Violentata a 27 anni e ora risarcita completamente. Ma ormai ha quasi 100 anni. È la storia di una donna che subì uno stupro durante la Seconda guerra mondiale e alla quale la Corte dei Conti ha riconosciuto, in una recente sentenza, il diritto ad essere risarcita dallo Stato italiano per i danni morali sofferti. Della signora è riportato solo il codice fiscale, per ovvi motivi di riservatezza. Se ne ricava il nome: Rosa. Ma tra le righe della sentenza d’appello si rivedono gli orrori di una pagina nera della Liberazione, 71 anni fa. E l’avvocato Giulio Guarnacci conferma: “Sì, la mia assistita subì violenza carnale in quelle tragiche circostanze che sono passate alla storia con il nome di “marocchinate”. Brutta ma esplicita definizione per indicare la furia delle truppe coloniali nord-africane agli ordini del generale francese Alphonse Juin, che dopo aver fatto arretrare i tedeschi ottennero in premio carta bianca per qualsiasi tipo di violenza.
di Mario Gerevini dal Corriere della Sera del 23 settembre 2015
Era il maggio del 1944 e diversi paesi del basso Lazio, che attendevano gli americani liberatori, vissero invece l’incubo dei 7.000 goumiers (organizzati in “goums”, gruppi da una settantina di uomini) che rubarono, ammazzarono, distrussero, violentarono. Uno stupro di massa che segnò e distrusse la vita di 3.000-3.500 donne e minorenni, secondo le stime più attendibili. E molti uomini che tentavano di proteggere le loro mogli e figlie vennero sodomizzati e uccisi. Un prete, don Alberto Terrilli, parroco di Santa Maria di Esperia, aveva nascosto alcune donne in sagrestia ma fu scoperto e per questo violentato in piazza. Pochi giorni dopo morì. Sifilide, gonorrea e altre malattie a trasmissione sessuale contagiarono migliaia di persone.
Rosa aveva 27 anni quando il 22 di maggio 1944 fu stuprata, oggi ne ha 98. Molte donne rimasero in silenzio per anni e molti figli nacquero dalle violenze. Su queste vicende Alberto Moravia scrisse il romanzo La Ciociara dal quale Vittorio De Sica ne trasse un film. La ragion di Stato (Italia, alleata dei nazisti, uscita perdente dalla guerra e Francia vincente) tenne a lungo coperte le atrocità subite da quei paesi della Ciociaria ai piedi dei monti Aurunci tra il 12 e il 27 maggio del’44. Pochi anni dopo partirono le battaglie legali per ottenere i risarcimenti. E lo Stato italiano utilizzò in parte il plafond dovuto alla Francia per le riparazioni di guerra. Rosa venne ricoverata in ospedale alcuni mesi dopo la violenza e negli anni subirà poi una serie di interventi chirurgici. Nel 1992 le riconoscono la pensione di guerra di ottava categoria “per l’infermità ‘stato nevrosico’ contratta a seguito della violenza carnale subita in epoca bellica”. Ma gli avvocati della signora Rosa fanno un passo ulteriore: chiedono, sempre nel ‘92, la liquidazione del danno non patrimoniale sulla base di una sentenza della Corte Costituzionale del 1987. Affermava la Corte che “la violenza carnale comporta … la lesione di fondamentali valori di libertà e dignità̀ della persona … e la loro riparazione è doverosa”. Dunque dichiarava illegittime tutte le norme, allora vigenti, che nell’ambito del trattamento pensionistico di guerra non prevedevano un indennizzo per i danni non patrimoniali “patiti dalle vittime di violenze carnali consumate in occasione di fatti bellici”.
Tra domande, impugnazioni e appelli la vicenda si trascina dal 1992, quando la signora aveva “appena” 75 anni, fino al 2015 quando ormai è alle soglie dei 100. E quando trova un ultimo giudice, la “Corte dei Conti sezione prima giurisdizionale centrale” che, respingendo l’appello, per motivi di diritto, del ministero dell’Economia, conferma l’indennizzo dei danni morali. Così la pensione di guerra della signora ciociara passa ora dall’ottava alla quarta categoria (si stanno facendo i conteggi per stabilire la cifra precisa). Il ministero, tuttavia, ha ottenuto ragione sulle modalità di calcolo degli interessi. Ma a 98 anni, dopo una vita segnata da quei giorni di terrore, questo è un dettaglio.Violentata a 27 anni e ora risarcita completamente. Ma ormai ha quasi 100 anni. È la storia di una donna che subì uno stupro durante la Seconda guerra mondiale e alla quale la Corte dei Conti ha riconosciuto, in una recente sentenza, il diritto ad essere risarcita dallo Stato italiano per i danni morali sofferti. Della signora è riportato solo il codice fiscale, per ovvi motivi di riservatezza. Se ne ricava il nome: Rosa. Ma tra le righe della sentenza d’appello si rivedono gli orrori di una pagina nera della Liberazione, 71 anni fa. E l’avvocato Giulio Guarnacci conferma: “Sì, la mia assistita subì violenza carnale in quelle tragiche circostanze che sono passate alla storia con il nome di “marocchinate”. Brutta ma esplicita definizione per indicare la furia delle truppe coloniali nord-africane agli ordini del generale francese Alphonse Juin, che dopo aver fatto arretrare i tedeschi ottennero in premio carta bianca per qualsiasi tipo di violenza.