Varie specie di uomo preistorico s’incrociarono tra loro prima che un singolo gruppo, l’Homo sapiens, emergesse come dominante. L’uomo di Neandertal era uso accoppiarsi con i Denisoviani, così come altre progenie di ominide, tra cui i nostri più diretti antenati e una misteriosa, ancora sconosciuta. Non solo: lo studio che l’ha rivelato, pubblicato su Nature, ha constatato anche come l’accoppiamento tra parenti stretti fosse pratica comune. Si tratta della più completa ricerca mai effettuata sul genoma dell’uomo di Neandertal.
di Carola Traverso Saibante dal Corriere della Sera del 1 dicembre 2013
PREISTORICO FLUSSO GENETICO – È stato il piccolo osso dell’alluce di una donna vissuta 50 mila anni fa, il cui Dna è stato analizzato dai ricercatori, il pezzo che ha fornito la prova finale a questa ipotesi sorta durante lo studio internazionale cominciato nel 2006, e condotto su resti rinvenuti principalmente nelle caverne dei monti Altai, in Siberia. Gli scienziati hanno messa a confronto i dati genetici di esseri appartenenti alla specie Neandertal con quella di altre specie di ominidi – almeno quattro – che convivevano all’epoca sulla Terra. I primi sono i Denisoviani, identificati grazie alle analisi del Dna nel 2010 nelle stesse caverne siberiane, dal gruppo di ricercatori guidati dall’antropologo evoluzionista Svante Pääbo, dell’Istituto Max Plank di Lipsia. La seconda specie è quella a cui apparteniamo, l’Homo sapiens. Ci sarebbe poi una terza, misteriosa, progenie di ominidi, che si separò dagli altri gruppi più di un milione di anni fa (Neandertal e Denisoviani si separarono circa 300 mila anni fa). Si tratta forse dell’Homo erectus.
TRACCE FINO A NOI – Il flusso genetico tra gruppi di ominidi non era frequente, ma accadeva. «Non sappiamo se l’accoppiamento incrociato avvenne una volta, quando i Neandertal si mischiarono con i moderni umani, e non accadde mai più, oppure se i gruppi vivessero uno di fianco all’altro e gli incroci avvennero per un periodo prolungato», ha dichiarato Montgomery Slatkin dell’Università della California a Berkeley, uno degli autori della ricerca. Grazie a questo flusso genetico, sia i Denisoviani che i Neandertal lasciarono tracce nel Dna della specie a cui noi apparteniamo. Secondo i ricercatori, tra l’1,5 e il 2,1% del genoma degli esseri umani attuali – tranne gli africani – può essere fatto risalire a quello dei Neandertal, mentre i Denisoviani avrebbero lasciato tratte genetiche, pur minori, tra alcune popolazioni asiatiche e dell’Oceania: tra gli aborigeni australiani e alcune etnie delle isole pacifiche e della Nuova Guinea la percentuale raggiungerebbe il 6%. Non si sa con certezza fino a quando sopravvissero i gruppi di ominidi oggi estinti, ma ci sono prove che Neandertal e Sapiens abbiano convissuto per almeno 30 mila anni.
INCESTO RAMPANTE – Lo studio della donna di Neandertal ha anche rivelato come lei fosse frutto dell’accoppiamento di due parenti stretti. Suo padre e sua madre erano mezzi fratelli da parte di madre, oppure erano uno zio e sua nipote, oppure una zia e suo nipote. O anche un nonno e la nipote, una nonna e un nipote o al massimo due cugini di primo grado. Ulteriori analisi genetiche hanno dimostrato come fosse comune l’accoppiamento tra parenti stretti, in particolare per quanto riguarda i Neandertal. I ricercatori sapevano che la diversità genetica tra quegli ominidi era minore di quella che esiste attualmente tra gli esseri umani, ma un così alto tasso di accoppiamento tra parenti stretti era inaspettato: «È stato sorprendente scoprire che erano fratellastri, o qualcosa del genere», ha dichiarato Pääbo. La donna apparteneva a un gruppo di popolazione molto ristretto e isolato, cosa molto comune all’epoca. Grazie a questa ricerca, gli scienziati hanno scoperto almeno 87 geni specifici che ci differenziano dai Neandertal, il nostro parente preistorico più stretto.