di Francesca Mulas da TiscaliNotizie del 17 gennaio 2024
È l’imperatore romano più celebre e chiacchierato della storia e il più raccontato dal cinema e dalla letteratura. Le fonti del tempo lo descrivono come cinico e megalomane, l’arte ne ha fatto un simbolo di crudeltà. Chi non ha mai sentito parlare della leggenda di Nerone che suona la lira in cima al Palatino mentre Roma brucia? Oggi, due millenni dopo la morte, conosciamo una storia diversa: era in realtà un uomo colto, curioso, amatissimo dal suo popolo, e durante il suo regno l’impero romano attraversò un periodo di pace e prosperità. Crudele? Non più dei suoi predecessori, ben avvezzi al tradimento e alla violenza pur di mantenere il potere.
Sulle tracce dell’imperatore Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, salito al trono romano il 13 ottobre dell’anno 54 non ancora diciassettenne, c’è oggi un podcast interessante e accurato: “Dov’è Nerone” è una serie originale che ripercorre la vita di un personaggio che oggi è quasi un fantasma tra leggenda e realtà.
Prodotta dal Parco Archeologico del Colosseo, che oltre al celebre Anfiteatro Flavio gestisce a Roma i siti archeologici del Foro romano, il Palatino, la Domus Aurea, è realizzato con la supervisione di Francesca Guarneri e Federica Rinaldi e scritto e narrato da Luca Lancise con il sound design di Maurizio Pecorella. On line su Spotify, per ora, le prime due puntate di un racconto avvincente e ricco di dettagli poco conosciuti su questo frammento della storia romana.
Il mistero della tomba
I primi episodi, “La tomba dell’imperatore” e “L’albero infernale”, partono proprio da uno dei più grandi misteri: dov’è sepolto Nerone, morto suicida a soli 30 anni dopo essere stato deposto dal Senato? A Roma esiste una “tomba di Nerone”, si trova nel quindicesimo municipio della città, nella via Cassia, ma custodisce il sarcofago di Publio Vibio Mariano e di sua moglie Regina Maxima, morti nella seconda metà del III secolo dopo Cristo. Da dove nasce allora la leggenda che qui vuole le sue spoglie? Pare che attorno alla sua vera tomba, che si trovava dove oggi sorge la Basilica di Santa Maria del Popolo, fosse nata nel Medioevo una credenza inquietante: qui era cresciuto un albero maledetto e vi svolazzavano corvi malauguranti; il papa Pasquale II, che regnò in Vaticano tra il 1099 e il 1118, si convinse che su Roma aleggiasse lo spirito infausto di Nerone, fece distruggere la tomba e ordinò che i suoi resti mortali fossero gettati nel Tevere; diffuse poi la notizia che fosse sepolto nella via Cassia e da qui nacque la falsa attribuzione.
Un imperatore amato dal popolo
Oggi Roma conserva pochissime tracce neroniane, ma sappiamo che Nerone non fu vittima di una ufficiale damnatio memoriae, come molti credono. La leggenda di un uomo paranoico, crudele e cinico fu diffusa dagli storici latini antichi, portavoce degli interessi aristocratici che Nerone invece osteggiava, mentre gli studi più recenti raccontano un profilo diverso dell’uomo. Secondo il giornalista Massimo Fini, autore di “Nerone, duemila anni di calunnie” pubblicato da Mondadori nel 1993, l’imperatore aveva in mente di trasformare la società, l’economia e la cultura romane per adattarle alle dimensioni di un impero grandissimo che andava dall’Europa al Medio Oriente fino all’Africa, e per questo trascurò la conservatrice classe dei senatori e le élite economiche e intellettuali per dedicarsi alla riforma monetaria che favoriva il popolo, a un diverso impianto urbanistico per la città, a nuove opere pubbliche; si occupò meno di politica estera e militare e diede un grande impulso all’arte e agli spettacoli. “Un grandissimo uomo di stato”, lo definisce Fini.
La leggenda nera raccontata da romanzi e cinema
Nerone, come ricorda Svetonio nel suo libro di biografie “Vite dei Cesari”, era magro, aveva i capelli tendenti al biondo che portava lunghi sulle spalle, e il corpo costellato di lentiggini; era affabile, intelligente, colto grazie anche all’educazione impartita da Seneca, l’intellettuale più in voga in quel tempo; era curioso e amante della letteratura, delle arti manuali, della musica e del teatro. Il suo ritratto fu stato offuscato dalla presenza di una madre ingombrante e ambiziosa, Agrippina, autrice di intrighi e omicidi che gli assicurarono il trono imperiale. Fu certamente meno folle e crudele di come la storia antica ci ha raccontato, e di sicuro non fu lui a incendiare Roma nel 64 dopo Cristo secondo una visione arrivata fino ai giorni nostri con libri e cinema (celebre il film hollywoodiano “Quo vadis” con Peter Ustinov, Robert Taylor e Deborah Kerr del 1952).
Una casa enorme e sfarzosissima
Megalomane? Senza dubbio: dopo il grande incendio, fece costruire per sé una residenza sfarzosissima che prese il nome di Domus Aurea, progettata dagli architetti Severus e Celer e decorata dal pittore Fabullus: una serie di edifici, separati da giardini, boschi e vigne e da un lago artificiale, nella valle tra i colli Oppio e Palatino, con bagni termali, sale per banchetti arricchita da stucchi, mosaici, dipinti, statue, ori e pietre preziose. Della reggia oggi resta pochissimo, ma possiamo visitare gli ambienti conosciuti come la Sala Ottagonale, il Criptoportico, il Cortile Pentagonale.
Duemila anni dopo la sua esistenza possiamo dunque guardare a Nerone con occhi diversi. E se il popolo lo amava, tanto da portare fiori sulla sua tomba per diversi secoli dalla sua morte, forse non era realmente quel folle sanguinario che la storia ci ha tramandato.