Da la newsletter di Figaro Histoire del 5 giugno 2024
Il nuovo numero del bimestrale francese “Figaro Histoire” è dedicato alla sanguinosa guerra civile francese del 1944/1945: infatti ottanta anni fa, all’indomani dello Sbarco in Normandia, la Francia visse uno degli episodi più difficili della sua storia: l’epurazione. All’alba della Liberazione, un intreccio di gelosie sociali e di odio politico prese improvvisamente il posto della giustizia e consegnò il paese alla guerra civile. Dopo quattro anni bui di occupazione, la pace tanto attesa non si materializzò nell’estate del 1944. Donne rasate, frustate e ustionate in pubblico, notabili impalati con un ferro rovente, miliziani ventenni uccisi con i picconi… Molti furono gli atti di violenza e di umiliazione inflitti in nome della moralità ma spesso a dispetto di ogni giustizia.
“L’epurazione è stata un atto rivoluzionario messo in forma legale, condannato per definizione a non soddisfare né i rivoluzionari né i legalisti”, ha scritto Raymond Aron. Realizzata in occasione della Liberazione nell’estate del 1944 in forma “selvaggia” dai partigiani, poi organizzata giudizialmente per giudicare le persone coinvolte nella collaborazione, l’epurazione fu un fenomeno su vasta scala, che smentisce la visione di una Francia volentieri presentata come resistente all’unanimità. Le Figaro Histoire torna con un servizio speciale su questo episodio complesso e doloroso. Dal racconto della violenza popolare ai processi al maresciallo Pétain, a Pierre Laval, ma anche a soldati, intellettuali e artisti, i migliori specialisti ripercorrono la cronaca di questi anni a lungo nascosti, decifrando i meccanismi in atto, tra giustizia e vendetta, e fare il punto su una storia che ha segnato profondamente la società francese.
Ansioso di porre fine a questa “epurazione selvaggia” , che causò migliaia di morti (nessuna cifra è però condivisa da tutti gli storici), il governo istituì camere civili, tribunali e un’alta corte che a loro volta fecero giustizia rapidamente e pronunciarono di più Sono state inflitte 40 mila sentenze di reclusione, mentre sono state eseguite 770 condanne a morte.
Del resto, da due anni Radio Londra aveva aumentato le richieste di omicidio e di punizione dei traditori. Le esecuzioni iniziarono già all’inizio del 1944 con Pierre Pucheu, giunto in Nord Africa con la speranza di combattere nell’esercito africano contro i tedeschi. “Di questi uomini – sentenziava De Gaulle nell’agosto del 1943 – c’è una sola parola da dire: “Tradimento!”, una sola cosa da fare: “Giustizia!”. Clemenceau ha detto: “Il Paese saprà di essere difeso”. Diciamo: “Il Paese, un giorno, dovrà sapere di essere vendicato” . La necessità per il leader della Francia Libera di appoggiarsi agli ex parlamentari della Terza Repubblica e di reintegrare i comunisti nel gioco repubblicano per spodestare con il loro appoggio il generale Giraud e assumere la guida esclusiva del governo, lo aveva portato a dare libero sfogo alla loro sete di vendetta e di rifiutare ogni distinzione tra seguaci del maresciallo Pétain, sostenitori della politica di collaborazione di Pierre Laval, ideologi parigini desiderosi di integrare la Francia nell’Europa tedesca, giovani senza cervello attratti dall’avventura, attivisti anticomunisti che temono che la vittoria dei maquis avrebbe segnato una “grande notte” in Francia, gente di “sacco e di corda” che si era messa al servizio dell’occupante per soddisfare le proprie meschine ambizioni.
La confusione ha contribuito così a scrivere una storia manichea che ignora sfumature e casi di coscienza, a maggior vantaggio di un Partito Comunista passato dal sabotaggio delle armi destinate all’esercito francese nel 1939 fino alla denuncia la rottura del patto tedesco-sovietico nel giugno 1941 e che tre anni dopo rivendicò lo status di “partito dei 75.000 fucilati” (in realtà ne contava 4.000). Le Figaro Histoire dedica questo numero alla storia di un’epoca “in cui i francesi non si amavano” (Georges Pompidou) e racconta i più clamorosi casi di collaborazione, da quello del maresciallo Pétain a quelli di letterati come Lucien Rebatet o Robert Brasillac.