La nuova presidente messicana Claudia Sheinbaum non ha invitato re Felipe al suo insediamento perché non si è scusato dei danni della Conquista. Per protesta la Spagna sarà assente dalla cerimonia.
di Laura Cardia – dalla newsletter cosedispagna del 30 settembre 2024
Questa è cosedispagna, una newsletter di cadenza settimanale in cui racconto la Spagna che mi colpisce e che difficilmente trova posto sui media italiani. Oggi parliamo del gelo tra Spagna e Messico dopo il mancato invito a re Felipe all’insediamento della presidente Claudia Sheinbaum. Il Capo di Stato spagnolo non si è scusato per la Conquista e il Messico ha deciso di non invitarlo, suscitando la reazione indignata del Governo spagnolo.
Spagna e Messico, il gelo sulla Conquista di 500 anni fa
Il 1° ottobre nessun rappresentante della Spagna assisterà all’insediamento della presidente eletta del Messico Claudia Sheinbaum, la prima donna a occupare la carica. Tradizione vuole che sia re Felipe a rappresentare il Paese, ma il Messico non lo ha invitato e il Governo spagnolo, dopo una telefonata di Pedro Sánchez al presidente uscente Andrés Manuel López Obrador, ha deciso di non mandare alcun rappresentante, considerando “inaccettabile” il trattamento riservato al proprio Capo dello Stato.
In una lettera inviata al Ministero degli Esteri spagnolo, Sheinbaum spiega perché “si è invitato solo il presidente di Spagna [in realtà il Presidente del Governo spagnolo, dato che non esiste un Presidente di Spagna, essendoci un re]. Il 1° marzo 2019 il presidente del Messico Andrés Lopez Obrador, ha inviato una lettera a Sua Maestà Felipe VI re di Spagna in cui, in occasione dei 200 anni di vita indipendente e quasi due secoli dalla fondazione di Tenochititlán [Tenochititlán è la capitale azteca, sulle cui ceneri sorge oggi Città del Messico, dunque ha un po’ più di due secoli…], gli proponeva “di lavorare in modo bilaterale a un percorso per arrivare nel 2021 a una cerimonia comune di alto livello; che il Regno di Spagna riconosca in modo pubblico e ufficialmente i danni causati e che entrambi i Paesi accordino e scrivano un racconto condiviso della loro storia comune, per iniziare una nuova tappa nelle nostre relazioni (…)“.
López Obrador voleva praticamente le scuse della Spagna per la Conquista, 500 anni dopo gli eventi e 200 anni dopo l’indipendenza del Paese dall’Impero spagnolo. E le ha chieste alla persona sbagliata: il re non ha il potere di scusarsi a nome della Spagna senza l’approvazione e l’accordo del Governo. L’idea che la Spagna debba scusarsi per i conquistadores ricorre di tanto in tanto in America Latina ed è abbastanza curiosa, dato che arriva da chi porta cognomi spagnoli ed è dunque figlio e prodotto della colonizzazione. Il rapporto della Spagna con le sue antiche colonie è contraddittorio, fatto di simpatia e avversione. Mi colpisce sempre che in tanti Paesi sia spesso chiamata la Madrepatria e che il Re di Spagna continui a essere El Rey. Con sentimenti di ammirazione e affetto, che sottolineano un legame forte e presente.
I latinoamericani hanno l’enorme fortuna di parlare una lingua comune dal Rio Grande alla Terra del Fuoco, con una grande isola, il Brasile, in cui però lo spagnolo è stato obbligatorio fino a pochi anni fa. C’è un grande spazio che non riesce ancora a proporsi come blocco sulla scena internazionale, anche se gli annuali Vertici Iberoamericani, che riuniscono i Capi di Stato e di Governo di questa koinè in cerca d’autore, ci stanno provando. Da quando la democrazia è tornata sui due lati dell’Atlantico, i rapporti economici, commerciali e culturali si sono consolidati. La Spagna è il primo investitore europeo in America Latina (il primo in assoluto sono gli Stati Uniti), le sue imprese hanno investito in particolare in Messico, Brasile, Cile e Argentina, per un valore totale di oltre 150 miliardi di euro. A sua volta, il mondo latinoamericano è il quarto maggiore investitore in Spagna, dopo Francia, Stati Uniti e Regno Unito, per un valore di oltre 66,8 miliardi di euro. Inoltre, per i latinoamericani l’investimento in Spagna costituisce l’accesso all’UE. I rapporti tra la Madrepatria e le sue antiche colonie sono insomma solidi.
