di Fabio Figara per Storia in Rete del 15 giugno 2024
“L’eroe magico” oppure “il mago”: così Gabriele D’Annunzio descrisse Guglielmo Marconi nel corso di una visita al centro radiotelegrafico di Centocelle nel 1915, appuntando: “un’immensa energia cosmica, costretta negli strumenti esatti, misurata e asservita, parlava con quell’uomo tranquillo e possente un linguaggio che egli comprendeva come il favellio del suo bambino”.
L’ammirazione dello scrittore era giustificata: con le sue invenzioni Marconi stava veramente aprendo il mondo al futuro, permettendo la comunicazione senza fili, riducendo così le distanze tra i paesi. L’incontro romano segue la creazione della prima stazione radiotelegrafica intercontinentale italiana, inaugurata 4 anni prima in Toscana. La scelta per l’inventore ricadde su Coltano, un tempo proprietà della Corona, oggi un territorio della provincia di Pisa sito in aperta campagna, ai limiti del quale scorre l’Arnaccio, una delle diramazioni del delta del fiume Arno, e facente parte del Parco Regionale di Migliarino, S. Rossore e Massaciuccoli. Prima della stazione di Marconi, e prima ancora dell’Unità d’Italia, nel 1843 la zona conobbe l’installazione della linea ferroviaria Pisa-Livorno (quarta nel Bel Paese e prima nella regione) e, quattro anni dopo, il fisico Carlo Matteucci vi installò la prima linea telegrafica elettrica italiana per collegare proprio le due stazioni ferroviarie toscane. Dopo il 1861, Coltano divenne riserva di caccia del Re. Successivamente, Vittorio Emanuele III, con la concessione di alcuni terreni, permise di effettuare sperimentazioni e di investire in progetti industriali nell’area. E proprio qui, grazie ad una serie di rilevamenti e di calcoli, Marconi riscontrò la posizione ideale per la creazione della prima Stazione Radio italiana a onde lunghe, secondo quanto richiesto dal Governo nel 1903. A tale scopo, il Parlamento stanziò un finanziamento di ben 800.000 lire. A causa di ritardi e contrattempi, la struttura entrò ufficialmente in servizio nel 1910, e venne inaugurata l’anno successivo alla presenza del Re e dello stesso Marconi che nel frattempo, due anni prima, aveva ricevuto il premio Nobel per la Fisica, primo italiano ad ottenere tale riconoscimento.
In occasione dell’inaugurazione, Marconi inviò il primo messaggio da Coltano alla stazione di Glace Bay, in Canada, coprendo più di 5.000 km, e raggiungendo così un nuovo record: la prima stazione radiotelegrafica intercontinentale italiana era finalmente attiva e funzionante. Da qui, oltre che verso Clifden, in Irlanda, l’altro grande successo fu l’invio di un messaggio a Massawa, in Eritrea, dimostrando come fosse possibile superare anche i circa 2.000 km di Sahara. Abbandonata poi nel 1975, di quella che sul New York Times venne definita la stazione radio “most powerful in the world”, purtroppo, oggi restano soltanto ruderi, uno scheletro di proprietà del Demanio statale, già in concessione al Comune di Pisa.
Ne ho parlato con Fabio Cosci, presidente dell’Associazione Marconi Labs Coltano (MLC) ed editor di Radio Coltano Marconi, che ha curato, insieme agli altri soci, la realizzazione del Museo all’interno della Villa medicea, in cui viene illustrata la storia della zona, con un’ampia parte dedicata proprio al famoso inventore e alla strumentazione recuperata o ricostruita secondo le fonti.
«Marconi capì l’importanza di creare una presa di terra per l’installazione della nuova struttura, e comprese la necessità di realizzare questo progetto in una zona umida, com’era in buona parte Coltano a quel tempo. Costruì così la prima stazione e le antenne, alte 75 metri, composte ognuna da 45 metri circa di ferro e, per il restante, di abete americano». L’umidità dell’area, infatti, permetteva di avere una maggiore conduttività elettrica e una migliore propagazione delle onde trasmesse. La posizione vicino a Pisa e a Livorno (quest’ultima sede dell’Accademia navale) era inoltre utile per i collegamenti con il resto del Paese, in particolare con Roma e Milano. Non doveva essere stata comunque una zona troppo sconosciuta all’inventore, in quanto aveva trascorso la gioventù proprio nella limitrofa città dei “Quattro Mori”: qui, dove i genitori avevano affittato una dimora sul viale Regina Margherita, fu iscritto all’Istituto Nazionale nella centralissima via Cairoli, dove avrebbe potuto approfondire le materie scientifiche. Ebbe tuttavia un percorso di studi piuttosto irregolare, ma riuscì ugualmente a migliorare le tecniche di costruzione dei suoi primi apparecchi elettrici. E sempre a Livorno, oltre a coltivare un grande amore per il mare e un interesse sconfinato per quelle che chiamava “onde elettriche”, poté studiare con il professor Vincenzo Rosa, noto docente di elettrofisica, e riuscì ad imparare l’alfabeto Morse da un telegrafista in pensione, quasi cieco, Nello Marchetti.
«Grazie alla stazione di Coltano divenne possibile comunicare con tutto il mondo. La struttura originaria fu poi ampliata, tramite la costruzione di un’altra sede con antenne maggiormente potenti a fianco. Purtroppo di quest’ultima non resta quasi nulla: i tedeschi, che occuparono Coltano per buona parte del ’44, conoscendone l’importanza strategica, la fecero saltare in aria prima di ritirarsi o di venir catturati dagli Alleati». Nei pressi della stazione di Marconi furono poi installate una Stazione Radar della Nato nel 1962 (e abbandonata gradualmente fino al 2000) e un Centro Trasmittente RAI, dismesso recentemente.
«Noi di MLC crediamo fortemente nell’importanza di recuperare la struttura, data la sua importanza storica. Abbiamo infatti in programma una serie di iniziative per riscoprirla, in accordo con il Comune di Pisa. Oltre ad una conferenza a fine giugno nel Giardino Scotto a Pisa, organizzeremo una mostra di radio antiche dal 16 al 31 luglio mentre, il 24 luglio, in occasione della rassegna Coltano Radio chiama Futuro, avremo la visita della famiglia Marconi. E il nostro museo, all’interno della Villa medicea di Coltano, è sempre aperto. Quest’anno, in cui ricorrono i 150 dalla nascita dell’inventore, varrebbe la pena riscoprire questo gioiello abbandonato che tanto ha significato nella storia d’Italia. E del mondo».