’Eni”, dove si ipotizza che Cefis-Troya avesse avuto un qualche ruolo nello stragismo italiano legato al petrolio e alle trame internazionali.

E proprio indagando sulla morte di Mattei, presidente dell’Eni prima di Cefis, un giudice pavese – Vincenzo Calia – ha constatato la lucidità dello scrittore “corsaro” nel ricostruire il degrado e la mostruosità italiana identificando il burattinaio principale in Eugenio Cefis, affarista e “liberista” tanto quanto Enrico Mattei era utopista e statalista.

«Forse Pasolini non è stato ucciso da un ragazzo di vita perché omosessuale, ma da sicari prezzolati dai poteri occulti in quanto oppositore a conoscenza di verità scottanti», ipotizza Giovanni Giovannetti. Sta di fatto che Calia legge “Petrolio”, e poi riesce fortunosamente a reperire una copia anche del libro misterioso “Questo è Cefis”. E per primo coglie tutte le analogie e le simmetrie tra il testo di Steimetz/Ragozzino e il romanzo incompiuto di Pasolini.

Di questo e di molto altro ancora si parla ne “Il Petrolio delle stragi” di Gianni D’Elia, un saggio-inchiesta pubblicato nel 2006 dalle stesse edizioni Effigie, ora ripreso – in insieme al dossier di Carlo Lucarelli e Gianni Borgna “Così morì Pasolini” pubblicato sul numero 6 di “Micromega” del 2005 – da Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza in “Profondo nero” (Chiarelettere, 2009), lo stesso titolo dato a uno dei capitoli dell’inchiesta di D’Elia.

A margine di tutto ciò, vale infine segnalare che in base a un appunto del Sismi rintracciato dallo stesso Calia, la Loggia P2 sarebbe stata fondata in realtà da Cefis, che l’avrebbe diretta sino a quando fu presidente della Montedison; poi sarebbe subentrato il duo Umberto Ortolani-Licio Gelli… E qui le “trame” d’Italia si ingarbugliano ulteriormente, forse troppo.

Per fortuna, comunque, ancora tanto si continua a parlare di Pasolini, probabilmente l’ultimo vero grande “intellettuale” nel senso vero e positivo della parola che l’Italia abbia avuto.

Mentre Garzanti da qualche mese sta ripubblicando in un’apposita collana tutti i titoli più importanti dello scrittore-poeta-regista (finora sono apparsi “Una vita violenta”, “Ragazzi di vita”, “L’odore dell’India”, “Scritti corsari”, “Passione e ideologia”, “Le ceneri di Gramsci”, “Il sogno di una cosa” e “Teorema”) arriva la notizia che Massimo Ranieri sarà il protagonista di un film intitolato “Pasolini, la verità nascosta” diretto da Federico Bruno, sceneggiato da Massimiliano Moccia e incentrato proprio sulla stesura del libro incompiuto “Petrolio”.

Sarà girato il larga parte nella torre medievale di Chia, frazione di Soriano nel Cimino, in provincia di Viterbo (acquistata dallo scrittore nel 1970 e trasformata nella sua seconda residenza), dove Pasolini avrebbe dovuto incontrarsi con alcuni amici la mattina del 2 novembre 1975. Il giorno della sua morte.

Luigi Mascheroni

inserito su www.storiainrete.com l’8 aprile 2009

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