Chiarito tutto questo, lo sgarbo di Sheinbaum al re non è stato preso benissimo da Madrid. La prima, sanguigna reazione è stata dello scrittore Arturo Pérez Reverte, su twitter: “Avevo qualche dubbio che fossero imbecilli, opportunisti, demagoghi, mascalzoni o tutte e quattro le cose allo stesso tempo. Questa affermazione mi chiarisce tutto” ha scritto, ritwittando la lettera di Sheinbaum. El Mundo ha intervistato diversi storici circa le responsabilità della Spagna e tutti, senza sminuirle, sottolineano il ruolo dei popoli indigeni nella Conquista e nella gestione del Virreinato, il Viceregno. Vi lascio il virgolettato dello scrittore e giornalista Antonio Pérez Henares, che dà buoni spunti: “Al di sopra di tutte le interpretazioni, c’è un elemento chiarificatore che si cerca di dimenticare. La percentuale di popolazione mista o indigena nei territori dell’ex impero spagnolo arriva all’80-90% del totale. Qual è il dato nell’impero inglese e, in particolare negli USA? L’1,1%. Con questo si dimostra dove c’è stato un genocidio e dove no. Per il resto, il terribile impero méxica, e non azteca, è stato una teocrazia sanguinaria, di grande ferocia, in cui abbondavano i sacrifici umani e i riti antropofagi. Nell’assalto finale di Cortés a Tenochititlán, gli spagnoli nelle sue truppe non arrivavano al 2%, il grosso era costituito da etnie e tribù soggiogate, a cominciare dai tlaxcaltecas. Questi non dovevano essere messicani, come, a quanto pare, invece lo è, e molto più di chiunque, López Obrador, nipote di un sergente della Guardia Civil di Santander”. Su El País, un bell’editoriale di Berna González Harbour si chiede se questi sono i modi tra popoli fratelli: “L’Europa deve rivedere il racconto e le relazioni con le ex colonie e alcuni governi lo stanno facendo. Ma ci sono differenze. Il Belgio, il cui monarca si è recato in Congo nel 2022 per esprimere il “profondo rammarico” per gli abusi coloniali, ha tagliato le mani ai raccoglitori di gomma che non raggiungevano la quota assegnata e ha lasciato in Africa un genocidio grave e brutale fino all’inizio del XX secolo. (…) Anche la Spagna ha saccheggiato, ucciso e commesso eccessi terribili che vanno riconosciuti, anche se, onestamente, sono finiti più di due secoli fa. Da allora, la Francia ci ha invaso, per esempio, ma non smettiamo di invitarla per quello che ha fatto Napoleone“. Parole sensate, per il nostro lato dell’Atlantico. “Tra amici, pretendere una richiesta di perdono in cambio di un invito a una festa è un gesto umiliante. Non si fa tra pari e tanto meno tra fratelli. Oppure cominceremo a pensare che, in verità, siamo di fronte a uno spettacolo rivendicativo. Ne parliamo?” conclude González Harbour. E la risposta tocca al Messico di Claudia Sheinbaum.
PS ci vorrebbe poi un altro post per parlare di come il Messico sia nel cuore della Spagna, per essere stato porto e rifugio di tanti esiliati repubblicani, dopo la Guerra Civile.
Tenendo le fila
Alvise Pérez, eurodeputato del partito personale di estrema destra Se acabó la fiesta (SALF) e fustigatore di corruzione e costumi vari, è sotto inchiesta per aver incassato, durante la campagna elettorale, 100mila euro in contanti, senza denunciarli come prevede la legge spagnola. Glieli ha consegnati l’imprenditore di criptomonete Álvaro Romillo e Alvise ha ammesso il reato in un video: “Non aspetto nessun processo” ha detto “sono colpevole di aver esercitato la legittima difesa contro il terrorismo fiscale di Stato“. E ancora: “Incassare denaro e non fatturarlo a volte è l’unica soluzione per i lavoratori spagnoli“. In un audio Alvise dice a Romillo di stare tranquillo perché “sarò la chiave del governo con Feijóo y Abascal“. Delusione tra i suoi sostenitori, che lo stanno abbandonando: “Sei come tutti gli altri, un corrotto” gli hanno scritto su Telegram.
Ho già accennato al “duello” televisivo tra El hormiguero di Antena 3 e La Revuelta de La1, per accaparrarsi il pubblico in attesa del piatto forte del prime time. Pablo Motos e David Broncano, i due conduttori, si sfidano a colpi di interviste a personaggi famosi, che magari si divertono a confessare quello che non hanno mai detto. L’attrice e cantante messicana Danna Paola, tra i protagonisti della serie di Netflix Élite, ha confermato quello che era il segreto di Pulcinella, la sua breve relazione con il calciatore brasiliano Neymar: “Era a Parigi, lui è divertente e incredibile, ma me ne sono andata in tempo. Cavolo, non l’avevo mai raccontato! Non è stata una cosa seria, i calciatori hanno questa inclinazione a stare con attrici e cantanti, anch’io ho avuto le mie esperienze, ma niente di serio. La loro professione è molto esigente e la mia anche, per cui alla fine non funzioniamo“.
È allarme sull’uso che la Chiesa Cattolica sta facendo della Moschea di Córdoba (ne avevo parlato qui). La ONG World Heritage Watch, che pubblica un rapporto annuale sui luoghi Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO in pericolo, denuncia il Piano Direttore della Mezquita-Catedral di Córdoba, per dare preminenza alla condizione cattolica del complesso, “negando i valori storici, artistici e culturali“, grazie ai quali è Patrimonio dell’Umanità. Il Piano, dice il rapporto “appena menziona il carattere andalusí del monumento” e dà prevalenza al suo uso liturgico, che occupa il 10% del tempo in cui è aperto al pubblico. E poi l’occupazione degli spazi islamici, come il leggio che ostruisce la vista della qibla, il muro che ospita il mihrab. Da tempo le piattaforme cittadine denunciano la cristianizzazione del complesso, la cui unicità è costituita dall’essere Moschea-Cattedrale.