HomeIn libreriaOrrore, sadismo e fantasia: ecco la millenaria storia della tortura

Orrore, sadismo e fantasia: ecco la millenaria storia della tortura

Per gentile concessione della Newton Compton editori e dell’autore, pubblichiamo un estratto dell’introduzione al volume “Il grande libro delle torture” (pp. 284, € 14,90).

di Antonio Maccioni

La tortura è una pratica riprovevole, eppure sembra aver accompagnato la storia dell’umanità fin dalla notte dei tempi. In certe circostanze, in certi fatti di cronaca
anche vicini a noi, pare accompagnarla ancora adesso, affondando forse le sue radici addirittura nella lontana preistoria. La tortura, verrebbe da dire, esiste da quando esiste l’uomo. Tormenti, supplizi, preparazioni al martirio, ancor prima di esecuzioni capitali e condanne a morte – in tempi e in luoghi differenti e in contesto sia pubblico che privato – sono stati utilizzati per punire, intimidire, terrorizzare, estorcere confessioni o prestazioni
di altra natura, sopprimere dissenso, degradare, controllare.

Il termine che definisce questa pratica deriva da un verbo latino, torquere, che significava esattamente “torcere”: indica da un punto di vista fisico, materiale, l’attività di flettere, strizzare, persino tagliare da parte a parte il corpo di un essere vivente, per ottenere i risultati succitati, in mille modi potenzialmente ancora più elaborati rispetto a queste indicazioni generali. Scorticati, scuoiati, flagellati, appesi, bolliti e seppelliti vivi, tormentati con la solitudine e la reclusione, con l’acqua e con il fuoco, con i ferri e con la corda, con la ruota e il cavalletto: come si vedrà, nel destino dei suppliziati – purtroppo per loro – non si trova limite alla fantasia del torturatore. Ma ecco un fatto: qui si intende una tortura non solamente tribunalizia. Si affronta infatti la violenta coercizione, sia essa propriamente fisica o anche mentale, usata anche al di fuori dell’ambito giudiziario, secondo il significato che la tortura stessa ha assunto in senso figurato oltre che proprio. Ci si riferisce in generale a sevizie e crudeltà, fatte patire a qualcuno da qualche aguzzino: come nel caso
di certi serial killer, per esempio, caratterizzati da sadismo, i quali sottopongono il malcapitato alla violenza bieca – prima ancora che alla morte – al fine di ottenerne
pur sempre qualcosa, in maniera diretta o indiretta che sia.

Il percorso che il lettore si appresta ad affrontare è articolato, in senso cronologico, in quattro parti principali: la prima parte affronta casi collocabili nella preistoria e nella storia antica, con attenzione particolare al mondo greco e a quello romano. La seconda parte è dedicata al Medioevo, in cui si è messo in evidenza il primo sorgere dell’Inquisizione: si sono recuperati anche alcuni episodi singolari, da contesti culturali e geografici diversi. Nella terza parte si è presa in considerazione l’età moderna: l’Inquisizione spagnola e quella romana preparavano una nuova declinazione della pratica, quando la radice religiosa
si intrecciava in maniera sempre più inestricabile alle origini politiche, mentre si preparavano cambiamenti, si presagivano rivoluzioni. Nella quarta parte ci si è collocati nella cosiddetta età contemporanea, scoprendo i totalitarismi e la cultura della guerra, i serial killer e le psicosette.

Alla fine del Settecento si affermava del resto la tendenza a escludere la tortura da qualsiasi processo di ricerca della verità. La Russia zarista e l’Unione Sovietica staliniana, la Germania di Hitler, le varie forme di fascismo in Europa e in America latina, ne avrebbero ancora certamente fatto largo uso, ma si presentavano prima di tutto come regimi ragionevolmente indegni, comunque come azioni di rottura. La tortura era stata a quel tempo in larga parte esclusa, come concetto, per così dire, dal mondo della cittadinanza e della civiltà. Questo libro racconta molti – sicuramente i più importanti – strumenti e metodi di tormento a partire dalle persone che li hanno sperimentati, se non da coloro che
li hanno permessi e predisposti: all’inizio e alla fine di questa storia, tanto struggente quanto affascinante, c’è la vita e ci sarà la vita, anche se vilipesa, quando non spezzata. (…) In questo nostro racconto, non abbiamo dimenticato che la storia degli strumenti di tortura ha talvolta subito la suggestione di falsi miti, ricostruzioni tutt’altro che indiscutibili e rappresentazioni distorte. Alcuni arnesi si sono addirittura col tempo rivelati esagerazioni
di apparecchi utilizzati in pratiche reali, quando non invenzioni prodotte successivamente all’epoca in cui furono collocate. (…)

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Non può che emergere un aspetto peculiare: le vittime delle atrocità rievocate furono persone vere, in carne e ossa; persone che subirono sofferenze inenarrabili. Non si è voluto mai banalizzare quel dolore. La violenza degli aguzzini non è mai glorificata. Avere cognizione della loro crudeltà si rivelerà un passaggio capitale nella conquista di una più forte coscienza o di una nuova consapevolezza, se si vuole, degli effetti che i tormenti, anche quelli più spregiudicati e più raccapriccianti, hanno causato e possono ancora causare sulla persona vittimizzata. Non lo intuirebbero nell’immediato i cosiddetti deboli di cuore: è questo, paradossalmente, un viaggio alla scoperta dell’umanità.

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